23 maggio 2007

sempre pregna è la mamma allo stolto

Ecco come il sito internet di Dimensione Suono Roma commenta la data di Roma dei Rolling Stones. Se volete arrivarci (perché magari non ci credete: pensate che vi sto prendendo per il culo e volete andare a vedere coi vostri occhi lo scempio), andate su http://www.dimensionesuonoroma.it/, da qui nella sezione "eventi" e poi nella sezione "concerti".

I Rolling Stones, "Importante band di Rock & Roll", sono una delle più importanti espressioni del Rock, ovvero di quel genere musicale che è l'evoluzione del rock & roll anni '50, rivisitato da loro in chiave più dura con ritmi lascivi, canto sguaiato e testi volgari, il tutto condito da penetranti dosi di sesso e dalla celebrazione delle droghe pesanti. Per il loro essere (fin troppo) trasgressivi furono chiamati i "brutti, sporchi e cattivi" e contrapposti ai più rassicuranti Beatles. I Rolling Stones furono una autentica pietra miliare nell'evoluzione della musica del novecento, portando sotto i riflettori il malcontento e di conseguenza la protesta di intere generazioni, incarnando cosi' il travagliato spirito dei grandi bluesman del passato e scegliendo una frase di una canzone di uno di questi (Muddy Waters) come nome del loro gruppo.

Volete anche una foto dei "Rolling Stone Importante band di Rock 'n Roll"? Eccola.

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Naturalmente, il sito non ha indirizzi email a cui poter inviare improperi, ma noi non ci faremo scoraggiare, e li insulteremo a distanza. Qui, per esempio.
Ah, e perfettamente in linea con il bassissimo quoziente intellettivo dei redattori del sito di Dimensione Suono Roma, il link a fondo pagina "Rolling Stone su internet" porta direttamente a rollingstone.com. Esatto: il sito della rivista.

18 maggio 2007

due occasioni sprecate

Ed essendo io affascinato da questa gente che riesce a scrivere le CANZONI, mi sono procurato l’uno e l’altro. Affascinato perché io non ci sono mai riuscito nella vita, a scrivere una canzone, se per canzone intendiamo un pezzo di musica strutturato dotato di una sequenza armonica e – cazzo – una melodia. Mai riuscito, io. Ho scritto sequenze di accordi, arrangio, faccio, non ci sono problemi, ma se mi si chiede (o mi chiedo io) di scrivere una melodia, vado in pappa, non so da dove cominciare, come se mi chiedesse (o mi chiedessi io) di fare una torta Saint-Honoré. Non so nemmeno cosa ci vuole. Cioè, lo intuisco, ma non lo SO. E io non sono abituato a fare cose che non so fare. Lo stavo giusto dicendo a L., pensatempo’, anche se per un argomento completamente diverso.
Però le canzoni, le canzoni sono importantissime. Senza canzoni non si muove niente. Lo diceva anche Lowell George prima di stirare pieno di polvere bianca. Diceva, Lowell George, Le canzoni sono il vero perno dell’industria musicale. Tutto il business della musica nasce intorno alle belle canzoni, dice pure, Lowell George. È da Leiber and Stoller, ma che dico, è da George-cazzo-Gershwin che parliamo di CANZONI, di qualcosa che puoi cantare sotto la doccia, di qualcosa che puoi dedicare alla pischella, di qualcosa che ti faccia schioccare le dita quando sei in fila sulla stronza bretella della RomaL’Aquila e casa tua lontana è lontana 40 minuti benché puoi vederla da dove ti trovi.
Ecco perché sì, va bene i Locust, va bene anche i Napalm Death, ma alla fine ascolto con più attenzione quelli che dopo anni e fatica (o con immensa boria) si fanno chiamare CANTAUTORI, o almeno non oppongono resistenza, o perlomeno ritengo più capace un musicista che alla fin fine sa prendere un linguaggio non “popolare” – se intendiamo questa parola nel senso stretto del termine – e riuscire a ricondurlo a una struttura in cui la gente si sappia ritrovare. (E non mi venite a fare la pippa che la musica si fa per se stessi e la gente non ha importanza perché non siamo più alla fine degli anni ’60: le canzoni servono a dire qualcosa a qualcuno e non ci piove. Se uno ha pubblicato un disco è perché voleva rendere la gente partecipe di qualcosa, altrimenti non si sarebbe fatto tutta la merdosa trafila che normalmente serve per fare un disco. Perfino la gente che fa la musica più aggressiva ha bisogno, ha URGENZA di dire qualcosa a qualcuno. Che cos’è l’hardcore, in altre parole, se non comunicazione allo stato puro? Quindi IO vinco, e gli hippie a fanculo.) In questo senso pure gli Slayer possono giocare nello stesso campionato. Loro scrivono canzoni, e volete sapere perché? Perché ci sono delle parti, perché hanno un senso di unità, perché gli elementi di cui sono composte sono disposte secondo una logica interna – coerente o incoerente, ma comunque una logica interna. I Locust no, per esempio, e questo perché qualcosa mi sta convincendo che per quanto difficile, intricato e complicato può essere quello che stai suonando, a scrivere cose che succede una cosa poi un’altra poi un’altra e poi finiscono so’ bboni praticamente tutti. Vuoi che ti apprezzi? Scrivi una cazzo di canzone come ti diceva la maestra all’elementare, o sennò arrivederci, mica te l’ha detto il dottore che il tuo disco mi deve per forza dire qualcosa.

