chitarre e di graduatorie - che a fine anno fanno parte dello stesso rituale della lessatura delle lenticchie o della fila al bagno -, il fatto che secondo un sondaggio di guitarworld l'assolo di Greg Ginn su Thirsty and Miserable, quello di Bryan Gregory (dei Cramps) su Garbage man, quello di Cheetah Chrome su Sonic reduced e quello di Johnny Ramone su This ain't Havana figurino tra i 100 peggiori di tutti i tempi significa una cosa sola. Che stiamo lavorando benissimo.
16 dicembre 2008
5 dicembre 2008
dice nanni
che la top five dei suoi chitarristi insostituibili (sì, sono andato in fissa con questa cosa quindi aspettatevene altre) è Johnny Ramone, Adrian Smith, Steve Van Zandt, Malcolm Young e Brett Gurewitz, il che se ci pensate bene è una cosa molto intelligente. Certo Adrian Smith mi ha fatto andare di traverso il falafel, ma tutto sommato una debolezza si può perdonare a tutti.
Fuori concorso, naturalmente, il cuoco, che però è sempre ai margini della top 5 di chiunque. Solo che ancora la gente non lo sanno.
E via una.
playlist>
Dinosaur Jr.: Water
Klasse Kriminale: Dirty punk
The Replacements: I dare you
Fuori concorso, naturalmente, il cuoco, che però è sempre ai margini della top 5 di chiunque. Solo che ancora la gente non lo sanno.
E via una.
playlist>
Dinosaur Jr.: Water
Klasse Kriminale: Dirty punk
The Replacements: I dare you
27 novembre 2008
un'apologia
Vedi Valerio, io volevo scrivere un pezzo sui cinque chitarristi più fighi del mondo di cui non sentirete mai parlare e dentro ci volevo mettere almeno Johnny Ramone e Steve Cropper, ma poi alla fine ho ritenuto urgente, credimi, urgentissimo, dover scrivere due righe due su questa faccenda degli Smiths per il semplice motivo che tu hai ragione, hai perfettamente ragione.
Ma io pure.
Vedi: io sono d’accordo con te sul fatto che mettermi ad ascoltare in maniera intensiva gli Smiths nel 2008 è una gravissima ingenuità umana prima ancora che musicale, sarebbe come mettersi a rispolverare i Doors, e dico i Doors non a caso – nonostante stai sereno, piuttosto che ascoltare i Doors sarei in grado di mangiare immondizia, e perdipiù senza lavarmi le mani prima, per acchiappare ancora più malattie.
Capisco bene, Valerio, che negli Smiths inquadri i capostipiti di tutta una serie di prese a male che ti sono state sul culo per anni e che tuttora continuano a rompere i coglioni con le loro cravatte dritte e l’aria di non divertirsi mai (e le righe, le onnipresenti righe che posso perdonare SOLO a G. G. Hey) e pensi che se non fosse stato per loro probabilmente avremmo avuto meno gente suicidal chic in giro, cosa opinabile tra l’altro perché le prese a male sono in scorta infinita, nelle mani del destino. Però per esempio, come io vedo nei Doors quello che tu vedi negli Smiths, la responsabilità e la COLPA eterna dei gesti dei loro figli e figliocci, va fatto un distinguo. Del resto ci sono mille e mille gruppi che sono odiati per il loro pubblico, ma non tutti se lo sono meritato, dopotutto.
Eh sì tu hai ragione ma anche io, come dicevamo, perché io negli Smiths ci vedo talento e tante cose valide, a differenza dei Doors che non sapevano suonare particolarmente bene cose non particolarmente originali per un pubblico non particolarmente accorto che beveva praticamente qualsiasi cosa dicesse loro un leader non particolarmente capace ma dotato di un carisma innegabile anche se basato su basi non particolarmente autentiche. Insomma ci siamo capiti, la truffa del secolo, altro che Sex Pistols.
E va bene, sempre a proposito di leader è chiaro e facile identificare un gruppo con il suo cantante, ed è fin troppo immediato ricordare che Morrissey non è l’uomo più simpatico del mondo, con le sue pose da poeta decadente (curiosa analogia, once again) e la sua aria saccente ci mette zero a finire sul cazzo a punk come noi, e se dobbiamo dirla tutta basta anche solo il fatto che lui voleva ballarci sulla tomba, del punk, quindi figuriamoci.
Però mettiti nei miei panni e pensa a un gruppo che ha due motori eccezionali: uno è una specie di crooner post-Sinatriano, imbevuto di letteratura e dai guizzi feroci e geniali come solo un inglese gay colto snob e depresso può avere, che ha fatto quattro dischi senza uno straccio di linea vocale riconoscibile, pare che faccia i cazzi suoi e canti da solo come ubriaco e depresso e gay colto e snob al tavolino del pubbetto – se vogliamo non posso non sentirmi immedesimato in questa figura (tranne la parte inglese). L’altro è (e la parte gay, ovviamente) uno dei chitarristi che a ben pensarci volevo pure infilare nella top 5 di cui sopra, uno che ha preso il punk e ha detto Vabbé, non ne facciamo una sola questione di suono: vediamo se riusciamo a dire le stesse cose con parole diverse, per poi scoprire che c’era un lato nascosto del disagio e dell’incazzatura, e io tu sai benissimo che vado in brodo di giuggiole, Valerio, quando qualcuno cerca di CAPIRE e poi rimontare tutto: cioè, davvero, se riesci a costruirmi una moto da cross rimontando un tavolino dell’Ikea io ti stimerò per il resto della mia vita, e al di là delle pippe sul postmodernismo, sulla neutralizzazione del mezzo attraverso il riaccostamento e blah blah, io con queste premesse non potevo almeno non dare una possibilità a questi puzzasottoilnaso - senza contare che davvero senza Johnny Marr niente The Edge (anche se sono coevi, ma io comunque sono sicuro che mmm...) e senza The Edge cane è TRISTISSIMO, e devo assolutamente ricordarmi di metterlo in cima alla top 5 anche se non penso proprio che me lo dimentico.
Ma io pure.
Vedi: io sono d’accordo con te sul fatto che mettermi ad ascoltare in maniera intensiva gli Smiths nel 2008 è una gravissima ingenuità umana prima ancora che musicale, sarebbe come mettersi a rispolverare i Doors, e dico i Doors non a caso – nonostante stai sereno, piuttosto che ascoltare i Doors sarei in grado di mangiare immondizia, e perdipiù senza lavarmi le mani prima, per acchiappare ancora più malattie.
Capisco bene, Valerio, che negli Smiths inquadri i capostipiti di tutta una serie di prese a male che ti sono state sul culo per anni e che tuttora continuano a rompere i coglioni con le loro cravatte dritte e l’aria di non divertirsi mai (e le righe, le onnipresenti righe che posso perdonare SOLO a G. G. Hey) e pensi che se non fosse stato per loro probabilmente avremmo avuto meno gente suicidal chic in giro, cosa opinabile tra l’altro perché le prese a male sono in scorta infinita, nelle mani del destino. Però per esempio, come io vedo nei Doors quello che tu vedi negli Smiths, la responsabilità e la COLPA eterna dei gesti dei loro figli e figliocci, va fatto un distinguo. Del resto ci sono mille e mille gruppi che sono odiati per il loro pubblico, ma non tutti se lo sono meritato, dopotutto.
Eh sì tu hai ragione ma anche io, come dicevamo, perché io negli Smiths ci vedo talento e tante cose valide, a differenza dei Doors che non sapevano suonare particolarmente bene cose non particolarmente originali per un pubblico non particolarmente accorto che beveva praticamente qualsiasi cosa dicesse loro un leader non particolarmente capace ma dotato di un carisma innegabile anche se basato su basi non particolarmente autentiche. Insomma ci siamo capiti, la truffa del secolo, altro che Sex Pistols.
E va bene, sempre a proposito di leader è chiaro e facile identificare un gruppo con il suo cantante, ed è fin troppo immediato ricordare che Morrissey non è l’uomo più simpatico del mondo, con le sue pose da poeta decadente (curiosa analogia, once again) e la sua aria saccente ci mette zero a finire sul cazzo a punk come noi, e se dobbiamo dirla tutta basta anche solo il fatto che lui voleva ballarci sulla tomba, del punk, quindi figuriamoci.
Però mettiti nei miei panni e pensa a un gruppo che ha due motori eccezionali: uno è una specie di crooner post-Sinatriano, imbevuto di letteratura e dai guizzi feroci e geniali come solo un inglese gay colto snob e depresso può avere, che ha fatto quattro dischi senza uno straccio di linea vocale riconoscibile, pare che faccia i cazzi suoi e canti da solo come ubriaco e depresso e gay colto e snob al tavolino del pubbetto – se vogliamo non posso non sentirmi immedesimato in questa figura (tranne la parte inglese). L’altro è (e la parte gay, ovviamente) uno dei chitarristi che a ben pensarci volevo pure infilare nella top 5 di cui sopra, uno che ha preso il punk e ha detto Vabbé, non ne facciamo una sola questione di suono: vediamo se riusciamo a dire le stesse cose con parole diverse, per poi scoprire che c’era un lato nascosto del disagio e dell’incazzatura, e io tu sai benissimo che vado in brodo di giuggiole, Valerio, quando qualcuno cerca di CAPIRE e poi rimontare tutto: cioè, davvero, se riesci a costruirmi una moto da cross rimontando un tavolino dell’Ikea io ti stimerò per il resto della mia vita, e al di là delle pippe sul postmodernismo, sulla neutralizzazione del mezzo attraverso il riaccostamento e blah blah, io con queste premesse non potevo almeno non dare una possibilità a questi puzzasottoilnaso - senza contare che davvero senza Johnny Marr niente The Edge (anche se sono coevi, ma io comunque sono sicuro che mmm...) e senza The Edge cane è TRISTISSIMO, e devo assolutamente ricordarmi di metterlo in cima alla top 5 anche se non penso proprio che me lo dimentico.
23 novembre 2008
Luciano Bianciardi: La vita agra
gione la prefazione anche se non mi ricordo di chi è mi sa
Corsicato ma mi potrei sbagliare adesso non ho il libro sottomano perché
ho dovuto pensarci ho preferito evitare di scrivere a caldo perché per
un libro del genere era troppo facile gridare al capolavoro subito è
meglio gridare al capolavoro con calma tanto bianciardi è morto e il
libro non scappa da nessuna parte quindi direi che fretta non ne a
ssa sensazione di quando in pieno doposbronza vieni svegliato da un
clacson che ha bisogno di uscire da un parcheggio dove è stato
intrappolato avete presente lo stesso strizzare le palpebre e pensare
Perché non sono nato nel 700 quando certamente potevo morire di
meningite uscendo per strada ma i clacson non c'erano e probabilmente
anche la birra era meglio e questo doposbronza non l'avrei mai avuto
ecco è la stessa cosa dove il doposbronza sta a simboleggiare prezzo da
pagare per la moderna civiltà consumista e disponibile e il clacson sta a
simboleggiare quanto è più stronza la gente quado non sei proprio in
grado di sosten
uttosto sicuro che buona parte della letteratura
italiana se mai ne possiamo parlare è postbianciardiana anche perché
l'italia stessa a essere un minimo acuti è postbianciardiana è come
gianni livore stessa cosa è l'intera italia che pensa Ma tutta sta roba
che c'abbiamo per le mani che è stata resa indispensabile mo' che ce
famo come la manteniamo poi per forza ci sono gli estremisti e gli
alcolisti e il punk quello vero con le maniche lunghe anche d'estate e
poi morto prima dei 90 è come giocare a cambiali gira gira cro
rme malumore ma i tono grazie al cielo smorzati e per niente epici io
vado in fissa per queste cose quando non c'è uno straccio di redenzione e
non c'è uno straccio di santità in tutto questo c'è solo il rodimento
di culo a denti stretti c'è solo il dover fare i conti e le coperte
troppo corte e non sapere a chi dare i resti ha voglia bianciardi a
parlare del superamento del neorealismo per arrivare al realismo ancora
una volta va bene ma che ce famo tocca essere capitombolati almeno una
volta dalla torre d'avorio ecco perché non possiamo non essere
bianciardiani e tutto sommato ecco perché non posso non pensare che sto
lavorando be
al volo:
La vita agra,
libri,
Luciano Bianciardi,
schiena aperta
13 novembre 2008
ammazza che anno infame
Arthur C. Clarke, Neil Aspinall, Danny Federici, Sydney Pollack, Bo Diddley, Dino Risi, George Carlin, Isaac Hayes, Jerry Wexler, David Foster Wallace, Richard Wright (ma sì, pure lui), Mauricio Kagel, Paul Newman, Yma Sumac, Jimmy Carl Black, Miriam Makeba, e mo' pure Mitch Mitchell.
...Ma che è?
Playlist>
Billy Bragg: Accident waiting to happen
Giovanni Pierluigi da Palestrina: Messa Viri Galilei, Sanctus
Blind Lemon Jefferson: Corrina blues
...Ma che è?
