18 novembre 2007

Cose da poco che mi fanno arrabbiare molto - #1

Leggevo su Internazionale che Repubblica sta per far uscire IN ESCLUSIVA (caratteri cubitali) il nuovo libro di Stephen King. Meglio, su Internazionale ho visto la pagina pubblicitaria che Repubblica ha comprato per promuovere l'iniziativa.
Beninteso, non ho niente in contrario al fatto che i quotidiani escano insieme a libri, volumi dell'enciclopedia, raccolte di fumetti, quel cazzo che vi pare. Visto che la maggior parte degli italiani non ha mai messo piede dentro una libreria, e se ce l'ha messo è stato per comprare il libro del papa o quello delle barzellette su Totti (che ALMENO mandava tutto in beneficenza, al contrario del papa che secondo me i soldi se li mette pure in tasca: magari si tiene pronto per quando l'Acea gli manderà l'ingiunzione di pagamento per la corrente consumata E MAI PAGATA dal Vaticano); visto che gli italiani non leggono un cazzo, insomma (questo almeno in media: io e la mia donna e i miei amici da soli alziamo il quoziente del quartiere, come minimo), mi pare che almeno una minima, una timida proposta sia una cosa positiva. Certo, poi la gente coi libri ci può sempre fare quel cazzo che crede: quando lavoravo in libreria una sera imboccò un tipo che mi chiese due metri e mezzo di libri – possibilmente tutti della stessa collana – per riempire una libreria che aveva appena comprato. Però insomma, almeno uno ci prova, a spigne i libri.
Dunque che cos'è che mi ha fatto rosicare a bomba, sveglio da dieci minuti, mentre sorseggiavo il caffé e sfogliavo Internazionale seduto in un posto che non vi dirò ma non per questo non è importante? Mi ha fatto rosicare il fatto che questo libro esce in edizione italiana a firma di “Stephen King con lo pseudonimo di Richard Bachman”. “STEPHEN KING (ancora caratteri cubitali), con lo pseudonimo di Richard Bachman” (a caratteri scubitali, talmente piccoli che a una prima occhiata ve lo potete anche scordare, di leggerli – probabilmente passerete metà della vostra vita senza nemmeno immaginarlo).
Secondo il DeMauro, uno pseudonimo è un “nome fittizio sotto cui una persona sceglie di svolgere la propria attività spec. in campo letterario, artistico o dello spettacolo”. In altre parole, uno pseudonimo nasconde il nome del vero autore di un'opera per motivi che poi sono cazzi dell'autore, non sta a noi dirlo e dopotutto non ci frega niente, perché un libro non smette di essere bello se l'ha scritto mio zio o Saramago (per i lettori meno accorti, no: mio zio e Saramago non sono la stessa persona). Stephen King adotta lo pseudonimo Richard Bachman dal 1977, cioè da tre anni dopo che la sua attività editoriale era iniziata. Non lo so perché lo faccia, non me ne frega nemmeno niente, ma dev'essere perché magari sotto quel nome fa uscire alcuni romanzi che non seguono esattamente il filone tradizionale degli altri, oppure perché si diverte un mondo a buttarla in cagnara, oppure perché il cagnolino azzurro gli ha detto di fare così, insomma non è questo quello che voglio dire.
Quello che voglio dire è che nonostante siano trent'anni che Stephen King giochi con i suoi lettori adottando questo pseudonimo, la gente di Repubblica (che vive sull'albero delle banane, o peggio: pensa che ci viviamo noi) va in culo a una delle tradizioni più antiche della letteratura senza pensarci due volte e fa uscire un libro firmato da “STEPHEN KING con lo pseudonimo di Richard Bachman”. Nunc est bibendum.