Calvino ci è praticamente morto, cercando di capire CHE CAZZO È, un romanzo. Ha tirato in mezzo Tolstoj, Robbe-Grillet e naturalmente Joyce, che poi è l’Ed Gein del romanzo, no? Lui li ha rapiti, scuoiati e poi si è rivestito di un patchwork della loro pelle.
Ecco, io non ho intenzione di tirarci le cuoia, a capire cos’è una canzone, anche perché grazie al cielo stiamo parlando di una forma artistica popolare, il che significa che non sempre c’è bisogno di rifletterci su o indagare a livello semantico o linguistico quello che succede (anche se probabilmente sarebbe anche ora, o meglio: sarebbe anche ora di farlo in Italia, visto che nel resto del mondo hanno capito che questa è la forma di espressione artistica più diffusa e influente che si sia MAI vista nella storia, ma vabé). Però è una bella sfida, per uno che millanta di scrivere musica, scrivere una canzone, secondo i canoni. Non ricordo chi era – Picasso? Matisse? Bergman? Vanano? – che la scommessa più grande per un artista è fare una cosa “normale” e vedere se riesce.
Ci è riuscito Lynch con The straight story, ci è riuscito Mike Patton con i Peeping Tom, ci è riuscita un sacco, un SACCO di gente. Del resto, nessuno cammina per aria: la gente intelligente capisce bene che il confronto con il materiale universalmente condivisibile è uno dei passi fondamentali per ogni sperimentazione. E del resto anche il ruolo dell’avanguardia, anche quella selvaggia, quella storica, non è altro che quello di aprire l’accesso a nuovi territori a beneficio della fruizione popolare. I primi pazzi che sgaravano i coni dell’amplificatore con il rasoio per avere un suono “distorto” e fastidioso poi sono diventati Bryan Adams, Henri Pousseur si è reincarnato in Gnarls Barkley (anche se mi ci gioco le cornee che non lo sospetta nemmeno) e così via. In due parole, e CONCLUDENDO: sono cinquant’anni che ascoltiamo cose che sono aberrazioni della natura, ma non per questo vanno date per scontate, di conseguenza prendi quello che ti pare, i rumori dei computer che vanno in palla, le scuregge degli elefanti, ne sei libero. Ma vinci solo e SOLTANTO se riesci ad inserire tutta questa roba in un contesto che io posso intuire, e questo perché quello che crei non finisce in una galleria d’arte contemporanea, ma alla radio, su myspace, o in altri postacci dove NON C’È TEMPO di contestualizzare l’ambiente estetico.
Lo scopo del gioco quindi è: prendi tutto quello che sai, e fammelo CAPIRE. O levati dai coglioni, che non ho tempo da perdere, se voglio ascoltare qualcuno che mi faccia riflettere sulla condizione umana o sulla situazione storica ho già Tom Waits, e sono SICURO che lui l'ha già detto meglio a prescindere, e se non l'ha fatto lo farà.