Playlist>
Billy Bragg: Accident waiting to happen
Giovanni Pierluigi da Palestrina: Messa Viri Galilei, Sanctus
Blind Lemon Jefferson: Corrina blues
al volo:
2008,
anni,
Mitch Mitchell,
peana,
vedo la gente morta
12 novembre 2008
"Una frase, un rigo appena"
ste sono proprio le cose di einaudi che non sopporto cioè non puoi
pubblicare Franzen e Albertino devi deciderti ho capito che da quando è
arrivato il nano non si capisce più un cazzo ma perdio non l'ho capito
proprio il senso di pubblicare questo libro che dal titolo sembrerebbe
una cosa interessante e poi proprio non lo è sembra il grande fratello
che dalle premesse poteva quasi essere un esperimento interessante
qualcosa che potesse dare uno spunto di riflessione un paradigma della
convivenza forzata che è la società contemporanea e invece visto che c'è
di mezzo il nano arieccolo si tratta di sempre de scopa' e quindi
l'esperimento fallisce anzi nemmeno parte scusate anzi se ci ho pensato
questo libro stessa cosa perché a questo punto non premiare le
barzellette più carine o le freddure più simpatiche o fare direttamente
un dizionario delle citazioni invece di andare a intralciare la mia
ricerca tra le gloriose coste azzurro sbiadito che adesso nemmeno sono
più tali perché ormai sto diventando grande e le gioie sempre di meno
sempre di m
al volo:
albertino,
berlusconi,
busta,
che cazzo,
Einaudi,
libri,
Una frase un rigo appena
11 novembre 2008
Proprio come il Gibbons
Quindi se non altro, tutto questo ci insegna una cosa, e sarebbe a dire che non ci si può VERAMENTE fidare di nessuno. E, se vogliamo per forza leggerci qualcos’altro, che probabilmente il povero cane porta sfiga, perché se è stato in grado di sbrodolarsi per due persone DUE su questo blog che normalmente è una sassaiola, ecco prontamente che queste due persone DUE iniziano a deludere come un candeggio sbagliato.
Che poi, se vogliamo, la puzza di qualcosa di storto già si poteva sentire da lontano, perché sarà che sono schizzinoso, che c’ho i miei pregiudizi (gelosamente custoditi in una teca di vetro e guai chi me li tocca), ma a me mica m’era andata giù questa cosa di iniziare a spingere il disco nuovo su Myspace tipo tre mesi prima dell’uscita, e questo non in senso assoluto, ma data la caratura di questi due personaggi. Cioè: posso capire se sei gli Avenged Sevenfold e devi farti strada a gomitate tra la memoria cortissima delle tue fan che essendo tredicenni hanno ancora l’attention span di un infante, o posso capire anche se sei i REM e per recuperare le mastodontiche spese di QUALSIASI cosa tu faccia devi iniziare a spingere forte OVUNQUE – Myspace, radio, Chi l’ha visto.
Ma che succede quando sono due eroi dell’indie a immischiarsi in queste manfrine? Presagio di guai, ve lo dice cane. Ma attenzione, perché come al solito occorre fare un distinguo: qua non stiamo parlando di pischelletti tipo gli esasperanti Arctic Monkeys (l’unico gruppo non brutal che mi fa letteralmente comprimere la cassa toracica), che sulla promozione attraverso internet hanno trovato (l’unica?) ragione del loro successo, ma di due eroi del fare le cose per bene e con calma.
Per intenderci, una ha iniziato facendo la cantastorie itinerante con la chitarra a spalla nella perfetta tradizione hobo che piace tanto agli ammeregani illuminati e facendosi le cassette collo stereo a casa; l’altro manco c’ha la chitarra perché sta in fissa co’ Billy Joel e Joe Jackson: ho capito che è tutto un altro sistema produttivo, ma seguitemi, perché qua non stiamo parlando di budget, ma perdio: del fascino discreto della DISCREZIONE.
Ani DiFranco e Ben Folds sono due tra i songwriter che ho ascoltato di più ultimamente, e che più ho apprezzato. Lei, fiera e cazzuta guerrigliera dell’onestà morale e intellettuale, prova vivente che le major se ne possono anche andare affanculo quando l’alternativa è il rimboccarsi le maniche; lui, uno che sa ancora scrivere al pianoforte cose che non si trasformino in christmas carols (vero, Chris Martin?), intelligente, acuto e mammamia, ESTREMAMENTE raffinato nonostante le parolacce, che fa ridere sentirle cantare da uno dietro a un pianoforte: di solito cose del genere succedono quando c’hai una chitarra in mano e scambiandola per il pisello ti senti un attimo onnipotente.
Nel 2008, questi due figuri mettono fuori un disco a testa: io vado in fissa. Lei, un disco che si chiama Red Letter Year, lui uno che si chiama Back To Normal (dopo – tra l’altro – aver fatto nientemeno che una reunion dei Ben Folds Five proprio PER myspace, poi dice che non dovevo voltargli le spalle prima che fosse troppo tardi). Li ascolto: delusione. Ci sono sicuramente pezzi carini e meno carini, entrambi non brillano e non sono destinati a diventare pietre miliari della loro discografia. Ma che c’entra: non tutti i dischi sono memorabili e non tutti i pezzi escono come meccanismi perfetti. C’è dell’altro.
Entrambi questi dischi hanno una caratteristica comune, che quindi non risiedendo tanto nella scrittura o nel concetto, sta nell’atteggiamento. Sì, voi lo sapete benissimo come ragiono, e sapete altrettanto bene che io metto in conto ANCHE e ALLA PARI il tipo di attitudine che un disco o i suoi creatori hanno nel mettermelo in mano: siamo nel 2008, ormai ci sono più rockstar che postini in giro, quindi occhio agli accordi e statemi dietro.
Ci può stare – ci mancherebbe, anzi: è necessario – che un artista che ci tiene un attimo alla propria credibilità o ad evitare quantomeno una stagnazione dovrebbe muoversi in avanti (a meno che non parliamo dei Motorhead o degli AC/DC, e in quel caso viva la reazione) e provare terreni nuovi. Questo nel caso di Ani è stato più frequente e più evidente, dato che di fasi ne ha attraversate, dalla cantantessa combattiva degli inizi all’introspezione e alla sperimentazione con sonorità più raffinate alla gran cagata di To the teeth (e quindi già un precedente deludente ce l’avevamo) allo scandaglio emotivo e minimalista iniziato su Revelling: Reckoning e finito – ahimé – con Reprieve.
Ben Folds è sempre stato invece più assestato sulle sue posizioni, tanto da avere un approccio quasi punk alla scrittura: ha giocato e flirtato di meno con le novità e quindi ha prestato meno il fianco anche a possibili fallimenti, almeno finora, quando il voler mettere in mezzo l’elettronica o questa wave che piace tanto alle nuove generazioni (le stesse generazioni che non sanno niente, votano male, si fanno esplodere su youtube: io un paio di conti me li farei) ha dato come l’impressione (e chiudiamo il cerchio qui) di aver voluto fare il passo più lungo della gamba, o, in una parola: si sono fatti cogliere IMPREPARATI da quello che loro stessi volevano fare.
Ecco il mio coniglio dal cappello. Il problema non è artistico, non è creativo, non è legato all’ispirazione, il problema è BIOGRAFICO. Che voglio dire? Arriva.
Prendete un gruppo qualsiasi di quelli che hanno fatto la storia del rock. I Rolling Stones, gli Who, i Kinks, i Beatles superstiti, i Black Sabbath ma anche i vari Clapton, Page e Plant e compagnia bella – ma mettiamoci pure dentro i Pink Floyd, mi voglio rovinare, o perfino Zappa. Hanno scritto pagine insostituibili della storia del musica, del costume, della cultura popolare blah blah. Nei 60’s sono nati, nei 70’s sono cresciuti (quasi tutti), negli 80’s si sono rincoglioniti. E fin qui ci siamo, ma non dobbiamo puntare il dito esclusivamente nei confronti degli anni 80 nell’individuare la causa principale della MORTE di un certo tipo di rock’n roll. Se così fosse dovremmo anche dimenticare che negli anni 80 abbiamo avuto il punk, la wave buona, l’hardcore, insomma non solo merda. E allora il problema deve stare altrove.
Pensiamoci bene, tutti questi gruppi formati da baby-boomers (gente nata nel secondo dopoguerra, per intenderci) negli anni 80 si avvicinano a – o superano – la soglia dei 40. Guardano alla loro giovinezza come un evento passato, il corpo comincia a mostare i primi segni di affaticamento, ma soprattutto, dopo vent’anni venti dall’inizio della loro carriera, la musica intorno a loro è completamente cambiata: nuove formule, nuove sonorità, nuovi modi di avvicinarsi al pubblico, nuovo tutto. E allora vai con la crisi. Del resto è abbastanza frequente che laddove finisce la fisicità dei 20 e la sicurezza dei 30, iniziano i danni. Aoh, non sono certo io che mi sono inventato la crisi di mezza età, e se è vero che per un cristo qualunque può iniziare intorno ai 50, figuriamoci per una rockstar: quindi laddove a un Pete Townshend sicuramente non sono le macchine nuove o le mignotte che gli sono mai mancate, cosa può portare una ventata di freschezza nella stantia vita di un quarantenne? Ma è semplice, un disco che suona NUOVO, fresco, che rimetta al passo coi tempi. Ed ecco le grandi cagate degli anni 80.
Oggi, Ani DiFranco ha 38 anni, Ben Folds 42. Non stanno in giro proprio da vent’anni, ma è anche vero che l’accelerazione di informazioni, l’indigestione di novità e di avvicendamenti degli ultimi due decenni (i 90 e gli anni 2000 che ve lo ricorderei, signori, stanno già finendo), hanno bruciato un po’ di tappe e schiacciato un po’ di tempi. E voilà il trucco: Way to normal e Red letter year sono due dischi che suonano sinistramente GIOVANILI, due dischi liftati nei suoni e nelle soluzioni, che vogliono fare dichiaratamente i conti con troppe cose e troppo in fretta e alla fine assomigliano più al carrello della spesa di uno che non ha mai messo piede in un ipermercato (avete presente: whisky, uova, nutella, salsa di soia e filetti di merluzzo, non una cosa che serva a mettere in piedi una cena).
In questo senso, a questi due poveri cristi non gliene posso fare una colpa: ormai sono dei punti di riferimento di un certo tipo di showbusiness, tutti gli vogliono bene e possono anche iniziare a scialare un po’ di occasioni, senza dimenticare il fatto che appunto (vabbé che Ani come dicevamo aveva già dato): un disco completamente fuori dalla realtà più o meno lo fanno tutti a un certo momento (tranne Tom Waits, che magari l’ha anche fatto, ma noi non ce ne siamo accorti), e a noi non rimane altro che aspettare i tempi della maturità che – se dobbiamo leggere nella parabola dei baby boomers un altro presagio – arriverà, prima o poi arriverà, ma con tutta probabilità non in questo scorcio di fine decennio.
Invece sapete qual è un disco veramente bello? Quello dei Calexico. Quello dei BellRays invece no, ma per altri motivi che però adesso non fa niente, magari un’altra volta.
Che poi, se vogliamo, la puzza di qualcosa di storto già si poteva sentire da lontano, perché sarà che sono schizzinoso, che c’ho i miei pregiudizi (gelosamente custoditi in una teca di vetro e guai chi me li tocca), ma a me mica m’era andata giù questa cosa di iniziare a spingere il disco nuovo su Myspace tipo tre mesi prima dell’uscita, e questo non in senso assoluto, ma data la caratura di questi due personaggi. Cioè: posso capire se sei gli Avenged Sevenfold e devi farti strada a gomitate tra la memoria cortissima delle tue fan che essendo tredicenni hanno ancora l’attention span di un infante, o posso capire anche se sei i REM e per recuperare le mastodontiche spese di QUALSIASI cosa tu faccia devi iniziare a spingere forte OVUNQUE – Myspace, radio, Chi l’ha visto.
Ma che succede quando sono due eroi dell’indie a immischiarsi in queste manfrine? Presagio di guai, ve lo dice cane. Ma attenzione, perché come al solito occorre fare un distinguo: qua non stiamo parlando di pischelletti tipo gli esasperanti Arctic Monkeys (l’unico gruppo non brutal che mi fa letteralmente comprimere la cassa toracica), che sulla promozione attraverso internet hanno trovato (l’unica?) ragione del loro successo, ma di due eroi del fare le cose per bene e con calma.
Per intenderci, una ha iniziato facendo la cantastorie itinerante con la chitarra a spalla nella perfetta tradizione hobo che piace tanto agli ammeregani illuminati e facendosi le cassette collo stereo a casa; l’altro manco c’ha la chitarra perché sta in fissa co’ Billy Joel e Joe Jackson: ho capito che è tutto un altro sistema produttivo, ma seguitemi, perché qua non stiamo parlando di budget, ma perdio: del fascino discreto della DISCREZIONE.
Ani DiFranco e Ben Folds sono due tra i songwriter che ho ascoltato di più ultimamente, e che più ho apprezzato. Lei, fiera e cazzuta guerrigliera dell’onestà morale e intellettuale, prova vivente che le major se ne possono anche andare affanculo quando l’alternativa è il rimboccarsi le maniche; lui, uno che sa ancora scrivere al pianoforte cose che non si trasformino in christmas carols (vero, Chris Martin?), intelligente, acuto e mammamia, ESTREMAMENTE raffinato nonostante le parolacce, che fa ridere sentirle cantare da uno dietro a un pianoforte: di solito cose del genere succedono quando c’hai una chitarra in mano e scambiandola per il pisello ti senti un attimo onnipotente.
Nel 2008, questi due figuri mettono fuori un disco a testa: io vado in fissa. Lei, un disco che si chiama Red Letter Year, lui uno che si chiama Back To Normal (dopo – tra l’altro – aver fatto nientemeno che una reunion dei Ben Folds Five proprio PER myspace, poi dice che non dovevo voltargli le spalle prima che fosse troppo tardi). Li ascolto: delusione. Ci sono sicuramente pezzi carini e meno carini, entrambi non brillano e non sono destinati a diventare pietre miliari della loro discografia. Ma che c’entra: non tutti i dischi sono memorabili e non tutti i pezzi escono come meccanismi perfetti. C’è dell’altro.