Ora, non mi voglio mettere a pontificare sulla direzione che Repubblica ha preso negli ultimi anni, una specie di direzione pacificatrice, volemosebbenista, autoreferenziale e culturalmente qualunquista (pronta a fare da supporto per il Partito Democratico di cui sono convinto che sia tra gli ispiratori, insomma), che l'ha reso il Giornale delle Verità Assolute (come dice il Cuoco che è sempre un passo avanti), ma è innegabile che almeno da un punto di vista culturale, dal punto di vista delle analisi critiche e massmediologiche farebbe impallidire perfino Vincenzo Mollica, in quanto a banalità e completa incompetenza. Non ci dimentichiamo che la sua sezione musicale è curata da una persona completamente incapace di giudicare una canzone da un punto di vista testuale, cioè la sua scrittura, il suo materiale musicale. Siamo ancora all'Oh che belle parole, oh che sentimento, oh che intensità e che belle atmosfere. Battisti, insomma. Similaun, insomma. Non una parola di approfondimento su quello che c'è DENTRO una canzone, privilegiando il solito “cosa c'è DIETRO una canzone”, sulla scia dei cantautori truffatori italiani che si comportano con i giornalisti come se fossero ispirati direttamente dal cielo e fossero chissà quali messaggeri di stocazzo (e i giornalisti che ci abboccano pure, legittimando e perpetuando le sante parole di Zappa per cui la stampa musicale è gente che non sa scrivere che parla di gente che non sa suonare a gente che non sa leggere).
Non mi voglio nemmeno mettere a scavare nel troiaio del rispetto per il contenuto culturale che da sempre abbiamo in Italia, un rispetto talmente grande che ci fa doppiare i film (perché devo sentire un Premio Oscar con la voce di uno che hanno scartato all'Accademia dell'Arte Drammatica? Che, la voce non è importante? Ci accontentiamo di vedere qualcosa che si muove su uno schermo?), un rispetto talmente grande che ci fa ristampare 1984 di Orwell ogni autunno con tanto di fascetta “Le origini del Grande Fratello”, un rispetto talmente grande che il sito di un network radiofonico nazionale pubblica una notizia sui Rolling Stones con una foto di un gruppo che NON sono i Rolling Stones e con il collegamento alla RIVISTA Rolling Stone. Chapeau.
Repubblica insomma pubblica il nuovo di “STEPHEN KING con lo pseudonimo di Richard Bachman” sulla scia di una totale mancanza di CORAGGIO a livello imprenditorial/editoriale (e culturale soprattutto). Questo senza contare che Stephen King fa libri di GENERE, la gente SEGUE il genere e quindi SA chi cazzo è Richard Bachman. Insomma i giornalisti e i redattori di Repubblica – che evidentemente si sentono depositari del sapere – sono convinti che i loro lettori non sappiano nulla finché non glielo dicono loro. Meno male che c'è Repubblica allora.
Sul modello generalista e pigliatutto che mamma RAI ci insegna ormai da anni, cerca di accaparrarsi il maggior numero di lettori e aficionados abbassando il minimo comune denominatore delle sue notizie, delle sue iniziative e ovviamente delle sue proposte. Il risultato? Vabè, sul sito lo sappiamo: notizie approssimative e leccaculo, didascalie da prima elementare e sise OVUNQUE (perfino il sito del Corriere ha smesso); sul cartaceo non lo so, perché mi sono stomacato da tempo. Peccato che adesso anche le sue iniziative collaterali si stiano rovinando: la raccolta di fumetti era cosa buona e giusta, così la scelta (anche se pure in quel caso un po' cachettica) di romanzi del Novecento e quelli dell'Ottocento e così via. Questo è proprio uno scivolone nel rispetto del proprio pubblico, ma non arriva come una sorpresa (e questa è la cosa più amara, perché come in tutte le cose, ci sta profondamente sul cazzo dare ragione ad Andreotti, perfino quando dice che a pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca).
Il fatto è che potremmo anche averne un po' piene le palle di questo tipo di approccio marketing da nursery, all'essere imboccati di omogeneizzati culturali resi sicuri da tutte le precauzioni del caso. Già me lo vedo il prossimo volume: Il meglio della Galleria degli Uffizi (è un Museo che sta a Firenze), una nuova edizione del Nome della Rosa con le pagine in latino tradotte in italiano, i film di David Lynch con le scene più difficili spiegate coi popup – magari dalla SUPERBA Claudia Morgoglione (GRANDISSIMO talento, non ve la perdete), l'albo da colorare del PD.
La domanda definitiva, quella con cui chiudo pure perché mi sono rotto il cazzo di scrivere, e perché tra l'altro si è abbondantemente capito cosa intendevo, è: Ma perché devo continuare a farmi dire come stanno le cose da gente che mi tratta come fossi un coglione?



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Radiohead: Faust Arp
Bad Brains: Don't need it
The Soul Stirrers: Any day now
Minutemen: There ain't shit on T.V. Tonight
The Rolling Stones: Can I get a witness
Discharge: Ain't no feeble bastard
The Undertones: She can only say no
The Jesus Lizard: Postcoital glow
Neil Young & Crazy Horse: Don't cry no tears
The Drifters: There goes my baby
James Brown: Night train
Cro-mags: World peace
Hüsker Dü: Powerline
Elvis Presley: I'm left, you're right, she's gone
Descendents: Tonyage
Bobby Bird: Try it again
Fugazi: Argument
Physique du role: Truman
Agnostic front: Police state

10 novembre 2007

the life fantastic of Howard Newcombe

Insomma stamattina ho incontrato Richard e mi ha spiegato un paio di cose. Stava al baretto a Santa Croce, dove viene avvistato frequentemente, seduto a un tavolino rivolto verso il marciapiede: bastone, giubbotto da motociclista, parrucca, Richard. Niente occhiali da sole, un po' ho rosicato. Sul tavolino c'erano almeno tre tazze di caffé vuote (Alice ricorda cappuccino), un pacchetto di Winston Blu e briciole ovunque. Briciole e zucchero a velo anche sulla canottiera nera in bella vista e in grembo, jeans neri dall'orlo sfilacciato. Stava dicendo a un passante (che è stato grato per il nostro intervento e si è dileguato all'istante) che se digiti Richard Benson su internet ti esce "tutto un tabulato lungo così delle serate che ho fatto da trent'anni a questa parte".

