30 ottobre 2007

Ignorantia legis...

...ED ORA QUALCOSA DI COMPLETAMENTE DIVERSO!!!

sabato 20 ottobre 2007

Nuova Legge sui Blog e Siti sembra cadere

Dovrà essere approvata in Parlamento una incredibile proposta di legge di riforma dell'editoria pensata in Agosto da Riccardo Franco Levi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, e approvato integralmente il 12 ottobre da tutto il Consiglio dei Ministri, la quale prevede l'iscrizione al ROC, il pagamento di un bollo e di avere un giornalista al suo interno come editore responsabile.
Si tratta di un DDL di riforma dell'intero settore dell'editoria che inserisce anche delle gravissime limitazioni alla libertà di parola sul web, tanto che, come ha affermato Beppe Grillo nel suo blog, pochissimi siti in Italia potrebbero continuare ad esistere se questa legge venisse approvata in Parlamento.
Mentre in tutto il mondo il web 2.0 cresce, con le persone che online trovano la possibilità di aggregarsi, scrivere i propri pensieri e scambiarsi opinioni, in Italia si va al contrario del resto delle altre nazioni, proponendo una norma che "...chiunque abbia un blog o un sito debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro, a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all’albo come direttore responsabile."
Dopo il clamore suscitato ieri (ovviamente solo in Rete, stampa, radio e tv tradizionali non ne hanno neppure parlato), lo stesso Franco Levi butta acqua sul fuoco e visto che è un politico moderno e sa come usare Internet risponde direttamente al blog di Beppe Grillo che lo aveva accusato, in realtà altri siti come Punti-Informatico.it o i-dome.com avevano parlato della vicenda molto prima, ma nessun politico se ne era interessato.
Levi in una lunghissima risposta afferma tra l'altro che: "Con il provvedimento che tra pochi giorni iniziera’ il suo cammino in Parlamento non intendiamo in alcun modo tappare la bocca a internet‚ provocare la fine della Rete. Non ne abbiamo il potere e, soprattutto, non ne abbiamo l’intenzione [....]
Ci occupiamo di editoria persuasi che, nel tempo in cui viviamo, un prodotto editoriale si definisca a partire dal suo contenuto (l’informazione), e non più dal mezzo (la carta) attraverso il quale esso viene diffuso. Vogliamo creare le condizioni di un mercato libero, aperto ed organizzato in modo efficiente.
Per questo, intendiamo, tra le altre cose, abolire la registrazione presso i Tribunali sino ad oggi obbligatoria per qualsiasi pubblicazione e sostituirla con l’unica e più semplice registrazione preso il Registro degli Operatori della Comunicazione (Roc) tenuto dall’Autorità Garante per le Comunicazioni (AgCom)."


Eh sì bellezze mie, perché pare che con tutti i, mi si perdoni l'eruditismo, CAZZI che il parlamento italiano ha da dover sbrigare PROPRIO QUESTA stronzata della riassunzione in un discorso editoriale istituzionale dei blog e di altre amenità della rete costituisca un'urgenza bisognosa di impellente risoluzione.
E MEI COJONI VERI!!! Io li adoro, sul serio! Non so come farei senza i nostri legislatori e le loro divine ispirazioni normative. Molto affabilmente, la metterò giù così.

  • Siamo al secondo anno di legislatura, non è stata ancora approvata una legge sul conflitto di interesse.

  • Non è stata ancora discussa una legge sulla gestione degli acquedotti e sul DIRITTO all'acqua come bene comune e, tra l'altro, nei nostri cessi gli stronzi e le cacarelle continuano ad essere traghettati verso la fogna dall'acqua potabile.

  • Non è stata ancora approvata una legge elettorale diversa dall'obbrobrio precedente.

  • Non è stata ancora discussa seriamente una normativa sulla sicurezza sul lavoro tant'è che i lavoratori muoiono come mosche e SENZA FUNERALI DI STATO mentre i militari (ed anche i mercenari, già che ci siamo), morti “nell'adempimento del proprio dovere”(e che i manovali no?) ricevono solenni esequie pubbliche, passaggi sulle principali testate nazionali e la solidarietà di alleanza nazionale (notare la minuscola. Che tanto basta che porti un'uniforme te la dà comunque anche se la domenica fai il porta-a-porta per lotta comunista) e le vedove ricevono per il consorte scomparso il titolo di “Eroe”.