Entrambi questi dischi hanno una caratteristica comune, che quindi non risiedendo tanto nella scrittura o nel concetto, sta nell’atteggiamento. Sì, voi lo sapete benissimo come ragiono, e sapete altrettanto bene che io metto in conto ANCHE e ALLA PARI il tipo di attitudine che un disco o i suoi creatori hanno nel mettermelo in mano: siamo nel 2008, ormai ci sono più rockstar che postini in giro, quindi occhio agli accordi e statemi dietro.
Ci può stare – ci mancherebbe, anzi: è necessario – che un artista che ci tiene un attimo alla propria credibilità o ad evitare quantomeno una stagnazione dovrebbe muoversi in avanti (a meno che non parliamo dei Motorhead o degli AC/DC, e in quel caso viva la reazione) e provare terreni nuovi. Questo nel caso di Ani è stato più frequente e più evidente, dato che di fasi ne ha attraversate, dalla cantantessa combattiva degli inizi all’introspezione e alla sperimentazione con sonorità più raffinate alla gran cagata di To the teeth (e quindi già un precedente deludente ce l’avevamo) allo scandaglio emotivo e minimalista iniziato su Revelling: Reckoning e finito – ahimé – con Reprieve.
Ben Folds è sempre stato invece più assestato sulle sue posizioni, tanto da avere un approccio quasi punk alla scrittura: ha giocato e flirtato di meno con le novità e quindi ha prestato meno il fianco anche a possibili fallimenti, almeno finora, quando il voler mettere in mezzo l’elettronica o questa wave che piace tanto alle nuove generazioni (le stesse generazioni che non sanno niente, votano male, si fanno esplodere su youtube: io un paio di conti me li farei) ha dato come l’impressione (e chiudiamo il cerchio qui) di aver voluto fare il passo più lungo della gamba, o, in una parola: si sono fatti cogliere IMPREPARATI da quello che loro stessi volevano fare.
Ecco il mio coniglio dal cappello. Il problema non è artistico, non è creativo, non è legato all’ispirazione, il problema è BIOGRAFICO. Che voglio dire? Arriva.
Prendete un gruppo qualsiasi di quelli che hanno fatto la storia del rock. I Rolling Stones, gli Who, i Kinks, i Beatles superstiti, i Black Sabbath ma anche i vari Clapton, Page e Plant e compagnia bella – ma mettiamoci pure dentro i Pink Floyd, mi voglio rovinare, o perfino Zappa. Hanno scritto pagine insostituibili della storia del musica, del costume, della cultura popolare blah blah. Nei 60’s sono nati, nei 70’s sono cresciuti (quasi tutti), negli 80’s si sono rincoglioniti. E fin qui ci siamo, ma non dobbiamo puntare il dito esclusivamente nei confronti degli anni 80 nell’individuare la causa principale della MORTE di un certo tipo di rock’n roll. Se così fosse dovremmo anche dimenticare che negli anni 80 abbiamo avuto il punk, la wave buona, l’hardcore, insomma non solo merda. E allora il problema deve stare altrove.
Pensiamoci bene, tutti questi gruppi formati da baby-boomers (gente nata nel secondo dopoguerra, per intenderci) negli anni 80 si avvicinano a – o superano – la soglia dei 40. Guardano alla loro giovinezza come un evento passato, il corpo comincia a mostare i primi segni di affaticamento, ma soprattutto, dopo vent’anni venti dall’inizio della loro carriera, la musica intorno a loro è completamente cambiata: nuove formule, nuove sonorità, nuovi modi di avvicinarsi al pubblico, nuovo tutto. E allora vai con la crisi. Del resto è abbastanza frequente che laddove finisce la fisicità dei 20 e la sicurezza dei 30, iniziano i danni. Aoh, non sono certo io che mi sono inventato la crisi di mezza età, e se è vero che per un cristo qualunque può iniziare intorno ai 50, figuriamoci per una rockstar: quindi laddove a un Pete Townshend sicuramente non sono le macchine nuove o le mignotte che gli sono mai mancate, cosa può portare una ventata di freschezza nella stantia vita di un quarantenne? Ma è semplice, un disco che suona NUOVO, fresco, che rimetta al passo coi tempi. Ed ecco le grandi cagate degli anni 80.
Oggi, Ani DiFranco ha 38 anni, Ben Folds 42. Non stanno in giro proprio da vent’anni, ma è anche vero che l’accelerazione di informazioni, l’indigestione di novità e di avvicendamenti degli ultimi due decenni (i 90 e gli anni 2000 che ve lo ricorderei, signori, stanno già finendo), hanno bruciato un po’ di tappe e schiacciato un po’ di tempi. E voilà il trucco: Way to normal e Red letter year sono due dischi che suonano sinistramente GIOVANILI, due dischi liftati nei suoni e nelle soluzioni, che vogliono fare dichiaratamente i conti con troppe cose e troppo in fretta e alla fine assomigliano più al carrello della spesa di uno che non ha mai messo piede in un ipermercato (avete presente: whisky, uova, nutella, salsa di soia e filetti di merluzzo, non una cosa che serva a mettere in piedi una cena).
In questo senso, a questi due poveri cristi non gliene posso fare una colpa: ormai sono dei punti di riferimento di un certo tipo di showbusiness, tutti gli vogliono bene e possono anche iniziare a scialare un po’ di occasioni, senza dimenticare il fatto che appunto (vabbé che Ani come dicevamo aveva già dato): un disco completamente fuori dalla realtà più o meno lo fanno tutti a un certo momento (tranne Tom Waits, che magari l’ha anche fatto, ma noi non ce ne siamo accorti), e a noi non rimane altro che aspettare i tempi della maturità che – se dobbiamo leggere nella parabola dei baby boomers un altro presagio – arriverà, prima o poi arriverà, ma con tutta probabilità non in questo scorcio di fine decennio.
Invece sapete qual è un disco veramente bello? Quello dei Calexico. Quello dei BellRays invece no, ma per altri motivi che però adesso non fa niente, magari un’altra volta.
PLAYLIST>
Ramones: Blitzkrieg bop
Stevie Wonder: He's misstra know it all
Bob Dylan & The Band: Yazoo street scandal
The Rolling Stones: Yesterday’s papers
Mudhoney: Inside out over you
Billie Holiday: Until the real thing comes along
Reigning Sound: So easy
Sham 69: I gotta survive
Tom Waits: Big in Japan
Skip James: Hard time killin’ floor blues
Social Distortion: Live before you die
Anti You: Fucked once
Nancy Sinatra: These boots are made for walkin’
Gil Scott-Heron: The train from Washington
Eddie Floyd: Blood is thicker than water
Calexico: Falling from sleeves
Big Bill Broonzy: Joe Turner blues no. 2 (blues of 1890)
D.O.A.: The enemy
al volo:
anche no,
Ani DiFranco,
Ben Folds,
musica,
Red letter year,
Way to normal
8 ottobre 2008
tutto qui?
Sandro Veronesi: Gli sfiorati
Mondadori 2001
l'ho letto, l'ho finito di leggere, gli sfiorati. mi ha ricordato
dürrenmatt. no, no, calma, precisiamo: mi ha ricordato l'esperienza che
ho avuto con dürrenmatt, nel senso che mi avevano detto che faceva
ridere e invece non fa ridere. veronesi qualcuno mi aveva detto - o io
avevo intuito - che era cattivo, e invece non è cattivo per niente.
peccato, perchè me l'ero creduta bene bene.
veronesi è buonissimo, pulito, disegna delle traiettorie niitide, che sai dove vanno a parare perchè naturalmente ha provveduto anche a pulire l'aria con qualche filtro, prima. allora stai col naso per aria a guardare tutte queste scie che si intrecciano, ma solo apparentemente, perchè ognuna ha il suo bravo colore distinto, come le frecce tricolori in una mattinata tersa di gennaio. e lo vedi, che fa veronesi, su di me? mi fa scrivere cose come "tersa", potrei iniziare a odiarlo sul serio.
mète è il ragazzino genio e regolatezza che popola bene o male tutti i "romanzi" (raffaele la capria ha ragione) italiani: profondo, disponibile, estremamente sensibile, un ribollente padellone di buon senso e buone qualità. le ragazze gli vanno dietro, cadono letteramente ai suoi piedi, lui tenta di trovare in loro qualche sollievo, ma sono tutte delle stronze cattivone che mettono in luce il suo lato peggiore, e il santone non vuole. è un vincente, anche nella rinuncia, che affronta con fronte di james dean, con mascella di marlon brando, girovagando per una roma appena uscita viva dagli anni '80, gli anni '80 di chicco della terza c, gli anni '80 di enzo braschi paninaro, e delle care e vecchie emozioni nazional-popolari vomitate da una televisione nazional-popolare. e tutto, bene o male, intorno a lui, ha questa patina di candore al pvc: belinda è la ragazza di cui si innamora in maniera totale, come solo a sedici anni; bruno il migliore amico che tutti ci caghiamo addosso di perdere, sempre a sedici anni.
già, perchè c'è puzza di pubertà, in questo romanzo, puzza di quella pubertà mistificata e rovinata da gente come de carlo, come brizzi. la pubertà puberale, assoluta, fatta di innocenza e sensazione di unicità.
mète si innamora di belinda. fin qui... belinda è la sua sorellastra, per inserire nel racconto un elemento morale da dibattere per trecento e passa pagine, fino alla biscottata finale. mète crede e ci fa credere per tutto il libro che nessuno è mai stato innamorato come lui, che nessuna è bella come belinda, che nessuno è sfortunato come lui. come a sedici anni, di nuovo: uguale. anch'io mi sono innamorato, a sedici anni, e forse in quel momento, spinto da ormoni e respinto da respinte, in queste due forze uguali e contrarie ho cominciato a scrivere. veronesi è andato avanti, a quanto pare, ma si è tenuto dentro questo romanzo di sfogo in cui alla fine l'ha vinta, e come un eroe di de carlo, nonostante questo viene assunto a un livello morale ben superiore di questo: mète diventa saggio, diventa un demiurgo che dall'alto della chiavarella con sua sorellastra, può permettersi di essere punto di riferimento.
tutto questo in una geografia pulitissima, di nuovo: in cui ogni elemento è perfettamente funzionale alla narrazione (il gatto malato, damiano, il malocchio, la puttana strabica, la grafologia, vero tormento di tutto il libro, le filippine), e come quando cade una fetta di pane con la nutella, sappiamo già come e dove cadrà (sul tappeto buono o sulla maglietta bianca, dalla parte della nutella). come in una serie di fiction, ogni personaggio ha il suo posto, e arriva puntuale il momento in cui il narratore si chiede con noi "ma dove avevamo lasciato xxx?" ed ecco che xxx o yyy spuntano, a fornire a mète altri elementi di catarsi morale e spirituale per poter poi diventare robinson crusoe.
veronesi è buonissimo, pulito, disegna delle traiettorie niitide, che sai dove vanno a parare perchè naturalmente ha provveduto anche a pulire l'aria con qualche filtro, prima. allora stai col naso per aria a guardare tutte queste scie che si intrecciano, ma solo apparentemente, perchè ognuna ha il suo bravo colore distinto, come le frecce tricolori in una mattinata tersa di gennaio. e lo vedi, che fa veronesi, su di me? mi fa scrivere cose come "tersa", potrei iniziare a odiarlo sul serio.
mète è il ragazzino genio e regolatezza che popola bene o male tutti i "romanzi" (raffaele la capria ha ragione) italiani: profondo, disponibile, estremamente sensibile, un ribollente padellone di buon senso e buone qualità. le ragazze gli vanno dietro, cadono letteramente ai suoi piedi, lui tenta di trovare in loro qualche sollievo, ma sono tutte delle stronze cattivone che mettono in luce il suo lato peggiore, e il santone non vuole. è un vincente, anche nella rinuncia, che affronta con fronte di james dean, con mascella di marlon brando, girovagando per una roma appena uscita viva dagli anni '80, gli anni '80 di chicco della terza c, gli anni '80 di enzo braschi paninaro, e delle care e vecchie emozioni nazional-popolari vomitate da una televisione nazional-popolare. e tutto, bene o male, intorno a lui, ha questa patina di candore al pvc: belinda è la ragazza di cui si innamora in maniera totale, come solo a sedici anni; bruno il migliore amico che tutti ci caghiamo addosso di perdere, sempre a sedici anni.
già, perchè c'è puzza di pubertà, in questo romanzo, puzza di quella pubertà mistificata e rovinata da gente come de carlo, come brizzi. la pubertà puberale, assoluta, fatta di innocenza e sensazione di unicità.
mète si innamora di belinda. fin qui... belinda è la sua sorellastra, per inserire nel racconto un elemento morale da dibattere per trecento e passa pagine, fino alla biscottata finale. mète crede e ci fa credere per tutto il libro che nessuno è mai stato innamorato come lui, che nessuna è bella come belinda, che nessuno è sfortunato come lui. come a sedici anni, di nuovo: uguale. anch'io mi sono innamorato, a sedici anni, e forse in quel momento, spinto da ormoni e respinto da respinte, in queste due forze uguali e contrarie ho cominciato a scrivere. veronesi è andato avanti, a quanto pare, ma si è tenuto dentro questo romanzo di sfogo in cui alla fine l'ha vinta, e come un eroe di de carlo, nonostante questo viene assunto a un livello morale ben superiore di questo: mète diventa saggio, diventa un demiurgo che dall'alto della chiavarella con sua sorellastra, può permettersi di essere punto di riferimento.
tutto questo in una geografia pulitissima, di nuovo: in cui ogni elemento è perfettamente funzionale alla narrazione (il gatto malato, damiano, il malocchio, la puttana strabica, la grafologia, vero tormento di tutto il libro, le filippine), e come quando cade una fetta di pane con la nutella, sappiamo già come e dove cadrà (sul tappeto buono o sulla maglietta bianca, dalla parte della nutella). come in una serie di fiction, ogni personaggio ha il suo posto, e arriva puntuale il momento in cui il narratore si chiede con noi "ma dove avevamo lasciato xxx?" ed ecco che xxx o yyy spuntano, a fornire a mète altri elementi di catarsi morale e spirituale per poter poi diventare robinson crusoe.
eppure, nonostante questo, ho letto questo libro in meno di una
settimana, restando sveglio per arrivare alla fine del capoverso del
paragrafo del capitolo del libro. perchè non è scritto malissimo,
nonostante il buonismo, nonostante il sorriso un po' ritardato che
stende su tutta la narrazione.
i pessimi momenti:
- la descrizione degli effetti della prima canna (di nuovo sedicennismo)
- la sfuriata di bruno venduto/fighetto, con conseguente riparazione della trama al danno
- il protagonismo di veronesi/mète: io vivo/gli altri sono sfiorati.