Ci siamo rimasti male però, per il 2 novembre, Richard.
Ma guarda, non si poteva proprio fare.
Avevi da fare, Richard?
No, no, è che non avevo garanzie. Lo sai quanto mi volevano dare? Mille euro! Io normalmente prendo settemila euro a serata. In America mi hanno dato centomila dollari da una parte e centomila dollari dall'altra. Con mille euro non si può. E poi mi devo trasportare gli strumenti, devo pagare due trasportatori e poi devo pagare il gruppo. Alla fine mi rimangono duecento euro e con duecento euro che ci faccio?
Giustamente, Richard.
Ma con tutti i soldi che gli faccio fare, all'Alpheus... E poi dico: se avessi la passione, se mi divertissi almeno... Ma non mi diverto nemmeno più. Un paio di volte a momenti m'ammazzano, mi tirano le cose addosso; mi hanno mezzo cecato un occhio, l'ultima volta.
Beh, però è andata anche bene, direi, Richard.
Mah, insomma...
Ma come? C'era un delirio di gente, Richard.
E poi francamente ho preferito rimandare anche perché il gruppo non era all'altezza.
Ah, non è lo stesso gruppo dell'altra volta?
No, no, ci sono degli altri ragazzi. Quindi rimandiamo. E poi mi hanno quasi sfondato tutta la strumentazione. Ma dico, io non ho più garanzie. Sono andato a suonare in America, in Germania, in Spagna. In America è andata benissimo, in Germania il non plus ultra, in Spagna invece un disastro.
Come un disastro, Richard?
I locali non erano adatti.
In che senso non erano adatti, Richard?
Dico io: avevo chiesto sedici uomini di servizio d'ordine. Che ci vuole? Niente, i ragazzi dell'organizzazione erano della gentaglia. Insomma, è anche per la sicurezza vostra. Sennò va a finire che prima o poi si fa male qualcuno, prima o poi sale qualcuno sul palco e si mette a sparare.
Beh, non credo che si arriverebbe mai a tanto, Richard...
Ma no! Pensa che quando sono andato a suonare in America l'ultima volta, ero in Virginia, c'è stato un processo – che io ho vinto – perché a un certo punto un ragazzo si è messo a sparare e io, che quando sono in America sono sempre armato, l'ho dovuto seccare.
Ma come, Richard?
Eh beh, quello sparava all'impazzata, di sicuro avrebbe fatto male a qualcuno anche nel pubblico. Andavamo a finire come quel povero... Diamond Darrell dei Pantera. Insomma c'è stato subito il processo, io ho dovuto chiamare il mio avvocato da New York. Naturalmente ho vinto.
Ci mancherebbe, Richard.
Il mio avvocato, Howard Newcombe, si è imbestialito e ha cominciato a far partire denunce a tutti. Innanzitutto al Governatore della Virginia, perché il ragazzo ha sparato con l'arma del padre, ma poi si è scoperto che il ragazzo era psicopatico, era perfino in cura in un istituto e tornava a casa tutti i fine settimana. E allora dico, come si fa a dare il porto d'armi a qualcuno se ha il figlio psicopatico? E poi ha denunciato il commissariato, e poi ha denunciato gli organizzatori. Insomma è andata a finire che il Governatore, il Governatore della Virginia, mi ha dato dei soldi per lasciar cadere tutta la cosa. Io ho accettato, figuriamoci, e quindi abbiamo fatto a metà io e il mio avvocato.
Hai fatto bene, Richard.
Allora capirai che a queste condizioni per me non è possibile fare un concerto. Quando mi hanno sfondato gli amplificatori tu pensi che Radio Rock mi abbia pagato i danni?
No, Richard, non credo.
Eh, non mi hanno dato un cazzo. Quindi...
Sì però torna presto, Richard, ci siamo rimasti molto male. Ci faresti un autografo, comunque?
Come no.
Firma qui, Richard, a pagina 666.
A chi lo devo dedicare?
Ad Alice, Richard.
Solo ad Alice?
Sì sì, solo ad Alice, il libro è suo, Richard.
Ecco qua.
Grazie, Richard. Torna presto.
Senz'altro. Ciao ragazzi.

Adesso la mia donna ha un autografo di Richard Benson – con dedica – a pagina 666 del suo manuale di Circuiti per la Microelettronica (IV edizione), e io so che Richard è in grado di guardarti dritto in faccia mentre ti dice una delle più grandi cazzate che sentirai mai in vita tua.




Playlist>
Sham 69: Tell us the truth