TUTTO QUESTO MERDAIO per dire che quando sento parlare di cantautori, vuoi perché me li spingono, vuoi perché come abbiamo capito sono da una parte intellettualmente curioso e dall’altra VERDE D’INVIDIA nei confronti di chi lo sa fare, vuoi perché alla fine ha ragione Lowell George (che poi aveva pure suonato con Zappa, quindi gli voglio ancora più bene), parto alla ricerca e ascolto con calma. Allora, con Nicolai Dunger mi ha detto culo, devo dire. Con Ani DiFranco mi è andata di lusso, che ve lo dico a fare, ma non altrettanto bene mi è andata con i due dischi ascoltati di recente, cioè il nuovo Polly Paulusma e il primo Aqualung.
Polly Paulusma, lei, le vogliamo tutti bene. Ha fatto questo dischetto genuino tre anni fa: carinissima lei, con la voce da bambina di sette anni, se l’è fatto in casa, se l’è pubblicato su internet e poi l’ha venduto alla One Little Indian, che insomma, non è l’ultima delle etichette pezzotte, visto che mette fuori gente come Björk o i Twilight Singers. La sua è la storia di una Cenerentola discografica, a chi non piace questa storia? In più scriveva queste canzoncine pulitine, silenziose e quiete, con questa chitarra acustica microfonata per bene in una stanza rivestita di moquette, che mettono di buon umore quando vogliono, o altrimenti toccano dentro. Non molto a fondo, ma del resto non tutto ti può scavare delle ferite, no?
Stesso discorso più o meno per questo Aqualung, che al di là di questo nome del cazzo preso da un disco borioso di un gruppo borioso (e dire che non ha la minima attinenza con il prog né con i flauti traversi o questi PERVERTITI vestiti da folletto), viene acclamato da allmusic.com come uno che fai dei bei dischi, quattro stelle a botta, capiamoci bene. In più E. mi ha letteralmente LEVATO LA VITA perché me lo ascoltassi, e alla fine ho detto Va bene, vediamo che fa sto paraculo svedese, e così.
Da qui il pippone.
Già perché abbiamo capito che il pop è la superficie dell’acqua che bolle. Abbiamo capito che il pop è una musica accessibile e attenta a non strafare perché il pop vuole abbracciare la gente, non pijarla a pizze ‘n faccia. Brutto è però quando il pop diventa una musica predigerita, o pronta per accontentare una sottocategoria di persone dal codice talmente rigido che i Rosacroce in confronto sono i Rolling Stones nel 1971. Polly Paulusma infatti manda tutto a gambe all’aria e fa un disco ELETTRICO pieno di melodie pronte per finire negli spot delle utilitarie o dei profumi di seconda fascia di prezzo. Quest’altro lucky bastard svedese (che è svedese anche se non lo è, ma il perché ve lo spiego un’altra volta) non fa altro che ripetere per tutto il disco Hey, emogirls! Siete deluse dal fatto che i Coldplay non siano abbastanza vicine ai vostri sentimenti feriti? Eccomi, sono pronto a calarmi le braghe SU TUTTA LA LINEA. Piangete, piangete forte, e thanks for the add!
Perché sì insomma, capisco che i gusti si stanno statisticamente abbassando, che l’accesso alla buona musica – curioso, proprio nell’era dell’accesso – è più complicato, e questo perché sfortunatamente oggi CHIUNQUE ha la possibilità di essere visibile (cosa direbbe Warhol? o meglio: avrebbe ancora il CORAGGIO di dire qualcosa?): i gruppi si formano per fare qualcosa ispirato a gruppi NON influenti, i sottogeneri di Blow Up stanno arrivando ad essere lunghi cinque righe, e in definitiva non c’è un’educazione che ricordi DI COSA ESATTAMENTE stiamo parlando (ho sentito gente dire che Iggy Pop assomiglia a QuellodeiRedHot – la cosa interessante è che questa gente era in uno studio di registrazione). Però che cazzo, sarebbe bello metterci un minimo in INTENZIONE in quello che si fa. Bisognerebbe cambiare atteggiamento alla scrittura, maturare un rispetto, stare zitti quando non si sanno le cose. Alla fine ha ragione joo, quando dice Il novanta per cento dei miei problemi derivano dal fatto che la gente non sa stare al proprio posto.
Mo' allora facciamo così: se Sondre Lerche (ché mi è rimasto solo lui) mi cicca il prossimo disco, lo rintraccio e lo prendo a serci. Colpirne uno per educarne cento.