- il finale (i finali)
- la radio vaticana durante l'incesto
- tutte le inserzioni musicali, con citazioni di gruppi fatti cadere lì al solo scopo di dimostrare di conoscerne il nome (di nuovo sedicennismo)
- la descrizione degli effetti della prima canna (di nuovo sedicennismo)
- la sfuriata di bruno venduto/fighetto, con conseguente riparazione della trama al danno
- il protagonismo di veronesi/mète: io vivo/gli altri sono sfiorati.
- il finale (i finali)
- la radio vaticana durante l'incesto
- tutte le inserzioni musicali, con citazioni di gruppi fatti cadere lì al solo scopo di dimostrare di conoscerne il nome (di nuovo sedicennismo)
i buoni momenti:
- le prime venticinque/trenta pagine, con i ruolo del narratore a commentare, a riempire gli spazi temporali. dava da sperare bene, sembrava potesse essere un elemento di dis-continuità ottimo all'interno della narrazione. invece no.
- basta. ho guardato il soffito per tre/quattro minuti e non ho trovato nient'altro.
- le prime venticinque/trenta pagine, con i ruolo del narratore a commentare, a riempire gli spazi temporali. dava da sperare bene, sembrava potesse essere un elemento di dis-continuità ottimo all'interno della narrazione. invece no.
- basta. ho guardato il soffito per tre/quattro minuti e non ho trovato nient'altro.
(e questa l'ho scritta nel 2002)
al volo:
crepa,
Gli Sfiorati,
libri,
Sandro Veronesi
1 agosto 2008
E non rompete sempre li cojoni...
E bravi, bravi, i miei giovini apprendisti (e con questo non voglio autodichiararmi vostro maestro) che prima rispondono ai test di maispeis e poi, quatti quatti si scambiano dolcezze tra le lamentele. E bravo a (cane) che non poteva non abboccare alle risposte che DOVEVO dare su alcune tra le domandine-sibilline di maispeis.
Ebbene visto che volemo litigà, che mentre voi ve tajate a parlare di musica io devo cercare di occuparmene tra un culetto sozzo di merda, una notte insonne e l'alienazione da esule cretino e contento, e visto che c'avete tempo mo' un paio di chiarimenti non ce li leva nessuno.
Primo, nel prediligere i R.E.M. ai “Densi” Radiohead ho semplicemente applicato la regola di scegliere, nel dubbio, la musica più divertente: questo perché, mi sembrava, il criterio di fondo adottato fosse quello.
D'altra parte se il metro usato è quello della “cazzo di risata” ad ogni testa a testa, non ho visto ragione per tanta diplomazia verso i Radiohead, specie se in competizione coi R.E.M. che quanto a “cazzo di risata” gli fanno un culo così, O MI SBAGLIOOO???
Secondo, ho ammesso, sanza timor alcuno che i Radiohead facevano musica migliore e per migliore potremmo, volendo, intendere proprio quell'aggettivo: “Densi”, che mi è tanto piaciuto nel leggere le lamentele.
Ma, a questo punto, punto sul vivo (e perdonatemi la tautologia linguistica), vado oltre e dico cose.
Perché difendo così tanto un gruppo che non è nemmeno nella mia top five come i R.E.M.?
Che motivo ho di farlo sopratutto quando, in un questionario demente, se la giocano con i Radiohead?
La risposta è NESSUNO.
Nessuno dei due gruppi mi ha cambiato la vita ed entrambi mi hanno allietato (di più i R.E.M.) non più di qualche giornata ma il discorso qui prende una piega che ritengo giusto spiegare.
I R.E.M. vincono, ai miei occhi, non in grazia della loro maggiore fruibilità, né per il fatto che sono più divertenti (cosa facile in un confronto coi Radiohead) nell'accezione ludico-musicale del termine. E dico questo, perché sappiamo esserci persone capaci di divertirsi DAVVERO coi Radiohead o con gli stessi Depeche Mode esattamente come il sottoscritto coi Clash o coi Sonics e compagnia cantando.
La superiorità è data dall'eleganza, dalla raffinatezza e dalla SEMPLICITA' con cui Stipe, Buck (che è un chitarrista ESTREMAMENTE concettoso, proprio come, guarda caso, Greenwood o, per capirci, The Edge ma meno effettoso) e compari riescono a parlare anche di cose complicate.
Credo le due band siano straordinariamente più assimilabili l'una all'altra di quanto si creda: se posso ipotizzare ascolti di musica stramba e avanguardista per Thom Yorke, posso riuscire a farlo anche per Michael Stipe, che è uno che ha letto, ha studiato, ha capito, quanto l'albionico suo antagonista, e vince bene, c'è poco da fare per me.
La ricerca testuale di Stipe non è mistero per niuno caro (cane) e se a questo non ha corrisposto un'eguale complessità musicale per me è solo un pregio perché questa è musica POP, e il POPolo ama la semplicità.
PER QUESTO, (CANE), I RADIOHEAD LI ASCOLTI COSI' POCO.
Certo, i Radiohead sono grandi: fanno cantare tutto un pubblico anche in mezzo a quegli strati e strati e strati di tensione, menzionati nella lamentele, ma senza nessuno che gli dica “SONA PORCOIDDENAAAAAAA”e dunque, per loro, è più facile.
PER QUESTO, (CANE), I RADIOHEAD LI ASCOLTI COSI' POCO.
Perché preferisco i R.E.M.? Perché mi illudono di suonare per me mentre sono certo che i Radiohead suonino per esprimersi, per se stessi, per dirci semplicemente dove sono arrivati; perché i Radiohead sono veri artisti e i R.E.M. provetti e raffinati artigiani.
PER QUESTO, (CANE), I RADIOHEAD LI ASCOLTI COSI' POCO.
In fondo una parte di te, con loro, si rompe i coglioni. Se li rompe nonostante l'ammirazione sconfinata che nutre per loro (come me); se li rompe nonostante la loro genialità; se li rompe nonostante siano talmente fichi da non avere bisogno di etichette, perché internet e bla bla bla....
Perché, miei dolci, sfuggire alla propria natura?
Perché siamo variegati didentro? Perché siamo variegati didietro (come il gibbone)?
Perché QUALCUNO è già a lavoro alle 6.30 e NON sta ascoltando i Radiohead?
Perché il pepe al culo serve, miei tesori e perché, scusa (cane), ma non sono sicuro che i Radiohead non vogliano essere un gruppo rock'n'roll; sicuramente non vogliono essere “Rock” ma questo nemmeno noi lo vogliamo. In fondo, allora mi chiedo, gli stessi R.E.M., che, sono una rock'n'roll band? Sì certo, ma anche no. Se fai mente locale, vedrai che tanta stampa musicale dell'epoca li etichettò come la risposta americana agli U2 e forse è con loro che andava fatto il testa a testa (e lì chi faresti vincere mio ministro della propaganda preferito?), non con i Radiohead che hanno il vantaggio di aver potuto scegliere di NON essere come i R.E.M. semplicemente perché vengono dopo. Insomma qui si tratta di un regolamento di conti nella storia del Pop, non del Rock'n'Roll: il paragone calzava ma i tempi no, il vostro criterio di scelta era chiaro e limpido, nonchè condivisibile e dunque, le jeux son fait: R.E.M., era semplice.
Una chiosa me la permetto. Sì, miei splendidi, mie furie anarco-musicistiche che siete Punk proprio perché dite cose anti-Punk, perché avete capito che il punk è, certo, ribellione, incazzatura, chitarre imperfette, tre accordi pallalungaepedalare ma anche tenerezza, nessuna paura di essere fragili e persi perché il punk innazitutto fa male a se stesso e poi, solo poi ed eventualmente, agli altri.
Così nel vostro parlare antipunk fate male a voi stessi, negate voi stessi. E da veri punk quali siete non scegliete (perché un Punk c'ha problemi, non soluzioni e canta di quelli e non di queste) quando si tratta di Radiohead o R.E.M.: un punk non sceglie ma, più saggiamente, se ne fotte.
Detto questo da dove viene il Punk? Dal rock'n'roll, ricordate, Elvis, Little Richard, Eddie Cochran... E DUNQUE AVRESTE DOVUTO FAR VINCERE I R.E.M. PUNTO!!!!
Vi taccio di incoerenza ma, come dice Achille Campanile: ”Ci sono regole piene di eccezioni: sono confermatissime...”, perciò dopo avervi tacciato, vi abbraccio E VENITEME A TROVA' LI MORTACCI VOSTRA!
Semper vostrum
il cuoco
P.S. Quanto ai Pink Floyd hai ragione tu, ho detto una cazzata o meglio mi sono espresso a cazzo.
Che vuoi farci, anche questo è un retaggio di tempi che furono, quando c'erano i VERI Pink Floyd (di Barrett), i VERI Black Sabbath (di Ozzy e non di quel coglione di Dio), i veri Duran Duran (non quella scopiazzatura dei Power Station) etc. etc. etc. gli anni '80 sono stati un vero inferno, beato te che nel 1989 c'avevi 10 anni. In fondo che senso ha difendere i Pink Floyd, è come difendere, che ne so, i Popol Vuh, ma chi se li incula i Popol Vuh.....
P.P.S. occhio, (cane), a come parli degli UK Subs, ti tengo d'occhio...
Ebbene visto che volemo litigà, che mentre voi ve tajate a parlare di musica io devo cercare di occuparmene tra un culetto sozzo di merda, una notte insonne e l'alienazione da esule cretino e contento, e visto che c'avete tempo mo' un paio di chiarimenti non ce li leva nessuno.
Primo, nel prediligere i R.E.M. ai “Densi” Radiohead ho semplicemente applicato la regola di scegliere, nel dubbio, la musica più divertente: questo perché, mi sembrava, il criterio di fondo adottato fosse quello.
D'altra parte se il metro usato è quello della “cazzo di risata” ad ogni testa a testa, non ho visto ragione per tanta diplomazia verso i Radiohead, specie se in competizione coi R.E.M. che quanto a “cazzo di risata” gli fanno un culo così, O MI SBAGLIOOO???
Secondo, ho ammesso, sanza timor alcuno che i Radiohead facevano musica migliore e per migliore potremmo, volendo, intendere proprio quell'aggettivo: “Densi”, che mi è tanto piaciuto nel leggere le lamentele.
Ma, a questo punto, punto sul vivo (e perdonatemi la tautologia linguistica), vado oltre e dico cose.
Perché difendo così tanto un gruppo che non è nemmeno nella mia top five come i R.E.M.?
Che motivo ho di farlo sopratutto quando, in un questionario demente, se la giocano con i Radiohead?
La risposta è NESSUNO.
Nessuno dei due gruppi mi ha cambiato la vita ed entrambi mi hanno allietato (di più i R.E.M.) non più di qualche giornata ma il discorso qui prende una piega che ritengo giusto spiegare.
I R.E.M. vincono, ai miei occhi, non in grazia della loro maggiore fruibilità, né per il fatto che sono più divertenti (cosa facile in un confronto coi Radiohead) nell'accezione ludico-musicale del termine. E dico questo, perché sappiamo esserci persone capaci di divertirsi DAVVERO coi Radiohead o con gli stessi Depeche Mode esattamente come il sottoscritto coi Clash o coi Sonics e compagnia cantando.
La superiorità è data dall'eleganza, dalla raffinatezza e dalla SEMPLICITA' con cui Stipe, Buck (che è un chitarrista ESTREMAMENTE concettoso, proprio come, guarda caso, Greenwood o, per capirci, The Edge ma meno effettoso) e compari riescono a parlare anche di cose complicate.
Credo le due band siano straordinariamente più assimilabili l'una all'altra di quanto si creda: se posso ipotizzare ascolti di musica stramba e avanguardista per Thom Yorke, posso riuscire a farlo anche per Michael Stipe, che è uno che ha letto, ha studiato, ha capito, quanto l'albionico suo antagonista, e vince bene, c'è poco da fare per me.
La ricerca testuale di Stipe non è mistero per niuno caro (cane) e se a questo non ha corrisposto un'eguale complessità musicale per me è solo un pregio perché questa è musica POP, e il POPolo ama la semplicità.
PER QUESTO, (CANE), I RADIOHEAD LI ASCOLTI COSI' POCO.
Certo, i Radiohead sono grandi: fanno cantare tutto un pubblico anche in mezzo a quegli strati e strati e strati di tensione, menzionati nella lamentele, ma senza nessuno che gli dica “SONA PORCOIDDENAAAAAAA”e dunque, per loro, è più facile.
PER QUESTO, (CANE), I RADIOHEAD LI ASCOLTI COSI' POCO.
Perché preferisco i R.E.M.? Perché mi illudono di suonare per me mentre sono certo che i Radiohead suonino per esprimersi, per se stessi, per dirci semplicemente dove sono arrivati; perché i Radiohead sono veri artisti e i R.E.M. provetti e raffinati artigiani.