  • Non è stato affrontato neanche un lontano discorso su una politica energetica che ci scampi dal dover, in un futuro, allevare criceti da far correre per alimentare la dinamo di turno.

  • Il ministro Mastella non è stato ancora messo in condizione di non nuocere.

  • Non è stato ancora portato a compimento l'iter normativo riguardo le coppie di fatto.

  • Non è stato ancora rivista la legge bossi-fini (da notare la minuscola)

  • varie ed eventuali.

30 ottobre 2007

Quando ho iniziato a scrivere questo pezzo in realtà il quadro era più fosco, si credeva che nel giro di poco tempo tutti noi bloggers avremmo dovuto versare una gabella allo stato per esprimere il nostro libero pensiero e, perché no, magari versare addirittura un obolo alla S.I.A.E. come autori. È passato un po' di tempo e il trambusto sembra essersi placato.
In realtà, in questo paese, quando si sta per elevare una proposta impopolare al rango di legge, di solito, in modi grottescamente poco sofisticati si ripiega su una ritirata così, alla chetichella. Basta ricordarsi della famosa”stangata” alla casta dei tassinari oppure alla liberalizzazione sui distributori di benzina. Come è finita? Le suddette categorie si sono fatte girare i coglioni per due giorni e la “competitività del mercato” è andata a farsi benedire.
Ora, mi sembra lampante che non è stata l'ira funesta del popolo dei bloggers a far arretrare il legislatore dal proposito dichiarato.
Mi auguro che, nella migliore delle ipotesi, qualcuno abbia fatto notare che c'erano cose più urgenti ed importanti di cui occuparsi.
Il sospetto però è che si tratti di una ritirata strategica.

Nel nostro bel paese, nel nostro GRAAANDE paese, qui, in patria, è abitudine del legislatore occuparsi di fattispecie private, individuali a cui, normalmente, è più che sufficiente l'applicazione del buonsenso, delle proprie convinzioni personali, del proprio codice etico, delle proprie abitudini, per gestirle.
Nel nostro bel paese, si cerca di far leggi che gestiscano la musica che scarico io da internet mentre si lascia ancora la Salerno-Reggio ad una sola corsia per senso di marcia.
Nel nostro GRAANDE paese la massima preoccupazione delle autorità è se i pischelli si fanno le canne o leggano un giornaletto porno nel cesso della scuola mentre i nostri politici dispensano, attraverso il modello mafioso delle "amicizie” o, se preferite, delle conoscenze, posti al ministero o in televisione in cambio di bocchini.
Nel nostro vecchio paese la famiglia è l'unico consorzio che si fa finta di tutelare, se sei zitella/zitello cioè INDIVIDUO (il perno dello stato liberale, la pietra angolare delle economia capitalista... N.B.) non conti un fico secco e dunque DONNE! È ARRIVATO L'ARROTINO: SPOSATELO!!! Sennò sono cazzi...
(Lo stesso vale se sei maschietto.)
Nel nostro grande paese è vietata la timidezza, l'insicurezza, la fallibilità.
La legge gestisce questo genere di fattispecie attraverso il supremo istituto della SANZIONE.
Nel nostro paese la legge non si occupa della società ma della persona.
Nel nostro paese la legge non tutela ciò che è di tutti ma ciò che è strettamente tuo.
NON il lavoro.
NON l'efficenza dei servizi.
NON la trasparenza e la veridicità delle informazioni.
NON la tutela della libertà
Dicono di essere capitalisti ma non sono capitalisti.
Dicono di essere quasi-comunisti tendenti alla socialdemocrazia moderata con una discendenza cattolico-libertaria-semi-liberale di vocazione sadomasochista ma non sono nemmeno questo esperimento di cucina da seconda elementare con elementi di seria patologia. E comunque non sono capitalisti neanche loro...
Quale che sia il loro travestimento, questa allegra brigata di vegliardi semianalfabeti che si riempiono la bocca con paroloni come GLOBALIZZAZIONE o FLESSIBILITÀ o WELFARE tutto quello a cui mira è FARSI I CAZZI VOSTRI!!!
E dunque la normativa tende a impicciarsi:

  • dei vostri gusti personali

  • del dissenso

  • della libera circolazione delle idee (a meno che non sei nazista, in quel caso viene invocata a gran voce e difesa... cazzo che invidia...)

  • dei soldi che può fare con una categoria troppo “libera”.

