28 giugno 2011

La morte, la vita e l'assolo di Jungleland

La vita è un mozzico, Big Man, lo diceva sempre l'amico mio, diceva: “La vita è un mozzico”. Nel mio dialetto significa più o meno che tanto vale godersi quel che viene senza tenersi ceci in bocca, senza censurare i propri istinti, bassi o elevati che siano, e senza amareggiarsi troppo quando le cose non vanno: la vita è un mozzico, Big Man.
Così mentre tu un paio di sabati fa, ti facevi venire un ictus e te ne andavi trasportato da una brass band di angeli tutti neri di pelle e bianchi di veste, io venivo travolto da un lutto personale, familiare, di quelli che resti impietrito per mesi con la paranoia che possa succedere QUALUNQUE cosa a CHIUNQUE sia solo minimamente legato a te.
Così, mentre lo tsunami emotivo mi travolgeva venivo a conoscenza della tua dipartita e, francamente – spero non te abbia a male – là per là ho pensato: “È morto PURE Clarence Clemons... vabbè, ’sti cazzi”.
I dispiaceri personali incidono la nostra scorza più degli eventi storici: vediamo di capirci Big Man.
Alla persona che ho perduto si è spezzato il cuore, letteralmente. Nella vita non ha goduto di uno solo degli agi e della gloria nei quali invece hai meritatamente sguazzato tu grazie ai tuoi talenti: dovrei essere dispiaciuto per te?

Non fraintendermi, lo so che la tua scomparsa si misura su una scala di valori differente. So riconoscere con facilità l'importanza del tuo contributo alla storia del rock’n’roll – lo so che col tuo stile hai definito uno standard impensabile. Il linguaggio del sax, nel rock, ha fatto storcere la bocca a tanti, dal derisorio purista jazzofilo al rockettaro tutto ortodossia e chitarroni ma tu sei riuscito a rendere credibile e gagliardo un vocabolario che nella maggior parte dei casi (Sonics esclusi) smosciava la pompa selvaggia del combo rockarolla o, peggio, imbarocchiva a dismisura lo spartano frasario che il genere richiede. Lo so che sei stato un grande.
E devo anche constatare che, in culo ai fichetti mezze seghe che non hanno mai compreso il tuo “Roboante artigianato” sei comunque riuscito ad infilarti nel gotha dei sassofonisti no-jazz insieme a, che ne so, James Chance (infinitamente più geniale di te, ammettilo...) che invece LORO apprezzano assai. Bel dispetto Big Man, bella mossa.
Che lo si voglia o no sei nella storia e il fatto di non essere mai stato un genio ma semplicemente un bravo suonatore con un gran cuore e un orecchio attento alle direttive del tuo Boss ti rende, agli occhi miei, anche più simpatico.

Dell'importanza della tua figura nell'estetica della E Street Band e del tuo essenziale apporto al sound di una delle migliori e più celebrate band di tutti i tempi penso abbiano scritto e scriveranno abbastanza altri, meglio informati e fomentati di me al momento.
Quanto a me, invece, ti giunga il sentito ringraziamento per aver composto la colonna sonora dei miei romantici sogni di giovane uomo, sull'assolo di Jungleland, prima del epilogo esistenzialista di questa saga urbana in 4 tempi, quando in quella lunga nota d'attacco precipitavo in uno squarcio dello spazio-tempo e danzavo con la mia bella (che spesso era immaginaria) in un'improbabile notte stellata di New York City.
In quel mozzico che è la MIA vita, ci sei stato e ci sarai anche te.

2 commenti:

Iguana Jo ha detto...

Amen, fratello.

(lo so lo so, manco ci conosciamo e già mi permetto… però oh… le tue parole mi hanno colpito. Sono perfette nel ricordo e nella circostanza.)

il cuoco ha detto...

E' bello, all'umano, condividere intime miserie con gli sconosciuti:sono buoni ascoltatori(lettori, nel tuo caso).Grazie