PER QUESTO, (CANE), I RADIOHEAD LI ASCOLTI COSI' POCO.
In fondo una parte di te, con loro, si rompe i coglioni. Se li rompe nonostante l'ammirazione sconfinata che nutre per loro (come me); se li rompe nonostante la loro genialità; se li rompe nonostante siano talmente fichi da non avere bisogno di etichette, perché internet e bla bla bla....
Perché, miei dolci, sfuggire alla propria natura?
Perché siamo variegati didentro? Perché siamo variegati didietro (come il gibbone)?
Perché QUALCUNO è già a lavoro alle 6.30 e NON sta ascoltando i Radiohead?
Perché il pepe al culo serve, miei tesori e perché, scusa (cane), ma non sono sicuro che i Radiohead non vogliano essere un gruppo rock'n'roll; sicuramente non vogliono essere “Rock” ma questo nemmeno noi lo vogliamo. In fondo, allora mi chiedo, gli stessi R.E.M., che, sono una rock'n'roll band? Sì certo, ma anche no. Se fai mente locale, vedrai che tanta stampa musicale dell'epoca li etichettò come la risposta americana agli U2 e forse è con loro che andava fatto il testa a testa (e lì chi faresti vincere mio ministro della propaganda preferito?), non con i Radiohead che hanno il vantaggio di aver potuto scegliere di NON essere come i R.E.M. semplicemente perché vengono dopo. Insomma qui si tratta di un regolamento di conti nella storia del Pop, non del Rock'n'Roll: il paragone calzava ma i tempi no, il vostro criterio di scelta era chiaro e limpido, nonchè condivisibile e dunque, le jeux son fait: R.E.M., era semplice.
Una chiosa me la permetto. Sì, miei splendidi, mie furie anarco-musicistiche che siete Punk proprio perché dite cose anti-Punk, perché avete capito che il punk è, certo, ribellione, incazzatura, chitarre imperfette, tre accordi pallalungaepedalare ma anche tenerezza, nessuna paura di essere fragili e persi perché il punk innazitutto fa male a se stesso e poi, solo poi ed eventualmente, agli altri.
Così nel vostro parlare antipunk fate male a voi stessi, negate voi stessi. E da veri punk quali siete non scegliete (perché un Punk c'ha problemi, non soluzioni e canta di quelli e non di queste) quando si tratta di Radiohead o R.E.M.: un punk non sceglie ma, più saggiamente, se ne fotte.
Detto questo da dove viene il Punk? Dal rock'n'roll, ricordate, Elvis, Little Richard, Eddie Cochran... E DUNQUE AVRESTE DOVUTO FAR VINCERE I R.E.M. PUNTO!!!!
Vi taccio di incoerenza ma, come dice Achille Campanile: ”Ci sono regole piene di eccezioni: sono confermatissime...”, perciò dopo avervi tacciato, vi abbraccio E VENITEME A TROVA' LI MORTACCI VOSTRA!
Semper vostrum
il cuoco
P.S. Quanto ai Pink Floyd hai ragione tu, ho detto una cazzata o meglio mi sono espresso a cazzo.
Che vuoi farci, anche questo è un retaggio di tempi che furono, quando c'erano i VERI Pink Floyd (di Barrett), i VERI Black Sabbath (di Ozzy e non di quel coglione di Dio), i veri Duran Duran (non quella scopiazzatura dei Power Station) etc. etc. etc. gli anni '80 sono stati un vero inferno, beato te che nel 1989 c'avevi 10 anni. In fondo che senso ha difendere i Pink Floyd, è come difendere, che ne so, i Popol Vuh, ma chi se li incula i Popol Vuh.....
P.P.S. occhio, (cane), a come parli degli UK Subs, ti tengo d'occhio...
30 luglio 2008
ed ecco puntuale la glossa pedante
Voi pensavate che di fronte a una cosa banale e superficiale come un test su maispeis avrei potuto trattenermi dall’essere pedante? Credevate che avrei concluso che non ne valesse la pena? Ritenevate che avrei chiuso per eccesso di ribasso di fronte a una cosa peciona tipo Beatles o Rolling Stones? Beh, amici: non avete capito un cazzo.
Ecco dunque un paio di osservazioni del tutto personali sull’intervento di cuoco, cosa che tra l’altro mi riempie d’amore e d’ormone, perché se c’era un motivo (o uno dei principali) per cui avevo pensato a questo blog è proprio LITIGARE.
Vabbè, discutere.
R.E.M. (cane), cazzo, devi dire R.E.M.!!! Non puoi menarla cò ‘sta storia della musica divertente e piripì e parapà e poi mi cadi qui. R.E.M. perchè non hanno mai speculato sui bassi istinti di nessuno.
Caro cuoco, tu hai ragione, mica no. I Radiohead sanno spesso essere un dito in culo e non sono immuni da critiche di speculazione. Oggettivamente, due tra le loro canzoni più brutte (e non a caso più conosciute), sarebbe a dire Creep e Street spirit, sono due canzoni che potrebbero un po’ costituire l’equivalente del film per mamme del pomeriggio di Canale 5 (o almeno del pomeriggio di Canale 5 fino al 1999, anno in cui ho iniziato a non guardare più la tv), quella roba tipo [Metti titolo qui] nella culla, o [Metti titolo qui] in corsia.
Piangi, piangi, dice alla mamma Canale 5 – o Creep, o Street spirit – che le lacrime fanno bene e hai visto mai che recuperi un po’ di contatto con le tue sensazioni più sepolte. Benché io voglia loro bene come a degli zii un po’ frou frou, i Radiohead sono un gruppo che mi divertirei pure a bersagliare di feci, se non fossero così maledettamente geniali. Andiamo: da OK Computer in poi non hanno sbagliato un disco, hanno sempre avuto una scrittura efficacissima e adesso sono ancora meglio e SI FA PURE FATICA A CREDERCI, e riescono ad essere intensi ma mai (o rarissimamente, negli episodi meno riusciti) melensi; ma poi c’è la faccenda di non mettere spot su MTV, e poi c’è la faccenda di tutto l’apparato grafico e “politico” in senso lato, e poi c’è la faccenda di essere delle macchine discografiche perfette, sia nel senso che i loro dischi fanno un uso dello studio e della produzione come strumento e sono davvero i degni eredi di Sgt. Pepper’s (che musicalmente parlando non sarà nemmeno il disco migliore dei Beatles, ma dal punto di vista della produzione o del concetto SI', cazzo), sia nel senso che a una certa hanno pure rinunciato alla casa discografica andando in culo (e facendo finalmente scoprire l’acqua calda) a mezzo mondo. Loro, i Radiohead, sono di Oxford, sono anni che studiano e vogliono insegnarti qualcosa, anche se devono un po’ piagne per dirtela.
I R.E.M.? I R.E.M. sono americani, come facciamo a fare un paragone? Sono cresciuti praticamente in mezzo al nulla nella Georgia e stanno in fissa coi Byrds. I Byrds, capito? Il jingle-jangle del mr. Tamburino e del suo inventore. He was a friend of mine e – tutto sommato – le cannette. E poi hanno iniziato 10 anni prima, e mentre tutti alzavano il volume a tutta callara, loro INVECE NO – che poi è lo stesso motivo per cui rispetto di più i Dire Straits dei, che ne so, UK Subs. E allora vai con il canale pulito del Twin e la Rickenbacker a 12 corde, mo' ve famo vede.
Loro, attraversando – anche un po’ a cazzo di cane – gli anni ’80, hanno dovuto tenere botta in mezzo a sgallettate e reppatari e assoli formidabili.
Loro, i R.E.M. sono americani e devono aspettare a lungo – o inventarsi qualcosa – per potersi finalmente prendere una sbronza come si deve. Hanno un modo diverso di concepire il divertimento da ragazzetti, e non hanno l'OCEANO tra loro e Little Richard (e divin bambino Gesù, non hanno avuto Clapton).Loro, i R.E.M., ormai sono la storia (o nella storia, meglio) del rock and roll, mentre i Radiohead no, anche se sono destinati a entrarci a breve.
Ecco perché NON POSSO scegliere tra Radiohead e R.E.M. Anche se adesso come adesso dovessi portarmi un disco solo nella famosa isola deserta (che a 'sto punto è un’isola bellissima piena di scheletri e di dischi degli altri) mi porto appresso uno a scelta tra Murmur e Reckoning. Se canta mejo, è tutta n’antra storia.
[…] i veri Pink Floyd (quelli di quel fulminato di Barrett) per quanto buoni hanno scritto meno pezzi buoni, anche dei primissimi WHO.
Caro cuoco, stella polare dei miei polsi rotti, mia spilletta della rivoluzione: anche qui, permettimi un appunto. Secondo la mia modesta opinione di Rompicoglioni™, questa cosa dei VERI Pink Floyd di Syd Barrett in opposizione ai FALSI Pink Floyd apostati ed eretici di Roger Waters (o, dio ce ne scampi, di quella vecchia zitella di David Gilmour), è un po’ un mito da sfatare. Andrò ora ad illustrare la mia tesi.
Ti ricordi che qualche mese fa parlavamo di Björk, io e te? E come se non bastasse ne scrissi anche sul blogghe? Ricapitoliamo.
Ma non solo. Quando Barrett ha fuso la testata, i Pink Floyd, come gruppo, non hanno sostituito l’elemento con un altro che potesse essere in grado di proseguire il discorso. No, hanno solo preso un chitarrista bravo a fare gli assoli, fottendosene della sostituibilità. Certo, a volte lo stesso meccanismo ha portato a grandi botte di culo (pensate a cosa sarebbe successo ai Rolling Stones se Brian Jones non fosse schioppato: avoja a pipponi tipo Their Satanic Majesties Request, il disco più INVIDIOSO della storia), però è anche vero che al di là delle folle oceaniche (che poi che c’entra, le folle oceaniche le fa anche Vascorossi: che, è un grande artista, Vascorossi?) tutti: critici, fan affezionati, giornalisti e radiatoristi hanno SEMPRE sostenuto che Eeh, quando c’era Barrett era un’altra cosa.
Benissimo, ci stiamo arrivando: se un gruppo non lo capisce, che sta facendo minchiate, è un gruppo che ha perso l’ispirazione, che ha perso la direzione (e che è destinato a morire a breve, come la MOSTRUOSA ultima formazione apocrifa dei Clash) o, al contrario, un gruppo che NON CAPISCE LA MUSICA, perché in primo luogo non è capace di capire la propria. Un gruppo che non è in grado di ascoltarsi e giudicarsi oggettivamente (e questo si era capito, basta ascoltare Atom Heart Mother), di mettersi dei limiti e di capire quando la frittata è fatta, è un gruppo un po’ del cazzo, diciamoci la verità, e non la puoi sempre buttare a assoli e laser, su: alla lunga scocci, e infatti così è stato.
Dunque, VISTI GLI ATTI E SENTITE LE PARTI, è ovvio che un gruppo come i Pink Floyd, proprio a ben guardare, non ha vita propria, ma solo alla luce di questo leggendario primo disco (che come molte cose, a me non piace ma rispetto) che però non si è mai ripetuto, contravvenendo perlopiù alla Prima Legge dei rompicoglioni come me: Hai fatto un disco bello? Bene: MO’ FANNE UN ALTRO. Quod erat demonstrandum, aridaje.
Ecco dunque un paio di osservazioni del tutto personali sull’intervento di cuoco, cosa che tra l’altro mi riempie d’amore e d’ormone, perché se c’era un motivo (o uno dei principali) per cui avevo pensato a questo blog è proprio LITIGARE.
Vabbè, discutere.
R.E.M. (cane), cazzo, devi dire R.E.M.!!! Non puoi menarla cò ‘sta storia della musica divertente e piripì e parapà e poi mi cadi qui. R.E.M. perchè non hanno mai speculato sui bassi istinti di nessuno.
Caro cuoco, tu hai ragione, mica no. I Radiohead sanno spesso essere un dito in culo e non sono immuni da critiche di speculazione. Oggettivamente, due tra le loro canzoni più brutte (e non a caso più conosciute), sarebbe a dire Creep e Street spirit, sono due canzoni che potrebbero un po’ costituire l’equivalente del film per mamme del pomeriggio di Canale 5 (o almeno del pomeriggio di Canale 5 fino al 1999, anno in cui ho iniziato a non guardare più la tv), quella roba tipo [Metti titolo qui] nella culla, o [Metti titolo qui] in corsia.
Piangi, piangi, dice alla mamma Canale 5 – o Creep, o Street spirit – che le lacrime fanno bene e hai visto mai che recuperi un po’ di contatto con le tue sensazioni più sepolte. Benché io voglia loro bene come a degli zii un po’ frou frou, i Radiohead sono un gruppo che mi divertirei pure a bersagliare di feci, se non fossero così maledettamente geniali. Andiamo: da OK Computer in poi non hanno sbagliato un disco, hanno sempre avuto una scrittura efficacissima e adesso sono ancora meglio e SI FA PURE FATICA A CREDERCI, e riescono ad essere intensi ma mai (o rarissimamente, negli episodi meno riusciti) melensi; ma poi c’è la faccenda di non mettere spot su MTV, e poi c’è la faccenda di tutto l’apparato grafico e “politico” in senso lato, e poi c’è la faccenda di essere delle macchine discografiche perfette, sia nel senso che i loro dischi fanno un uso dello studio e della produzione come strumento e sono davvero i degni eredi di Sgt. Pepper’s (che musicalmente parlando non sarà nemmeno il disco migliore dei Beatles, ma dal punto di vista della produzione o del concetto SI', cazzo), sia nel senso che a una certa hanno pure rinunciato alla casa discografica andando in culo (e facendo finalmente scoprire l’acqua calda) a mezzo mondo. Loro, i Radiohead, sono di Oxford, sono anni che studiano e vogliono insegnarti qualcosa, anche se devono un po’ piagne per dirtela.