In fondo il primo modo del potere per soggiogarti è quello di riassumerti nell'imponibile: diventi visibile. Portare il denaro in determinati contesti vuol dire poter comprare quei contesti, è semplice.
Per questo motivo il blog parla di contesti con le saccocce vuote.
Non è quella “voglia di umiltà” tipica della sinistra, quel senso di colpa per non essere abbastanza povero e oppresso da diventare il suo opposto per disperazione: oltraggiosamente ricco ed oppressore.
Non è neanche il virile sacrificio machista dell'estrema destra, che ha i coglioni di travertino ma l'uccello di cartapecora, immolata anch'essa al capitalismo più bieco, quello di cui, si dà il caso, sia stata sempre la più elegante tra i critici ma la più strenua tra i difensori.
A noi non ce ne frega un cazzo. Noi abbiamo le idee chiare. Sbagliate forse, ma chiare.
Noi prendiamo a modello l'insegnamento dei Clash che ritenevano si dovesse SEMPRE dire qualcosa.
Noi apriamo bocca per dargli fiato e ci va bene così. Ma 'sti cazzi di cambiare le cose. Ma 'sti cazzi DELLE COSE.
Un blog è il sintomo di una masturbazione prima che un pezzo d'informazione. È un gioco. Un gioco a cui si può giocare molto seriamente.
Le cose migliori della rete non hanno un volto (quelle peggiori sì: quello di Bill Gates) e il non avere un volto è pericoloso.
Lo scandalo non è un pezzo di critica che prenda per il culo Luciano Pavarotti, lo scandalo è che SI POSSA FARE un pezzo di critica.
Di fronte ad un potere così caricaturale il nostro errore più tipico è quello di sorridere con un vago senso di superiorità, con la certezza che a voi non potrebbe mai succedere di diventare così, che su di voi quel potere non ha effetti.
Beh, siete delle teste di cazzo.
Siete il prodotto della vostra cultura scadente.
Sottovalutate coloro che da anni ve lo stanno mettendo in quel posto dimostrando così la loro temibilità e il loro valore e mettendo a nudo la vostra pigrizia e la vostra scarsa auto-considerazione.
E il potere di turno si prende sempre li mejo posti.
Perché a voi basta sentirvi ribelli per placare il bisogno di esserlo. E gli altri, questo, lo sanno.
Allora invece di incazzarvi per queste proposte di legge e benedire ogni singola parola di questo post, fatemi un piacere: domandate a voi stessi se non sareste forsemagari in grado anche voi di concepire una cazzata simile.
Invece di urlare alla rivoluzione, chiedetevi se in un contesto che vedesse VOI essere il potere, non vi comportereste forse magari allo stesso modo. Mettetevi alla prova e, per favore, almeno per oggi, non mentitevi.
Lo stato in cui vivete vorrebbe tassare, iscrivere, censire un articolo su Son House piuttosto che un racconto breve sui cazzi propri.
La gente per cui votate non sa neanche accenderlo un computer, lo guarda con lo stesso acume usato dalle scimmie di fronte al monolito di 2001 odissea nello spazio.
Teme quello che circola in internet perché non ci va mai. Ci va una tettuta segretaria al posto loro.
Dunque, poiché questo stato di cose DURERÀ ANCORA MOLTO mettetevi d'impegno e diffidate sempre.
Diffidate, diffidate e ancora diffidate.
Mettetevi su un vinile delle Supremes, fatevi coraggio e tenetevi pronti ad un altro assalto: potrebbe essere peggiore del precedente.

Con preoccupazione.
il cuoco.

17 ottobre 2007

bruce, tu quoque.

È piuttosto difficile riportare tutto a casa” (come Dylan) quando quel che ti precede è una trattazione rigorosa, un manifesto programmatico, una chiamata alla lotta armata (sia pur armata diversamente). Tuttavia è prerogativa di un cuoco decente far seguire ad un momento di alta intensità verbale, un rilassante e rincuorante pasto, sì che le voci si plachino e subentri un più “morbido” intrattenimento: il pasto, appunto. Alla fin fine, dei due, il più pop non è (cane), perché sa troppe cose, il più pop, di noi due, è il sottoscritto. Rozzo quanto basta ma non abbastanza.
Per questo motivo dunque, invece di inserirmi nello specifico del precedente post, vengo con questa mia a cantarvi della mia ira funesta verso Bruce Springsteen, e di come quest’ira si sia placata ma ne siano rimaste le stimmate.

