Allora esattamente come Mark Chapman aveva sparato a John Lennon perché gliel’aveva detto Gesù, o Satana, adesso non ricordo ma dopotutto credo sia uguale, io mi sono procurato il disco dei Mean Jeans perché me l’ha detto Ratboy69. Ora voi potreste chiedermi chi è Ratboy69 ma son sicuro che Google ve lo dirà meglio di me, cosa più o meno valida per qualsiasi cosa tranne – forse – quello che sto per dirvi.
Io sono contento, quasi sempre, di ascoltare musica che si rifà direttamente ai capostipiti, nel senso: dopo aver ascoltato per anni roba derivativa che si rifaceva a una sola città o a una sola etichetta o addirittura a un solo LOCALE, perdio, avere tra le mani un gruppo che pota la fuffa (bella ‘sta frase) e salta a pié pari al centro della questione è rinfrescante, corroborante, e pure incoraggiante: scoprire che nonostante i decenni passati gli eroi della tua infanzia continuano ad essere eroi dell’infanzia di qualcun altro ti fa sentire meno solo, e detto tra noi ti autorizza pure a tirartela perché li hai scoperti prima tu e queste mezze seghe ti possono soltanto che offrire da bere. Ma la polemica dopo. Per una volta.
Insomma ’sti Mean Jeans sono tre manici di scopa di Portland, non ci metterei la mano sul fuoco che siano maggiorenni, ed escono per un’etichetta piccolissima e coraggiosa. Non c’è assolutamente motivo per NON dargli una chance, tanto più che il disco dura 25 minuti e io se c’è una cosa che premio a prescindere è il dono della sintesi, tanto più da quando sono diventato vecchio e impaziente (in opposizione a quando ero giovane e impaziente, ma lasciamo perdere).
I Mean Jeans, detto questo, se chiudete gli occhi – o se state camminando sotto il sole giaguaro delle quattro di pomeriggio di un fine giugno qualsiasi che non è qualsiasi ma QUESTO, che già ci stanno dicendo sarà il fine giugno dell’estate più calda da parecchio – ve li vedete, tutti e tre, con le magliette attillatissime (il batterista no, il batterista non ce l’ha, la maglietta) a suonare dentro un club scuro scuro, pieno di gente con i giacchetti di pelle e le Converse, e rigorosamente senza palco (e fin qui va bene), e magicamente sarà la musica sarà il caldo bestia sarà l’asfalto che evapora e chissà che visioni provoca, il locale si trasforma nel CBGB, è il 1976 e i tre manici di scopa in realtà sono quattro e noi sappiamo benissimo tutti i loro nomi, e anche il loro cognome che poi è la cosa più importante.
Insomma che i Mean Jeans non solo si ispirino, non solo paghino tributo ma vogliano senza troppe chiacchiere ESSERE i Ramones è chiaro come il sole di questo fine giugno tanto che proprio come questo sole di fine giugno non si può guardare.
Cosa voglio dire con questo:
Mi stanno simpatici e suscitano tenerezza i gruppi che coronano senza timore i loro anni di studio, soprattutto in ambito punk rock, ma il punk rock è un campo minato, la sua inclinazione alla semplicità, unita al suo calendario pieno zeppo di santi e semidei da venerare è cosa da prendere con la massima delicatezza.
Già perché se ascoltando i Mean Jeans mi viene voglia di ascoltare i Ramones è un conto, ma se ascoltando i Mean Jeans mi rendo conto che TANTO VALE ascoltare i Ramones, allora abbiamo un problema. Che poi per carità, io pure sto ancora rosicando che sia morto Joey e che Marky vada in giro con un suo manichino a fare tournée patetiche come un parrucchino, e a ben pensarci rosico che i Ramones non abbiano saputo quando tirare giù la saracinesca e che non abbiano saputo gestire tutta la seconda metà degli anni 80, io rosico per un botto di cose e anche io vorrei tanto svegliarmi una mattina e sapere che oggi esce Leave Home ma non è così: ma con questa cosa tocca farci PACE, non i DISCHI.