I R.E.M.? I R.E.M. sono americani, come facciamo a fare un paragone? Sono cresciuti praticamente in mezzo al nulla nella Georgia e stanno in fissa coi Byrds. I Byrds, capito? Il jingle-jangle del mr. Tamburino e del suo inventore. He was a friend of mine e – tutto sommato – le cannette. E poi hanno iniziato 10 anni prima, e mentre tutti alzavano il volume a tutta callara, loro INVECE NO – che poi è lo stesso motivo per cui rispetto di più i Dire Straits dei, che ne so, UK Subs. E allora vai con il canale pulito del Twin e la Rickenbacker a 12 corde, mo' ve famo vede.
Loro, attraversando – anche un po’ a cazzo di cane – gli anni ’80, hanno dovuto tenere botta in mezzo a sgallettate e reppatari e assoli formidabili.
Loro, i R.E.M. sono americani e devono aspettare a lungo – o inventarsi qualcosa – per potersi finalmente prendere una sbronza come si deve. Hanno un modo diverso di concepire il divertimento da ragazzetti, e non hanno l'OCEANO tra loro e Little Richard (e divin bambino Gesù, non hanno avuto Clapton).Loro, i R.E.M., ormai sono la storia (o nella storia, meglio) del rock and roll, mentre i Radiohead no, anche se sono destinati a entrarci a breve.
Ecco perché NON POSSO scegliere tra Radiohead e R.E.M. Anche se adesso come adesso dovessi portarmi un disco solo nella famosa isola deserta (che a 'sto punto è un’isola bellissima piena di scheletri e di dischi degli altri) mi porto appresso uno a scelta tra Murmur e Reckoning. Se canta mejo, è tutta n’antra storia.
[…] i veri Pink Floyd (quelli di quel fulminato di Barrett) per quanto buoni hanno scritto meno pezzi buoni, anche dei primissimi WHO.
Caro cuoco, stella polare dei miei polsi rotti, mia spilletta della rivoluzione: anche qui, permettimi un appunto. Secondo la mia modesta opinione di Rompicoglioni™, questa cosa dei VERI Pink Floyd di Syd Barrett in opposizione ai FALSI Pink Floyd apostati ed eretici di Roger Waters (o, dio ce ne scampi, di quella vecchia zitella di David Gilmour), è un po’ un mito da sfatare. Andrò ora ad illustrare la mia tesi.
Ti ricordi che qualche mese fa parlavamo di Björk, io e te? E come se non bastasse ne scrissi anche sul blogghe? Ricapitoliamo.
Il teorema che formulai per Björk è quello per cui se nella tua carriera hai fatto 10 dischi e, di questi, 6 mi rompono il cazzo (cioè la metà più uno), allora: TU, aritmeticamente, mi rompi il cazzo, quod erat demonstradum. Al massimo, pe' esse boni, posso dire che Björk è una che mi rompe il cazzo ma che ha fatto delle cose valide, o piacevoli; che, per beneficio dei nostri 7 lettori, sono Debut, Post e Homogenic. E BASTA: parlate con chiunque, vi dirà che i dischi successivi sono una palla, anzi no: parlate con qualcuno di SINCERO e che non intenda fare il figo dicendo che Sì, a me è piaciuto. Stronzate, è come farsi piacere la roba che fa quello spostato di suo marito: è roba SPERIMENTALE, al massimo si CAPISCE, non si GRADISCE, è fatta APPOSTA. Oh, daje.
Applicando il teorema di Björk ai benemeriti Pink Floyd, la dimostrazione è ancora più evidente. Siamo tutti d’accordo che l’UNICO disco valido dei Pink Floyd sia The piper at the gates of dawn e che tutto il resto sia fuffa ridicola, pomposa e autoreferenziale, quando non materiale di scarto messo insieme in attesa che l’ispirazione arrivasse, come alla fermata dell’autobus. Tuttavia, se in una discografia di 14 e non dico 12 e non dico 13 dico 14 siori 14 album, se ne salva uno solo, è troppo facile sottolineare che in pratica i Pink Floyd sono un gruppo truffa, degno dei peggiori Doors.Ma non solo. Quando Barrett ha fuso la testata, i Pink Floyd, come gruppo, non hanno sostituito l’elemento con un altro che potesse essere in grado di proseguire il discorso. No, hanno solo preso un chitarrista bravo a fare gli assoli, fottendosene della sostituibilità. Certo, a volte lo stesso meccanismo ha portato a grandi botte di culo (pensate a cosa sarebbe successo ai Rolling Stones se Brian Jones non fosse schioppato: avoja a pipponi tipo Their Satanic Majesties Request, il disco più INVIDIOSO della storia), però è anche vero che al di là delle folle oceaniche (che poi che c’entra, le folle oceaniche le fa anche Vascorossi: che, è un grande artista, Vascorossi?) tutti: critici, fan affezionati, giornalisti e radiatoristi hanno SEMPRE sostenuto che Eeh, quando c’era Barrett era un’altra cosa.
Benissimo, ci stiamo arrivando: se un gruppo non lo capisce, che sta facendo minchiate, è un gruppo che ha perso l’ispirazione, che ha perso la direzione (e che è destinato a morire a breve, come la MOSTRUOSA ultima formazione apocrifa dei Clash) o, al contrario, un gruppo che NON CAPISCE LA MUSICA, perché in primo luogo non è capace di capire la propria. Un gruppo che non è in grado di ascoltarsi e giudicarsi oggettivamente (e questo si era capito, basta ascoltare Atom Heart Mother), di mettersi dei limiti e di capire quando la frittata è fatta, è un gruppo un po’ del cazzo, diciamoci la verità, e non la puoi sempre buttare a assoli e laser, su: alla lunga scocci, e infatti così è stato.
Dunque, VISTI GLI ATTI E SENTITE LE PARTI, è ovvio che un gruppo come i Pink Floyd, proprio a ben guardare, non ha vita propria, ma solo alla luce di questo leggendario primo disco (che come molte cose, a me non piace ma rispetto) che però non si è mai ripetuto, contravvenendo perlopiù alla Prima Legge dei rompicoglioni come me: Hai fatto un disco bello? Bene: MO’ FANNE UN ALTRO. Quod erat demonstrandum, aridaje.
al volo:
musica,
Pink Floyd,
R.E.M.,
Radiohead,
teorema di Bjork,
test
29 luglio 2008
Question time revisited
Giusto perché sto rosicando che avvengono questi simposi, magari IN CASA MIA, con questi question time demenziali rubati a quel crogiolo di depravazione culturale che è maispeis, in presenza di Valerione e (cane) che tra un banchetto e l'altro di dischi, invece di venire a trovare me in trinacria, perdono tempo co'stè cazzate, dicevo, giusto perché sto rosicando, vi invio le mie risposte personali con i miei saluti più calorosi.
E VENITEME A TROVA' MORTACCIVOSTRA!!!
Beatles o Rolling Stones?Io so' n'omo all'antica: mi tocca scegliere ppe' forza, non sono di queste generazioni bi-partisan che girano adesso. all'epeca dire Beatles e dire Rolling Stones, significava una diversa concezione della vita e della società - sì lo so che è tutto un fraintendimento e che i figli del proletariato inglese erano i Beatles ma in finale 'sti cazzi: le icone sono icone ed il tempo le rende intoccabili, se così non fosse ci saremmo liberati del papa molto tempo fa - e dunque ai fighetti i Beatles e agli sfigati un po' maneschi gli Stones.
Nel tempo ho imparato ad amare alla follia gli "scarafaggi" e a riconoscerne la superiorità compositiva sugli Stones però:
a) non hanno scritto né No expectations, né Wild Horses, né Street fighting man
b) non "sono" Keith Richards
c) piacciono troppo alla nostra classe politica
d) dire che ami i beatles purtroppo, per la loro estrema diffusione, non vuol dire sempre capirci di musica (non sto parlando di te (cane))
Insomma Beatles o Rolling Stones? Boni entrambi ma Stones tutta la vita!!!
Bob Dylan o Johnny Cash?Johnny Cash, è fuori discussione. Dylan mi prende sempre alla sprovvista e mi porta via ma solo QUANDO VUOLE LUI, Cash mi accompagna mentre attraverso l'apocalisse quotidiana e gli inferi del mondo di superficie.
È un compagno discreto, Johnny Cash, ma non puoi fare a meno di sapere che è con te e non puoi fare a meno di sentirti rassicurato dalla sua presenza. Non me ne frega niente che ha fatto cose meno belle di Dylan, non mi interessa il fatto che nella penetrazione delle umane cose sia inferiore al suo figlio adottivo, ascoltare la voce di Johnny Cash è come ascoltare la voce di dio, un dio mai così vicino e simpatico.
Credo sia una questione di rapporto instaurato col personaggio più che con la musica, ma se la mente dovesse per un attimo dire "Dylan", subito il cuore, le viscere e lo stomaco direbbero "Johnny Cash, CAZZO!"
Jimi Hendrix o The Doors?
Non scherziamo: io sono FROCIO per Hendrix... I Doors, tzè...
Tom Waits o Nick Cave?
Per quanto la disfida sia, come giustamente fa notare (cane), tra un genio e un grande musicista\paroliere e, nonostante la mia preferenza vada al buon vecchio Tom, voglio chiarire una cosa: è una vittoria ai punti, non un KO.
Sex Pistols o The Stooges?
Secondo me non sono compatibili, non è una sfida sensata, non è lo stesso ring: uno è un sedicente gruppo punk, l'altro un gruppo punk troppo antico per essere punk, senonchè negli U.S.A. il termine punk veniva usato anche per apostrofare un Bruce Springsteen adolescente e capellone...
Vabbè, the Stooges: la loro musica è troppo migliore!!
Depeche Mode o The Police?Attinenti l'uno con l'altro come il guanciale con il profiterol. Bah, cosa volete che vi dica, che quel trombone baritonale del cantante dei depeche mode mi fa inumidire le mutandine?!?
Beh non è così. Con i Police si balla, coi Depeche Mode a parte fingere di essere sexy per rimorchiare al Black-out cosa si può fare?
The Cure o The Smiths?
Mi rompono il cazzo solennemente entrambi. È vero Johnny Marr è un grande e sottovalutato ma anche io lo sono e su di me non si fanno questionari cazzoidi su maispeis.
adano a fare in culo tutti e due.
Iron Maiden o Metallica?
Come chiedere ad una persona se preferisce andare a una festa o a vedere il filmino del funerale del cane...
Sonic Youth o Nirvana?Li conosco entrambi ma m'arimbarzano; non mi sono serviti: innecessari. Comunque, data la domanda, la mia risposta è, a prescindere: MUDHONEY!!!
REM o Radiohead?
R.E.M. (cane), cazzo, devi dire R.E.M.!!! Non puoi menarla cò 'sta storia della musica divertente e piripì e parapà e poi mi cadi qui. R.E.M. perchè non hanno mai speculato sui bassi istinti di nessuno.
Vale per loro lo stesso discorso fatto per Beatles e Stones: i RADIOHEAD fanno musica migliore ma non è sempre della musica migliore che abbiamo bisogno, pensa a me che ascolto the Oblivians...
The Strokes o The White stripes?Jack White ha ascoltato Robert Johnson, Julian Casablancas credo non vada più in là di Shanya Twain, ergo...
Led Zeppelin o Black Sabbath?Gli Zep erano dei mezzi fasci - i Sabbath dei buontemponi.
Gli Zep erano belli e rimorchiosi - i Sabbath brutti e maleodoranti.
Gli Zep erano bravi a suonare - i Sabbath erano pure handicapaci.
VIVA I BLACK SABBATH.
E VIVA IL DEMONIO!!!
King Crimson o Soft MachineI SONICS PERLAMADONNA!!!
Pink Floyd o The Who?
The WHO, perché a forza di veder suonare dappertutto cover bands dei Pink Floyd viene voglia di andare a casa di David Gilmour a fare un remake di Arancia meccanica con SUA moglie.
E poi perché i veri Pink Floyd (quelli di quel fulminato di Barrett) per quanto buoni hanno scritto meno pezzi buoni, anche dei primissimi WHO.
Gino Paoli o Luigi Tenco?
Fred Buscaglione
Rino Gaetano o Le Luci Della Centrale Elettrica?
Fred Buscaglione.
Diaframma o CCCP Fedeli Alla Linea?
CCCP, perché anche se Lindo Ferretti si è giocato la cucuzza appresso a Dossetti, la LORO Padania è talmente inquietante per essere quella di vent'anni fa da somigliare a quella di oggi: c'avevano visto lungo e bene. E poi, nel tetro panorama italico dell'epoca furono qualcosa di diverso e genuinamente ironico. Non come i C.S.I. che si prendevano terribilmente sul serio ed erano amiconi di quell'altro trombone di Battiato. Detto questo, anche qui è una vittoria ai punti, non un KO.
Lucio Dalla o Francesco De Gregori?Ma Alvaro Amici niente???
Fabrizio De André o Georges Brassens?Brassens non lo conosco ma anche se lo conoscessi direi comunque De Andrè.
Afterhours o Baustelle?
LA MORTE.
Elio E Le Storie Tese o Skiantos?
Forse mi volevi più cattivo, più deciso e più aggressivo, però oggi ho trovato il giusto tono: sono buono, sono buono; mi piacciono le bibite e i gelati; mi piacciono le bibite ghiacciate; i gelati io li mangio solo in cono: sono buono, sono buono.
Elio e le storie tese.... tzè...
Patti Smith o Television?
Patti Smith, che domande!!!
Blondie o Cars?Però Debbie Harry bella gnocca....
Pere Ubu o The Residents?
I SONICS PERLAMADONNA!!!!