Io di Bruce Springsteen ci capisco, sul serio!
Non sono di quegli Springsteeniani da operetta che mettono camicioni di flanella, o peggio, BANDANE, né di quelli più compassati e impostati, amanti dell’American rock tout court per i quali il Boss è comunque un discorso a parte.
Ho sempre considerato Springsteen all’interno del suo contesto storico e artistico; l’ho sempre confrontato col patrimonio a cui liberamente (e giustamente) ha attinto, a come HA INCISO su questo patrimonio, alla traccia da lui lasciata ed è per questo che l’ho amato e lo amo così tanto.
L’umanità è forse il suo più grande pregio, dirò di più, la fallibilità.
Bruce Springsteen da molti anni sforna BUONI DISCHI, non capolavori. Dai gloriosi giorni di Ghost of Tom Joad il Boss non tira più fuori un intero disco da mandare a memoria. Chi dissente da questo, non ha bisogno di continuare a leggere (e forse porta una BANDANA!), per gli altri vi avviso che vi attende una sega senza fine su quest’individuo nato nel New Jersey quasi sessant’anni fa.

Pensate a The river, o a Darkness on the edge of town; fate mente locale, avete presente lo stesso Born in the U.S.A.? Produzione merdosa, anni ’80 che fioccano, ma canzoni coi controcazzi: non ce ne era una che non ti restasse in testa. Stiamo parlando di un musicista che quando ci vai in fissa ti riempie di robba. Ti da contenuti, orecchiabilità, epica, cortometraggi, ritratti, ti fa ballare, divertire e ti fa pensare. Ti racconta il mito, da qui la sua grandezza.
Ora invece pensate a The Rising, a Devils and Dust (contenitore sottovalutato di alcune perle) o al più recente, ultimo lavoro: MAGIC.
Già a sentire il titolo vi confesso che mi ero cacato sotto. “Che cazzo di titolo è MAGIC?”.
Sarà un disco dedicato all’omonimo playmaker dei Los Angeles Lakers di qualche decennio fa?
Sarà un omaggio ai Queen? “Che cazzo di titolo è MAGIC” pensavo tra me...
E infatti MAGIC è un titolo del cazzo!
Ora passiamo al disco. Il singolo mi ha fatto venire i geloni: per un momento ho persino pensato che Bruce Springsteen credesse di essersi trasformato in Bryan Adams. Ho fatto incubi per due giorni. Radio Nowhere, un altro titolo del cazzo, non era per nulla buona, era una canzone che poteva scrivere qualunque imitatore di Springsteen dei tardi ’80. Il primo incontro con l’album era stato annichilente. Sembrava, in più di un brano, che il Boss volesse suonare come “quelli che volevano suonare come il Boss”. Così incontravo rock’n’soul alla Graham Parker, acusticismi non particolarmente riusciti, leggi Dan Bern et similia, gente valida mai uscita dalla lunga ombra del “...bel brano Springsteeniano...”, come Southside Johnny. Il problema risiedeva nel fatto che tutta questa pur ottima marmaglia di rockettari NON ERANO LUI. Perché a lui gli anni ’50 mancavano sul serio, non come a Bryan Adams; perchè lui la bandana se l’era messa perché suda come un suino, non per tenere i capelli come Bon Jovi; perché il soul, la Stax, la Motown per Bruce Springsteen sono cose sacre da prima che scoprisse Dio e la famiglia; perché SENZA ESSERE DYLAN ha saputo fornire una versione plausibile del folk bianco classico di matrice sindacale, rurale e, udite udite, socialistoide - alla fine sarà pure macho ma avete fatto caso che il pubblico del Boss è prevalentemente di sinistra? (Bertinotti dovrebbe ringraziarlo visto che simpatizzo stalinismo perché ascolto Atlantic City...). E comunque Pete Seeger é stato iscritto al partito comunista americano fino alla prima metà degli anni ’50.