Quindi in definitiva io personalmente non sono sicuro che i Mean Jeans abbiano fatto un buon lavoro, nel senso: Are you serious è cariiiiiiino cariiiiiino, ve la farà prendere a bene e per l’estate è una mano santa ma se esce un'altra cosa loro io penserò Ah da paura i Mean Jeans me li ricordo no non me li ricordo, no, me li ricordo benissimo ma non erano loro: erano i Ramones.
Ecco perché i Mean Jeans mi hanno divertito tanto e ve li consiglierei pure.
Ascoltateveli, ascoltateveli voi, così almeno qualcuno se li ascolta, perché io, veramente: non credo che mai più.
Sentenza: 2/5
Insomma ’sti Mean Jeans sono tre manici di scopa di Portland, non ci metterei la mano sul fuoco che siano maggiorenni, ed escono per un’etichetta piccolissima e coraggiosa. Non c’è assolutamente motivo per NON dargli una chance, tanto più che il disco dura 25 minuti e io se c’è una cosa che premio a prescindere è il dono della sintesi, tanto più da quando sono diventato vecchio e impaziente (in opposizione a quando ero giovane e impaziente, ma lasciamo perdere).
I Mean Jeans, detto questo, se chiudete gli occhi – o se state camminando sotto il sole giaguaro delle quattro di pomeriggio di un fine giugno qualsiasi che non è qualsiasi ma QUESTO, che già ci stanno dicendo sarà il fine giugno dell’estate più calda da parecchio – ve li vedete, tutti e tre, con le magliette attillatissime (il batterista no, il batterista non ce l’ha, la maglietta) a suonare dentro un club scuro scuro, pieno di gente con i giacchetti di pelle e le Converse, e rigorosamente senza palco (e fin qui va bene), e magicamente sarà la musica sarà il caldo bestia sarà l’asfalto che evapora e chissà che visioni provoca, il locale si trasforma nel CBGB, è il 1976 e i tre manici di scopa in realtà sono quattro e noi sappiamo benissimo tutti i loro nomi, e anche il loro cognome che poi è la cosa più importante.
Insomma che i Mean Jeans non solo si ispirino, non solo paghino tributo ma vogliano senza troppe chiacchiere ESSERE i Ramones è chiaro come il sole di questo fine giugno tanto che proprio come questo sole di fine giugno non si può guardare.
Cosa voglio dire con questo:
Mi stanno simpatici e suscitano tenerezza i gruppi che coronano senza timore i loro anni di studio, soprattutto in ambito punk rock, ma il punk rock è un campo minato, la sua inclinazione alla semplicità, unita al suo calendario pieno zeppo di santi e semidei da venerare è cosa da prendere con la massima delicatezza.
Già perché se ascoltando i Mean Jeans mi viene voglia di ascoltare i Ramones è un conto, ma se ascoltando i Mean Jeans mi rendo conto che TANTO VALE ascoltare i Ramones, allora abbiamo un problema. Che poi per carità, io pure sto ancora rosicando che sia morto Joey e che Marky vada in giro con un suo manichino a fare tournée patetiche come un parrucchino, e a ben pensarci rosico che i Ramones non abbiano saputo quando tirare giù la saracinesca e che non abbiano saputo gestire tutta la seconda metà degli anni 80, io rosico per un botto di cose e anche io vorrei tanto svegliarmi una mattina e sapere che oggi esce Leave Home ma non è così: ma con questa cosa tocca farci PACE, non i DISCHI.
Quindi in definitiva io personalmente non sono sicuro che i Mean Jeans abbiano fatto un buon lavoro, nel senso: Are you serious è cariiiiiiino cariiiiiino, ve la farà prendere a bene e per l’estate è una mano santa ma se esce un'altra cosa loro io penserò Ah da paura i Mean Jeans me li ricordo no non me li ricordo, no, me li ricordo benissimo ma non erano loro: erano i Ramones.
Ecco perché i Mean Jeans mi hanno divertito tanto e ve li consiglierei pure.
Ascoltateveli, ascoltateveli voi, così almeno qualcuno se li ascolta, perché io, veramente: non credo che mai più.
Sentenza: 2/5