Japan o Ultravox?
TELEFUNKEN!!!!
Joy Division o Bauhaus?
E perchè non... LA MORTE?
Wire o New Order?
I SONICS PERLAMADONNAAAA!!!
Suicide o Devo?
Dai, i Suicide non erano male, sembravano un incubo futuristico dei '50 in pieni '70, vabbè comunque niente di che.
Einsturzende Neubauten o Cabaret Voltaire?Beh, allora DIE TOTEN HOSEN!!!
My Bloody Valentine o Slowdive?
'na pizza ar quattrooo...
Smashing Pumpkins o Blonde Redhead?un po' di... LA MORTE.
Massive Attack o Portishead?oohh una volta tanto tutti e due, perché mi piacciono ma non me ne cale un bel caz' di entrambi.
QUEEN O GUNS 'N ROSES?
Nooooooooo e perché non i Motley Crue o, che ne so, I Poison, o, boh,i Bon Jovi?
ma voi ve li ricordate i comesechiama.. i... i cosi... ah sì i Mister Big???
eh, gli anni '80, palette a punta, capelli cotonati e fica tanta...
PRINCE O MICHAEL JACKSON?
Prince, ovvio. Perché è un essere umano come me e perché ha scopato mooolto più di quell'altro e poi non ha passato la vita a rovinarsi la vita...
KORN O DEFTONES?Questa è la robba dei ggiovani.
A me me sembrano entrambi dei fintoni ridicoli e malvestiti. Ma dico io, la dignità!!! Ma Otis Redding suonava in calzonetti? ma dico io...
TOOL O NINE INCH NAILS?
ODDIOKEDITARKULOOOOOOO!!!
SLINT O TORTOISE?
I SONICS PERLAMADONNAAAA!!!!
MOGWAI O BELLE & SEBASTIAN?Goldrake. Punto.
UNDERWORLD O CHEMICAL BROTHERS?'na puntarella co' l'alici ar cinqueeeee....
KINGS OF CONVENIENCE O IRON & WINE?Se proprio devo scegliere, scelgo il secondo.
BJORK O CAT POWER?E su, spocchiosi che non siete altro!! Cat Power! A me le talentuose scorreggie elettroniche di Bjork non hanno mai fatto cambiar giudizio.
NICK DRAKE O TIM BUCKLEY?Nick Drake, almeno non è morto per sbaglio.
BECK O DAMIEN RICE?t'aaa porto a' romanella a fine pasto?
JEFF BECK O ERIC CLAPTON?
Io dico Peter Green e se non sapete chi è potete anche dire in giro che non capite un cazzo di British Blues.
NEIL YOUNG O BRUCE SPRINGSTEEN?Domanda retorica per me, nonostante ami molto Neil Young.
JANIS JOPLIN O PATTI SMITH?È dura davvero, le adoro entrambe ed entrambe le scelgo.
PEARL JAM O ALICE IN CHAINS?
Eddie Vedder è una delle migliori voci dell'ultimo ventennio, sono divertenti, l'ho visti dal vivo e sono generosissimi, gli Alice in chains sono un po' depressini...
FAITH NO MORE O RED HOT CHILI PEPPERS?
Faith no more, i peppers sono fuffa!!!
FRANZ FERDINAND O BLOC PARTY?Ma perché, esiste anche qualcuno che è lacerato da dilemmi come questo? Ma qual'è l'importanza di questi gruppi? Siamo seri per favore (come dice l'on. Bondi....)
RAGE AGAINST THE MACHINE O KYUSS?
Kyuss, anche se “Killing in the name” era proprio una spaccatimpani di prim'ordine
PANTERA O SEPULTURA?ooo' voi er limonscellooo sur gelato????
SYSTEM OF A DOWN O QUEENS OF THE STONE AGE?
QOTSA.
COLDPLAY O MUSE?LA MORTE PER ENTRAMBI.
BLOC PARTY O ARCTIC MONKEYS?mmmmm deliscious....
FRANZ FERDINAND O INTERPOL?la STASI, o al limite il KGB.
THE NATIONAL O YEASAYER?The National sono sopravvalutati, gli altri chi cazzo sono?
AEROSMITH O DIRE STRAITS?Dire Straits perché gli Aerosmith sono i genitori dei capelloni anni '80 palette a punta, cotonamenti e fica tanta...
DAVID BOWIE O LOU REED?
MA L'AVETE MAI ASCOLTATO NEW YORK???? MA CHE DOMANDE SONO???
BLUR O OASIS?
I SONICS PERLAMADONNAAAA!!!!
U2 O VELVET UNDERGROUND?
Gli U2 mi hanno cambiato la vita, almeno in una occasione, i Velvet Underground sono più una questione culturale.
E VENITEME A TROVA' MORTACCIVOSTRA!!!
Beatles o Rolling Stones?Io so' n'omo all'antica: mi tocca scegliere ppe' forza, non sono di queste generazioni bi-partisan che girano adesso. all'epeca dire Beatles e dire Rolling Stones, significava una diversa concezione della vita e della società - sì lo so che è tutto un fraintendimento e che i figli del proletariato inglese erano i Beatles ma in finale 'sti cazzi: le icone sono icone ed il tempo le rende intoccabili, se così non fosse ci saremmo liberati del papa molto tempo fa - e dunque ai fighetti i Beatles e agli sfigati un po' maneschi gli Stones.
Nel tempo ho imparato ad amare alla follia gli "scarafaggi" e a riconoscerne la superiorità compositiva sugli Stones però:
a) non hanno scritto né No expectations, né Wild Horses, né Street fighting man
b) non "sono" Keith Richards
c) piacciono troppo alla nostra classe politica
d) dire che ami i beatles purtroppo, per la loro estrema diffusione, non vuol dire sempre capirci di musica (non sto parlando di te (cane))
Insomma Beatles o Rolling Stones? Boni entrambi ma Stones tutta la vita!!!
Bob Dylan o Johnny Cash?Johnny Cash, è fuori discussione. Dylan mi prende sempre alla sprovvista e mi porta via ma solo QUANDO VUOLE LUI, Cash mi accompagna mentre attraverso l'apocalisse quotidiana e gli inferi del mondo di superficie.
È un compagno discreto, Johnny Cash, ma non puoi fare a meno di sapere che è con te e non puoi fare a meno di sentirti rassicurato dalla sua presenza. Non me ne frega niente che ha fatto cose meno belle di Dylan, non mi interessa il fatto che nella penetrazione delle umane cose sia inferiore al suo figlio adottivo, ascoltare la voce di Johnny Cash è come ascoltare la voce di dio, un dio mai così vicino e simpatico.
Credo sia una questione di rapporto instaurato col personaggio più che con la musica, ma se la mente dovesse per un attimo dire "Dylan", subito il cuore, le viscere e lo stomaco direbbero "Johnny Cash, CAZZO!"
Jimi Hendrix o The Doors?
Non scherziamo: io sono FROCIO per Hendrix... I Doors, tzè...
Tom Waits o Nick Cave?
Per quanto la disfida sia, come giustamente fa notare (cane), tra un genio e un grande musicista\paroliere e, nonostante la mia preferenza vada al buon vecchio Tom, voglio chiarire una cosa: è una vittoria ai punti, non un KO.
Sex Pistols o The Stooges?
Secondo me non sono compatibili, non è una sfida sensata, non è lo stesso ring: uno è un sedicente gruppo punk, l'altro un gruppo punk troppo antico per essere punk, senonchè negli U.S.A. il termine punk veniva usato anche per apostrofare un Bruce Springsteen adolescente e capellone...
Vabbè, the Stooges: la loro musica è troppo migliore!!
Depeche Mode o The Police?Attinenti l'uno con l'altro come il guanciale con il profiterol. Bah, cosa volete che vi dica, che quel trombone baritonale del cantante dei depeche mode mi fa inumidire le mutandine?!?
Beh non è così. Con i Police si balla, coi Depeche Mode a parte fingere di essere sexy per rimorchiare al Black-out cosa si può fare?
The Cure o The Smiths?
Mi rompono il cazzo solennemente entrambi. È vero Johnny Marr è un grande e sottovalutato ma anche io lo sono e su di me non si fanno questionari cazzoidi su maispeis.
adano a fare in culo tutti e due.
Iron Maiden o Metallica?
Come chiedere ad una persona se preferisce andare a una festa o a vedere il filmino del funerale del cane...
Sonic Youth o Nirvana?Li conosco entrambi ma m'arimbarzano; non mi sono serviti: innecessari. Comunque, data la domanda, la mia risposta è, a prescindere: MUDHONEY!!!
REM o Radiohead?
R.E.M. (cane), cazzo, devi dire R.E.M.!!! Non puoi menarla cò 'sta storia della musica divertente e piripì e parapà e poi mi cadi qui. R.E.M. perchè non hanno mai speculato sui bassi istinti di nessuno.
Vale per loro lo stesso discorso fatto per Beatles e Stones: i RADIOHEAD fanno musica migliore ma non è sempre della musica migliore che abbiamo bisogno, pensa a me che ascolto the Oblivians...
The Strokes o The White stripes?Jack White ha ascoltato Robert Johnson, Julian Casablancas credo non vada più in là di Shanya Twain, ergo...
Led Zeppelin o Black Sabbath?Gli Zep erano dei mezzi fasci - i Sabbath dei buontemponi.
Gli Zep erano belli e rimorchiosi - i Sabbath brutti e maleodoranti.
Gli Zep erano bravi a suonare - i Sabbath erano pure handicapaci.
VIVA I BLACK SABBATH.
E VIVA IL DEMONIO!!!
King Crimson o Soft MachineI SONICS PERLAMADONNA!!!
Pink Floyd o The Who?
The WHO, perché a forza di veder suonare dappertutto cover bands dei Pink Floyd viene voglia di andare a casa di David Gilmour a fare un remake di Arancia meccanica con SUA moglie.
E poi perché i veri Pink Floyd (quelli di quel fulminato di Barrett) per quanto buoni hanno scritto meno pezzi buoni, anche dei primissimi WHO.
Gino Paoli o Luigi Tenco?
Fred Buscaglione
Rino Gaetano o Le Luci Della Centrale Elettrica?
Fred Buscaglione.
Diaframma o CCCP Fedeli Alla Linea?
CCCP, perché anche se Lindo Ferretti si è giocato la cucuzza appresso a Dossetti, la LORO Padania è talmente inquietante per essere quella di vent'anni fa da somigliare a quella di oggi: c'avevano visto lungo e bene. E poi, nel tetro panorama italico dell'epoca furono qualcosa di diverso e genuinamente ironico. Non come i C.S.I. che si prendevano terribilmente sul serio ed erano amiconi di quell'altro trombone di Battiato. Detto questo, anche qui è una vittoria ai punti, non un KO.
Lucio Dalla o Francesco De Gregori?Ma Alvaro Amici niente???
Fabrizio De André o Georges Brassens?Brassens non lo conosco ma anche se lo conoscessi direi comunque De Andrè.
Afterhours o Baustelle?
LA MORTE.
Elio E Le Storie Tese o Skiantos?
Forse mi volevi più cattivo, più deciso e più aggressivo, però oggi ho trovato il giusto tono: sono buono, sono buono; mi piacciono le bibite e i gelati; mi piacciono le bibite ghiacciate; i gelati io li mangio solo in cono: sono buono, sono buono.
Elio e le storie tese.... tzè...
Patti Smith o Television?
Patti Smith, che domande!!!
Blondie o Cars?Però Debbie Harry bella gnocca....
Pere Ubu o The Residents?
I SONICS PERLAMADONNA!!!!
Japan o Ultravox?
TELEFUNKEN!!!!
Joy Division o Bauhaus?
E perchè non... LA MORTE?
Wire o New Order?
I SONICS PERLAMADONNAAAA!!!
Suicide o Devo?
Dai, i Suicide non erano male, sembravano un incubo futuristico dei '50 in pieni '70, vabbè comunque niente di che.
Einsturzende Neubauten o Cabaret Voltaire?Beh, allora DIE TOTEN HOSEN!!!
My Bloody Valentine o Slowdive?
'na pizza ar quattrooo...
Smashing Pumpkins o Blonde Redhead?un po' di... LA MORTE.
Massive Attack o Portishead?oohh una volta tanto tutti e due, perché mi piacciono ma non me ne cale un bel caz' di entrambi.
QUEEN O GUNS 'N ROSES?
Nooooooooo e perché non i Motley Crue o, che ne so, I Poison, o, boh,i Bon Jovi?
ma voi ve li ricordate i comesechiama.. i... i cosi... ah sì i Mister Big???
eh, gli anni '80, palette a punta, capelli cotonati e fica tanta...
PRINCE O MICHAEL JACKSON?
Prince, ovvio. Perché è un essere umano come me e perché ha scopato mooolto più di quell'altro e poi non ha passato la vita a rovinarsi la vita...
KORN O DEFTONES?Questa è la robba dei ggiovani.
A me me sembrano entrambi dei fintoni ridicoli e malvestiti. Ma dico io, la dignità!!! Ma Otis Redding suonava in calzonetti? ma dico io...
TOOL O NINE INCH NAILS?
ODDIOKEDITARKULOOOOOOO!!!
SLINT O TORTOISE?
I SONICS PERLAMADONNAAAA!!!!
MOGWAI O BELLE & SEBASTIAN?Goldrake. Punto.
UNDERWORLD O CHEMICAL BROTHERS?'na puntarella co' l'alici ar cinqueeeee....
KINGS OF CONVENIENCE O IRON & WINE?Se proprio devo scegliere, scelgo il secondo.
BJORK O CAT POWER?E su, spocchiosi che non siete altro!! Cat Power! A me le talentuose scorreggie elettroniche di Bjork non hanno mai fatto cambiar giudizio.