Insomma avevo il cuore spezzato. Il mio eroe si era rincoglionito, aveva fatto un disco piacevole e pensava di cavarsela così, solo perché quel disco sarebbe comunque piaciuto ad un sacco di gente.
E a noi? A noi poveri stronzi che l’avevamo difeso dai sinistroidi rompicazzo che gli davano addosso per Born in the U.S.A. perché non ne avevano letto il testo? A noi che prestavamo Wild, innocent e compagnia bella per far capire al critico superficiale che il Boss era uno serio e intelligente, non un rockettaro tutto muscoli, palle e niente cervello? Bruce Springsteen mica era i Kiss, non si truccava, non sparava laser sulle folle oceaniche accorse a vederlo con la E street band come facevano i Pink Floyd, dal vivo non faceva lo stronzo come Bob Dylan, e non frequentava i soliti giri di sessodrogaerockenrolle dei vecchi dinosauri del rock. Non faceva yoga come Sting o come Peter Gabriel, non si chiamava Claudio Baglioni. Noi lo sapevamo questo, e lo difendevamo.
Adesso non dobbiamo più difenderlo, dobbiamo capirlo, e in questo caso specifico, criticarlo.
Dobbiamo capirlo, perché non possiamo più sentirci eterni ragazzetti, se lui si sente più vecchio.
Dobbiamo capirlo perché il suo più grade pregio è l’umanità e, come ogni uomo, oggi sta facendo i conti con se stesso. Per questo fa i dischi a-là Springteen ma non fa i dischi DI Springsteen.
Per questo il suo senso critico verso se stesso vacilla e non vede con chiarezza quello che sta scrivendo. In lui alberga una pace, un appagamento, una soddisfazione negata a molti, anzi, ai più.
Non possiamo e forse neanche dobbiamo aspettarci quell’urgenza, quel desiderio di stare bene, di stare bene insieme che in qualche modo è riuscito a creare nella sua carriera. Non possiamo chiedergli di darci speranza anche dentro MAGIC. Ci serve speranza? Di corsa ad ascoltare Born to run, marsch!!!!
Bruce Springsteen sta diventando vecchio ma deve ancora diventare saggio. È con un braccio nel vestito da guitto sensuale ed inarrestabile del rock’n’roll e con un braccio nella spartana blusa di tranquillo lavoratore-cantastorie che torna alle sue radici.
Sarà con la chitarra acustica, registrato dentro la cucina di casa sua che sferrerà ancora i fendenti indimenticabili che sa sferrare, non alla corte di Brendan O’Brien dove riesce solo a riprodurre se stesso, a dissimulare la nostalgia con il manierismo, a far sentire la mancanza dei suoni e dei colori di Born to run o di Born in the U.S.A..
Sarà con un combo di chitarre elettriche vecchie come lui, registrato nel soggiorno della casa di campagna (che possiede...), che riuscirà ancora a fare rock’n’roll. Perché, signore e signori, Bruce Springsteen non vuole più suonare per gli stadi ma ancora non l’ha capito e dunque non ha capito che non ha più bisogno di scrivere canzoni per gli stadi ma, al massimo, per un club.
Riuscirà il nostro eroe ad aggirare la demenza senile con la saggezza? O verrà forse trascinato come un’immensa, solidissima quercia dal fiume del business, delle superproduzioni e dei ritorni dal passato (leggi reunion)?
Da Springsteeniano quale sono e fui, non posso, non voglio, rinunciare a fidarmi anche stavolta, nonostante MAGIC, di lui e del suo cuore ma oggi, mio caro Boss, come amano chiamarti più di quanto tu ami farti chiamare, ti becchi una BOCCIATURA.
Perché, sinceramente, le cover di Bruce Springsteen, piuttosto, le suono io, non te.
Cordialmente vostro devoto
il cuoco