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patti smith: gloria
rachel’s: systems/layers
the beatles: a hard day’s night
tom waits: walk away
buddy holly: early in the morning
frank zappa: filthy habits
taxi: gloves
motorpsycho: hey jane
elvis presley: rip it up
pixies: oh my golly!
pig destroyer: crawl of time
lali puna: bi-pet
joni mitchell: all I want
the rolling stones: miss amanda jones
ani difranco: sunday morning
sufjan stevens: concerning the ufo sighting near highland, illinois
ramones: blitzkrieg bop
the beatles: when I get home
the mothers of invention: who are the brain police?
hüsker dü: if I told you
sondre lerche: track you down
james brown: spinnin’ wheel
the clash: english civil war
neil young: walk on

14 maggio 2007

due parole due su qualcosa di buono ma niente di più

I 65daysofstatic sono un gruppo che ve lo dovete andare a cercare, perché non vi piove addosso. Escono per quest’etichetta che si chiama Monotreme di cui non so NIENTE, e per quanto mi riguarda potrebbe anche essere di proprietà del cane di uno di loro, o un modo per non dire che si autoproducono, che comunque ci si vergogna, dopo un po’. Però è pure vero che sono in giro da sei anni anni, e questo è il loro terzo disco dal 2004, e insomma proprio novizi non sono, se poi ci mettete che il gruppo si è formato per musicare di un film di John Carpenter (che si chiama come loro ma dicono non sia mai uscito, quindi non perdete tempo a cercarlo), ve ne rendete conto ulteriormente.
I 65daysofstatic sono un buon gruppo tutto sommato. Diciamo che loro fanno più o meno una di quellc cose che vanno un botto di moda, ultimamente – insieme all’elettropop, all’emosessualità e alle puttane tatuate con macchinetta (a proposito, sabato vado a un concerto con un “live act” di puttane tatuate, anche se senza macchinetta, quindi poi vi racconto com’è andata – sarebbe a dire questo postrock intenso e ad alto volume, sullo stile dei Red Sparrowes o dei gruppi da cui sono usciti fuori.

Il che è una cosa curiosa perché la musica di derivazione posthardcore, o metal (quello buono, non quello RIDICOLO con gli spadoni e le mutande di pelouche) sta chiaramente andando in due direzioni. Da una parte la sintesi estrema – il powerviolence o come cazzo si chiama, il grind, il math quello che vi pare tipo Locust (di cui comunque parleremo) – cioè: un minuto un minuto e mezzo di CASINO e sticazzi. Dall’altra, la dilatazione: pezzi di 7/8 minuti, spesso anche di più, in scuola Neurosis, che pure sta andando fortissimo ultimamente (e forse pure un po’ troppo).

I 65dos appartengono nettamente a questa seconda categoria, ma invece di proporre la solita brodaglia boriosa e rompipalle – tipo Pelican, un gruppo che ha superato qualsiasi soglia della mia sopportazione – uniscono il flusso di coscienza strumentale tipico del genere a una forte componente elettronica che grazie al cielo li distingue da questa nuova generazione di postrockers e li rende veramente degni di un ascolto.
Insomma, immaginatevi una roba che sta a metà tra Mogwai (dicono che siano fasci, l’avete sentito anche voi?), Explosions in the sky, Sigur Ros (sì, sono MOLTO intensi) e gruppi smaccatamente elettronici (non elettronici à la mode: elettronici SERI) tipo Four Tet, Telefon Tel Aviv e compagnia glitchando: chitarre e synth; batteria acustica (tra l’altro parecchio articolata e fantasiosa) e beat elettronici insieme.
Il risultato è interessante, perché l’accostamento non lascia insoddisfatto nessuno dei due tipi di approccio e nessuno dei due tipi di ascoltatore, anche. I momenti di quiete e quelli di esplosione dialogano in maniera dinamica ed equilibrata, aiutati e tenuti insieme dalla presenza quasi costante di campionatori e suoni di computer che bombano, pianoforti e chitarre piuttosto sapienti.

La domanda è Perché sto parlando di questo gruppo? Mo’ ve lo dico:
Perché è uscito il loro disco nuovo (che si chiama The destruction of small ideas) e io dopo aver ascoltato i precedenti due, me lo sono procurato e ascoltato con la dovuta calma. E questo perché beninteso, avevo deciso che I 65DAYSOFSTATIC NON SONO AFFATTO MALE (questa era la morale di tutta la storia, mi sembrava il minimo metterla in risalto).
Tuttavia, in fin dei conti, è pure vero che non sono nemmeno un gruppo fondamentale, o anche imperdibile, diciamoci la verità. Non dicono niente di veramente nuovo, non hanno la poesia della gente a cui si ispirano (leggi sopra), né un’intensità e una potenza fuori dell’ordinario. Ci può stare che questo disco non sia particolarmente indovinato, o anche solo all’altezza del loro primo (The fall of math) che finora rimane il loro punto di riferimento. Ci può stare anche che in generale siano un gruppo che debba trovare una soluzione sonora efficace, visto che a sound e produzione ci siamo, e anche tanto.
Però può darsi pure che seppur acerbo, questo sia il germoglio di un postrock alternativo, meno trombone e tristanzuolo, e meno legato al solito codice FenderJaguar + riverberostanzasullabatteria.
Che è chiaro che contraddistingue esattamente e impeccabilmente un genere visto che siamo negli anni 2000 e abbiamo bisogno di questi espedienti, ma cionondimeno potrebbe anche avere un po’ rotto il cazzo, in fin dei conti.

8 maggio 2007

THE GREAT MUSIC-BUSINESS RPG v1.0 a.k.a simpatica allegoria della vita quotidiana

Immaginatevi un gioco di ruolo con varie tipologie di personaggi da far evolvere. I personaggi di base che potete scegliere sono 2: la RAGAZZINA AMBIZIOSA che adora i “membri” dei gruppi aspirando all'ammore di un musicista “figo” e il MUSICISTA SFIGATO che aspira a diventare musicista “figo”. Come in ogni RPG che si rispetti le vite dei personaggi alla fine del gioco si intrecceranno Infatti i musicisti possono interagire con le ragazzine essendo comunque gli uni lo scopo delle altre. Inoltre si possono scegliere 2 modalità differenti a seconda della “scena” musicale nella quale volete inserirvi: la scena Emo e la scena Indie/intellettualoide/fighetta. Dalla vostra scelta dipenderà il modo di vestirvi e i locali da frequentare.

Quello che deve fare la RAGAZZINA AMBIZIOSA è frequentare i posti dove si riuniscono i membri di gruppi fighi per poterli conoscere e ottenere il loro ammore accumulando così EXP per passare al livello successivo. All'inizio del gioco la RAGAZZINA AMBIZIOSA di Livello 1 non avrà abbastanza esperienza per essere notata dai musicisti fighi, quindi dovrà iniziare la sua carriera ottenendo l'ammore dei membri dei gruppi sfigati. Dopo aver collezionato una certa quantità di membri di gruppi sfigati, la RAGAZZINA AMBIZIOSA avrà accumulato abbastanza EXP per passare al livello successivo. Avrà di conseguenza ottenuto abbastanza notorietà nell'ambiente da essere conosciuta dai membri dei gruppi abbastanza fighi con i quali dovrà ripetere lo stesso procedimento svolto al livello 1 fino a quando non arriverà al livello 3 in cui potrà finalmente aspirare all'ammore dei membri dei gruppi veramente fighi. Il personaggio della ragazzina ambiziosa è la modalità easy del gioco. La faccenda si complica col musicista sfigato.

Per quanto riguarda il MUSICISTA SFIGATO i procedimenti sono analoghi, cambia solo il modo di guadagnare EXP. Il MUSICISTA SFIGATO dovrà frequentare locali per conoscere musicisti di livello superiore al suo, fare in modo di essere loro simpatico ed entrarci abbastanza in confidenza per convincerli ad organizzare un concerto con il tuo ed il suo gruppo . Gli EXP vengono guadagnati solo quando viene convinto il gruppo più figo del tuo a suonare insieme. Una volta fatti abbastanza concerti si passa al livello 2 nel quale sei diventato MUSICISTA QUASI FIGO. Avrai la notorietà (EXP) necessaria per convincere i gruppi fighi a suonare con te, ma adesso non vi basteranno solo i musicisti fighi per arrivare al livello successivo. Grazie alla notorietà acquisita dovrete anche fare i simpatici con manager, produttori (non è un gioco sul DIY) e giornalisti di musica. Pensavate fosse semplice la vita del musicista vero? Solo concerti ed alcool e donne? Invece no! Arrogarsi la simpatia di queste persone è la vera sfida. Una volta riusciti ad avere articoli su giornali specializzati, un contratto discografico e un manager passarete al livello 3: MUSICISTA FIGO.

I musicisti possono interagire con le ragazzine innanzitutto perchè le une hanno bisogno degli altri in quanto scopo del loro gioco e i musicisti a loro volta possono guadagnare molti EXP ottenendo l'ammore delle ragazzine fidanzate con musicisti fighi. L'importante è sempre far girare il nome, nel bene e nel male. Prima legge che un musicista ambizioso deve imparare. Inoltre nel gioco si possono scegliere 2 modalità differenti a seconda della “scena” musicale nella quale volete inserirvi: la scena Emo e la scena Indie/intellettualoide/fighetta. Alla vostra scelta conseguirà il modo di vestirvi e i locali da frequentare.

Presto arriverà anche l'expansion pack. Teneteci d'occhio.