prevenire è meglio che curare

Vedi, Valerio, perché è giusto che tu inizi le interviste, perché è giusto che Lamette continui a fare il suo lavoro per sempre, perché è giusto che eventualmente io ti proponga una trasmissione in radio? Perché bisogna informare.
Noi, che siamo gente per bene, sappiamo che l'informazione è utile quando è condivisa. E questo non soltanto per una questione politica, non solo per onorare una visione à la The more the merrier. È una questione di opportunità. Mo' ti spiego cosa intendo.
Il vantaggio che noi abbiamo, è avere una visione dall'interno di un determinato avvenimento, contesto, scenario: quello che noi possiamo e dobbiamo fare (il secondo verbo è un mio imperativo morale, come sai) è condividere questo tipo di visione in maniera orizzontale.
La stampa musicale italiana non ha la minima idea di come si faccia la musica. In Italia, in Europa, al mondo. I giornalisti sono nella migliore delle ipotesi musicisti falliti, nella non-tanto-migliore fan fedeli che vengono ammessi nei sancta sanctorum della produzione, nella peggiore dei semplici passacarte di elezione lottizzata che vengono messi (e mettono radici) dietro una scrivania da un faccendiere di turno. È inutile che facciamo finta di niente: li leggiamo tutti gli articoli sui giornali e sulle riviste. Non abbiamo una tradizione, di questo ne abbiamo già parlato e (te) ne ho già scritto. Noi uno come Bill Flanagan in Italia non ce l'abbiamo. Noi abbiamo altra gente che intervista i cantautori superficiali per fare domande superficiali (Nasce prima la musica o nascono prima le parole?). Niente sappiamo sulla storia, sulla genealogia estetica, sulle motivazioni musicali, storiche o (ci risiamo) politiche che stanno dietro alla scelta di uno stile, di una composizione, di uno strumento - perfino.
Ecco perché noi, che sappiamo parlare bene la lingua delle persone che suonano, e sappiamo in che ambiente vivono e non mitizziamo e non prendiamo distanza: non ci comportiamo, insomma, né come i "giornalisti" di Sonic che è l'equivalente dei giorni nostri della fanzine dei Duran Duran 20 anni fa; né come i "critici" di Blow Up che fanno del loro accredito stampa una torre d'avorio dalla quale gettare di sotto gente a piacimento - salvo poi riabilitarla in vecchiaia.
Noi che possiamo, dobbiamo informare la gente di un tipo di situazione genuina (svincolata dalle logiche del mercato global-e/-izzato a cui ormai anche molte "indie labels" si sono piegate), autopropellente (perché la grinta giustifica tutto) e formare una coscienza critica, seppur minima, seppur leggera. L'informazione, noi lo sappiamo perché abbiamo dei LIBRI in casa, è il primo strumento per saper riconoscere il bene dal male, il vero dal falso, la merda dalla cioccolata, e magari chissà: smontare un po' dei falsi idoli che buona parte della gente con cui abbiamo normalmente a che fare venera in mancanza di punti di riferimento migliori.
D'altronde, qual è il motivo autentico per questa proliferazione di estimatori dello zozzo musicale? Da dove sono spuntati (in altre parole) fuori tutti questi -coreheads che girano per Roma, per l'Italia, sulla rete? C'è DAVVERO una coscienza nei confronti delle tematiche, degli stili di vita? Non credo. E allora da dove? Dal fatto che l'hardcore è il nuovo metallo e raggiunge fasce di pubblico non normalmente sensibilizzate che cercano solo una musica aggressiva? Ci sono arrivati dalla porta di servizio, cioè attraverso la moda e gli splendidi accessori abbinati? È semplicemente una cooptazione per carisma, gente che frequenta e imita altra gente e di conseguenza adotta il loro genere musicale? È semplicemente la "moda del momento"?
Ci arrivano da tutte queste cose insieme, ci arrivano da una travisazione, ecco da dove.
Come sempre accade - del resto - quando uno stile, un'impostazione musicale, raggiunge le masse il suo valore aggiunto si abbassa al minimo comune denominatore. Le scelte (a livello stilistico) diventano maniera, e tutto va a fare in culo. Non so se ha mai funzionato, ma non credo. Altrimenti non ha un granché senso continuare a celebrare i Bei vecchi tempi, quando il pane sapeva di pane e il panc sapeva di panc. Non ha senso tenere in considerazione i maestri quando oggi abbiamo un'offerta discografica che tra semi-indipendenti e etichette underground sfornerà decine di migliaia di titoli all'anno. Quello che bisogna fare (dio mio se sembro Veltroni) è tornare a parlare di contenuti.
Vedi, Valerio, il fatto che Robertò stia organizzando una mostra sull'HC originario in concomitanza con il benefit di sabato è veramente cosa buona & giusta. Certo, il suo difetto si potrebbe individuare facilmente il suo scarso appeal nei confronti dei famosi neofiti casaccius di cui parliamo da un po', se vogliamo: il fatto che è un evento poco glamour, ci sono poche stelline (sto parlando ovviamente delle stelline del quartiere, ovvio) E QUINDI poche pischelle E QUINDI poca gente; in altre parole: si rivolge a un pubblico che sa già in partenza chi è questo povero cristo, che cosa gli hanno fatto e perché BISOGNA accorrere a dargli una mano (divertendosi anche un botto, tra l'altro). Ma è un difetto che fa parte di una logica che già fa a cazzotti in principio col perché si organizza un concerto benefit per John Stabb e perché - visto che ci siamo - si fa un ripasso generale di storia. Quello che manca è una diretta associazione di proposta musicale (una recensione, un passaggio radio) e un'inquadratura del contesto storico. Tu ce l'hai, ed anche molto più chiara della mia perché hai un occhio aperto su tutto un panorama italiano che non ho perfettamente chiaro. E allora ti dico io: che ci vogliamo fare, Valerio? Ce lo vogliamo tenere per noi? O vogliamo iniziare a spargere così un po' di gente si sente fuori posto e inizia a lasciarci in pace mentre facciamo le nostre cose?
Playlist>
vociare, perché sono al lavoro.

14 ottobre 2007

dai, su, c'è vita su Marte.

Alla fine l'hardcore è come Dio, o come il comunismo o come le donne: sono degli ideali dal contorno fumoso che non si sanno definire bene, non hanno sempre delle spiegazioni coerenti e soprattutto ognuno ha la sua personale, non per forza compatibile con quella degli altri.
Io di hardcore finora non ho parlato mai perché sono stato un po' a guardare e un po' ad ascoltare, e alla fine mi sono reso conto che sì, qui a Roma tutto sommato le cose non vanno poi così a cazzo di cane come si penserebbe. La gente si lamenta in continuazione del fatto che non c'è unity, del fatto che non c'è abbastanza supporto blah blah. Magari è vero, ma è vero pure che non è che abbiamo proprio l'idea perfetta di come stavano le cose 20, 25 anni fa. Non abbiamo nemmeno idea di come stessero le cose in America, a Washington, a New York o a Los Angeles. Nel senso che a lamentarsi sono buoni un po' tutti. E poi queste cose sono sempre delicatissime. È come chiedere a qualcuno com'è la propria facoltà: Ah no, lascia perdere, non funziona un cazzo. Nessuno è mai contento. Magari glielo vai a chiedere a Vinnie Stigma, a Ian McKaye, a Pete Koller, o a quel povero cristo di John Brannon, che a Detroit stava da solo: ti diranno tutti La scena dalle mie parti era un po' una merda, non funzionava un cazzo, eppure alla fine sono riusciti a farcela. Certo, ai concerti c'era sempre un boato di gente, ma tutto sommato, grazie al cazzo: in America C'È più gente, e poi hanno delle radio locali che a volte funzionano molto molto meglio delle nostre (perfino delle radio cosiddette “antagoniste” che però l'hardcore l'hanno sempre snobbato perché è sempre stato associato in maniera frettolosa a certi ambienti di destra che con l'HC hanno in comune solo l'abitudine a portare le teste rasate – o forse perché come musica di protesta hanno sempre preferito il piagnucolare rustico e dimesso dei cantautori italiani degli anni '70 che in quanto a presa di coscienza hanno ancora molto da insegnare, ma in quanto ad agitprop se permettete anche no), e insomma è lo stesso motivo per cui in America hanno gli atleti migliori: sono in tanti, il livello medio dev'essere per forza più alto. Che poi se vogliamo è anche il motivo per cui a Roma la media qualitativa delle band non è affatto male. Se cresci ascoltando i Growing Concern hai già un bel punto di riferimento con cui partire, per cui è abbastanza ovvio che se hai un minimo di intelligenza critica sai misurarti come si deve con i modelli. Ed è anche il motivo per cui non è proprio una stronzata parlare di scena, qui a Roma. Certo, c'è un'ovvia tendenza alla dispersione, all'entropia, al fare insomma ognuno per i cazzi suoi, ma ieri sera davanti a Hellnation c'era una bella popolazione di gente che si conosce, si apprezza reciprocamente e ha dei punti di riferimento e dei percorsi condivisi. Molti di loro hanno suonato insieme e se non l'hanno ancora fatto lo faranno, o alla fine non fa differenza perché si seguono a vicenda e da vicino. Non ci sono grosse rivalità, forse non ci sono nemmeno piccole rivalità: è chiaro che c'è gente in gamba, gente meno in gamba, teste di cazzo, faccendieri, leccaculo, attivisti, gente che si monta la testa, ma queste categorie sono categorie umane che in proiezione si possono trovare in qualsiasi agglomerato sociale: da un gruppo di persone che hanno qualcosa in comune a 200 cristiani che si trovano per caso sullo stesso vagone della Metro.
È chiaro che potrebbe essere meglio, che ci potrebbe essere più coesione, più partecipazione e cooperazione, più coerenza soprattutto, e un po' meno esibizionismo, ma dopotutto l'hardcore invece di (e prima che) essere una religione è una scheggia impazzita del rock and roll, e sono cinquant'anni che i rockandrollers trattano la propria chitarra come se fosse un'estensione del proprio pisello a beneficio della prima fila di belle figliole. Ce ne lamentiamo da mezzo secolo eppure non riusciamo a sottrarci alle stesse abitudini. Dev'essere genetico, famoce pace.

Non so di preciso dove volevo arrivare con questa considerazione, forse alla fine volevo fissare una sensazione che ho provato per un minuto ieri sera, appunto, e insieme uscire dal coro di gente che sostiene che a Roma la situazione sia pessima. No, non lo è. Comprate il settepollici degli Anti You e ve ne renderete conto. C'è ancora voglia di combattere, di incazzarsi e di farlo in canzoni da 20 secondi (come ai vecchi tempi) con le accordature standard (come ai vecchi tempi) e senza la parte mosh che a una certa pare che deve partire per prescrizione medica (anche questo come ai vecchi tempi, sì). E c'è ancora la voglia di farlo facendo riferimento alle forme di 25 anni fa, quelle grezze che vengono direttamente dalla Washington del 1981, uscendo dalla dimora confortante del new school di ispirazione Hatebreed-Terror, o dall'iconografia vegan straight edge di cui ho il massimo rispetto, ma anche un po' piene le scatole, soprattutto quando ostentato da neofiti casaccius e sventolato come salvacondotto anche da gruppi che onestamente (lo dico?) fanno notevolmente cacare (l'ho detto), come a ddì Aoh, io so' Veganstreitegg, sti cazzi che suono robba uguale a TUTTI GLI ALTRI. Come esse preti.
E soprattutto, c'è ancora voglia di farlo attraverso il mezzo punk hardcore per eccellenza: il vinile. Non si può masterizzare, è un oggetto che gira per casa e non in una cartella sull'hard disk dati, e soprattutto è un riferimento diretto e inequivocabile dell'apprezzamento e del seguito di una band – a differenza delle magliette, indice di gradimento principale (seppur non ortodosso) dei gruppi che giustamente non sanno come portare a casa altrimenti almeno due lire dopo essersi fatti il culo a portare avanti e indietro centinaia di chili di testata-e-cassa – e qui sì, sono costretto e contento a rientrare nel coro di chi sostiene che è una ZOZZERIA scaricare dischi di gruppi dell'ambiente underground, a meno che non sia lo stesso gruppo a volerne la diffusione gratuita “per motivi personali”.
C'è ancora voglia (è una follia, me ne rendo conto) di scommettere su un cavallo zoppo, dato che a fare i settepollici lo sa anche la nonna che non ci si rientra nei costi. Ma del resto, se si vuole rientrare nei costi non si fa il punk hardcore. Si fa la Saint-Louis e si lecca il culo ai Maestri Massoni della musica italiana (col rischio però di finire a fare il turnista per Michele Zarrillo. Vabè).
Ecco allora perchè tocca dare i nostri soldi agli Anti You:
- perché il disco è bello
- perché anche se non vi piace, arreda (ma se non vi piace avete dei problemi)
- perché così poi ne fanno un altro e io potrò parlarne di nuovo bene
- perché è un gesto, e i gesti significano qualcosa e a una certa anche basta lamentarsi
- (per i neofiti casaccius) perché un settepollici vi farà sembrare più hardcore delle Draven dei Misfits. Ve lo dico io che ormai ho un'età.

Insomma, ha ragione nervousbreakdown che ha scritto su Lamette che Pig City Life è letteralmente imperdibile, ha ragione perché è vero. Certo, è ironico che per trovare (o proporre) una novità tocchi scavare intorno alle radici, ma del resto la storia ha processi ciclici. Chiedetelo a Vico, anche se è morto. Come il punk, dicevano.

(E visto che ci siete, venite a dare anche i vostri soldi a John Stabb il 20 ottobre, è un ottimo pateravegloria che vi emenderà dal peccato di aver scaricato i cd dei Nabat da Soulseek. ...Come ho fatto io)



Playlist>
discharge: the final blood bath
aphex twin: yellow calx
sick of it all: the bland within
overhead: uprising
payback: the cause
minutemen: maybe partying will help
negative approach: nothing
sufjan stevens: chicago
spandau ballet: true
social distortion: born to lose
ray charles: you be my baby
crass: bata motel
feist: so sorry