NICK DRAKE O TIM BUCKLEY?Nick Drake, almeno non è morto per sbaglio.
BECK O DAMIEN RICE?t'aaa porto a' romanella a fine pasto?
JEFF BECK O ERIC CLAPTON?
Io dico Peter Green e se non sapete chi è potete anche dire in giro che non capite un cazzo di British Blues.
NEIL YOUNG O BRUCE SPRINGSTEEN?Domanda retorica per me, nonostante ami molto Neil Young.
JANIS JOPLIN O PATTI SMITH?È dura davvero, le adoro entrambe ed entrambe le scelgo.
PEARL JAM O ALICE IN CHAINS?
Eddie Vedder è una delle migliori voci dell'ultimo ventennio, sono divertenti, l'ho visti dal vivo e sono generosissimi, gli Alice in chains sono un po' depressini...
FAITH NO MORE O RED HOT CHILI PEPPERS?
Faith no more, i peppers sono fuffa!!!
FRANZ FERDINAND O BLOC PARTY?Ma perché, esiste anche qualcuno che è lacerato da dilemmi come questo? Ma qual'è l'importanza di questi gruppi? Siamo seri per favore (come dice l'on. Bondi....)
RAGE AGAINST THE MACHINE O KYUSS?
Kyuss, anche se “Killing in the name” era proprio una spaccatimpani di prim'ordine
PANTERA O SEPULTURA?ooo' voi er limonscellooo sur gelato????
SYSTEM OF A DOWN O QUEENS OF THE STONE AGE?
QOTSA.
COLDPLAY O MUSE?LA MORTE PER ENTRAMBI.
BLOC PARTY O ARCTIC MONKEYS?mmmmm deliscious....
FRANZ FERDINAND O INTERPOL?la STASI, o al limite il KGB.
THE NATIONAL O YEASAYER?The National sono sopravvalutati, gli altri chi cazzo sono?
AEROSMITH O DIRE STRAITS?Dire Straits perché gli Aerosmith sono i genitori dei capelloni anni '80 palette a punta, cotonamenti e fica tanta...
DAVID BOWIE O LOU REED?
MA L'AVETE MAI ASCOLTATO NEW YORK???? MA CHE DOMANDE SONO???
BLUR O OASIS?
I SONICS PERLAMADONNAAAA!!!!
U2 O VELVET UNDERGROUND?
Gli U2 mi hanno cambiato la vita, almeno in una occasione, i Velvet Underground sono più una questione culturale.
Ecco fatto.
E NON PERMETTETEVI PIU' DI FARE QUESTE COSE SENZA LA MIA PRESENZA!!!
E NON PERMETTETEVI PIU' DI FARE QUESTE COSE SENZA LA MIA PRESENZA!!!
27 luglio 2008
BUONGIORNO, EH?
Ma dico, ma voi l'avete mai letto il blog di Ernesto Assante, su Repubblica.it? Prima, qualche tempo fa, stava bene in evidenza. In coda alle notizie e notiziole (più le seconde delle prime, come al solito) c'era lui, il criticone nazionale, colui che tutto sa e tutto spaccia come novità, soprattutto i gruppi che la stampa inglese cerca da tempo immemorabile di sdoganare come rivelazioni del decennio (i nuovi Oasis, i nuovi Blur, i nuovi Who, i nuovi Radiohead, i nuovi Nirvana blah blah blah). A una certa bello pisellino se sveja e pensa Oh, ma guardate cosa c'è di nuovo. E nuovo non è, ma perché dovremmo dirglielo, tenerello?
Qualche giorno fa (un mesetto fa: il 30 giugno) insomma, il prode Assante, che come abbiamo capito è parecchi passi avanti a tutti, e persino a se stesso, è inciampato in un dilemma in cui nessuno - musicista, critico, semplice appassionato o ascoltatore, povero mortale insomma - avrebbe mai potuto cacciarsi.
Il rock è morto?, si chiede Assante, niente di meno e per CENTO RIGHE VENGHINO SIORI VENGHINO CENTO RIGHE (che però sono aperte da un disclaimer del tipo Ho scritto questo articolo di fretta Non ho avuto tempo di rileggere Non so se ho detto delle cazzate cose inesatte pure invenzioni) sproloquia sulle mode la difficoltà di definire il genere le varie correnti apparentemente incoerenti tra loro. Sostiene Assante, che il rock potrebbe essere morto nel 1991, all'uscita di Nevermind, di tali Nirvana, e - colpo di scena! - manco ci spiega il perché.
Non nel 1969 all'indomani di Woodstock e della massificazione della controcultura hippie ci si è fatti questa domanda (dopotutto lui non è Bertoncelli), né nel 1977 alla comparsa del punk, né alla metà degli anni 80, quando MTV ha ricacato nuovamente digerito e assimilato ogni accenno di ribellione contenutistica o linguistica o ogni aura di autenticità.
No, Assante, che è veramente di un altro mondo e noi NON CI ARRIVIAMO NEMMENO, sullo stesso sito che si trattiene a stento dal pubblicare l'analisi istologica di Amy Winehouse e il diario segreto di Pete Doherty (che è il pischello di Kate Moss, ed è famoso PER QUELLO), il 30 giugno 2008 si chiede e ci fa riflettere sull'eventualità che il rock sia morto.
Bravo Assante, te li meriti proprio tutti, i bei soldoni che ti danno.
Bravo Assante, te li meriti proprio tutti, i bei soldoni che ti danno.
E per concludere, perché non appiccicare uno youtube di un capolavoro nascosto, un esempio di grande eloquenza rock, un sigillo di spessore e contenuto? Che ne so, SEX DRUGS AND ROCK AND ROLL di Ian Dury?
Così, volendoci bene, perché non si è mai abbastanza Biscardi.
Ah, per chi volesse attingere di prima mano a cotanta saggezza e cotale avanguardistico pensiero, ecco l'articolo: cliccate qui.
22 luglio 2008
riceviamo e volentieri pubblichiamo
un test da un bulletin su myspace. anche io sono giovane. anche io mi posso permettere di sprecare un lunedì sera rubato alle prove rispondendo a domande del cazzo.questo è un paese libero. come no.
Beatles o Rolling Stones?
Vaffanculo. Beatles E Rolling Stones. Alla fine questa cosa della rivalità se l’era inventata la stampa inglese. Che ne so, come i figli de coso, riccetto, dei colplei o quell'artro dito ar culo mediatico che è emi uainaus. Quindi entrambi, che scegliere uno dei due è grave, gravissimo. E io - Valerio - so che stai scherzando.
Depeche Mode o The Police?I Police. Una cazzo di risata non ha mai ammazzato nessuno. E poi un gruppo con una batteria finta NON VINCERA’ MAI contro un gruppo con una batteria vera. Soprattutto se la batteria vera la suona Stewart Copeland.
The Cure o The Smiths?Boh. Ai Cure ci sarò affezionato ma sono cazzi miei. E poi sono rami secchi, su di loro non è cresciuto niente, solo parrucche. Quindi mi sa gli Smiths. Ma ai punti, eh? E poi Johnny Marr era un figo. Adesso non più perché suona coi Modest Mouse e quindi lo voglio morto. Chiunque siano i Modest Mouse, che tra l’altro mi dicono essere un altro gruppo snob che bagna le mutandine di blowup.
Iron Maiden o Metallica?Iron Maiden. Sempre per quella storia del farsi una cazzo di risata.
Sonic Youth o Nirvana?Nirvana. Che i Sonic Youth saranno pure importanti, ma io non riesco a imparare le parole delle loro canzoni, perdio.
REM o Radiohead?mmmm. Passo. Davvero. Non voglio di nuovo giocarmi il bonus e dire entrambi. Tocca esse categorici, la storia è con me. Al massimo me ne posso uscire con un colpo di mano e dire che non è più tempo di paragonare un gruppo inglese a uno americano. Tiè.
The Strokes o The White stripes?I White Stripes. +10 in cazzo de risata. E poi i mejo suoni de chitara del decennio.
Led Zeppelin o Black Sabbath?Black Sabbath, dice Valerio, e Black Sabbath dico io. Ma giusto per andare in culo ai Led Zeppelin e ai capelloni che ancora ce stanno in fissa. E a radiorock, ovviamente.
King Crimson o Soft MachineMa per favore. I Minutemen.
Pink Floyd o The Who?Gli Who ma PRIMA di sell out. Poi diventano come l’hummer: bello sì, quanto ti pare, ma che cazzo ci fai?
Gino Paoli o Luigi Tenco ?
Sì, d’accordo l’incontro, un’emozione che ti scoppia dentro, l’invito a cena dove c’è atmosfera, la barba fatta con maggiore cura, la macchina a lavare ed era ora, hai voglia di far centro quella sera, sì, d’accordo, ma poi…
Rino Gaetano o Le Luci Della Centrale Elettrica?Sarò onesto. Mi rompono il cazzo entrambi.
Diaframma o CCCP Fedeli Alla Linea ?Idem con patate.
Lucio Dalla o Francesco De Gregori ?Cioè, mi state chiedendo di scegliere tra uno che ha disperso il suo seme in metà dei nuovi cantautori italiani (nuovI cantautorI italianI, maschI) e adesso sta in fissa col papa, e uno che se se la tira un altro po’ je rimane in mano e cambia le parole e le metriche dei suoi pezzi per non far cantare la gente ai concerti? Appresso.
Fabrizio De André o Georges Brassens ?De Andrè. Giusto a senso politico. Onestamente preferisco leggere i suoi testi piuttosto che ascoltare un suo disco
Afterhours o Baustelle?
Ha (sempre) ragione Robertò.
Elio E Le Storie Tese o Skiantos?La mia vita è nella fretta la mia strada si è ristretta la mia casa è una cantina la mia vita è in officina Il lavoro a me mi stende e per giunta non mi rende per comprarmi una maglietta ho venduto la mia lambretta Quando prendo lo stipendio in gelati me lo spendo i gelati sono buoni ma costano milioni I gelati sono buoni ma costano milioni I gelati sono buoni ma costano milioni La fatica mi deprime e mi tiene sulle spine ma se vado fuori a cena prendo un gelato all'amarena Il gelato è il mio conforto mi ripaga di ogni torto il gelato mi consola e fa dolce la mia gola Quando arrivo a fine mese faccio il conto delle spese in gelati ho speso tutto e rimango senza un letto I gelati sono buoni ma costano milioni I gelati sono buoni ma costano milioni.
QUEEN O GUNS 'N ROSES?Boh. Perlomeno Freddie Mercury aveva i baffi, non potevi dire di non aver capito.
PRINCE O MICHAEL JACKSON?Michael Jackson, ma SOLO il primo disco.
UNDERWORLD O CHEMICAL BROTHERS?
NESSUNO. RAVERS DEL CAZZO.
BJORK O CAT POWER?Valerio dice Power rangers, confermo e sottoscrivo.
NICK DRAKE O TIM BUCKLEY?Nick Drake a oltranza.
BECK O DAMIEN RICE?
Geeeo-va! Geeeo-va! Geeeo-va! Geeeo-va!
JEFF BECK O ERIC CLAPTON?Direi Jeff Beck solo perché non è Eric Clapton e perché si fece cacciare dagli Yardbirds perché voleva spaccare una chitarra in testa a Jimmy Page.
NEIL YOUNG O BRUCE SPRINGSTEEN?Bruce Springsteen, ma in volata.
JANIS JOPLIN O PATTI SMITH?Patti Smith. Perché le idee vincono sempre sul carisma. Per noi nerd.
PEARL JAM O ALICE IN CHAINS?Me sa Alice In Chains. Più coraggiosi.
FAITH NO MORE O RED HOT CHILI PEPPERS?
Faith no More. I peppers sono una truffa quasi più grande dei Sex Pistols. Almeno i Pistols erano i primi a dire di essere una truffa.
FRANZ FERDINAND O BLOC PARTY?I Franz Ferdinand so' i Talkin' Heads co' la meningite (cit.).
RAGE AGAINST THE MACHINE O KYUSS?Kyuss. Vero, cine’?
PANTERA O SEPULTURA?Pantera, manco ce penso.
SYSTEM OF A DOWN O QUEENS OF THE STONE AGE?QOTSA. A me i dischi coi cori degli alpini, mai piaciuti, manco co’ le chitare lettriche sotto.
COLDPLAY O MUSE?
La tachipirina in supposte.
BLOC PARTY O ARCTIC MONKEYS?I Franz Ferdinand so' i Talkin' Heads co' la meningite (cit.).
FRANZ FERDINAND O INTERPOL?I Franz Ferdinand so' i Talkin' Heads co' la meningite (cit.).
THE NATIONAL O YEASAYER?Nazionali senza filtro. Scherzo. CHI CAZZO SONO COSTORO?
AEROSMITH O DIRE STRAITS?Dire Straits. La classe è sempre la classe.
BLUR O OASIS?Blur. Gli Oasis se li incontro per la strada li metto sotto.
Non mi stupisco che non si fanno più vedere ar collatino.
U2 O VELVET UNDERGROUND?Aoh. A me dopotutto sti VU m’hanno sempre lasciato un po’ perplesso. Me sa che a sto giro vado in culo alla storia e alla necessità, e scelgo cor core. Quindi U2. Ite missa est.
Beatles o Rolling Stones?
Vaffanculo. Beatles E Rolling Stones. Alla fine questa cosa della rivalità se l’era inventata la stampa inglese. Che ne so, come i figli de coso, riccetto, dei colplei o quell'artro dito ar culo mediatico che è emi uainaus. Quindi entrambi, che scegliere uno dei due è grave, gravissimo. E io - Valerio - so che stai scherzando.
Benché su questa cosa di sparare a John Lennon non è che ti posso dare torto. Del resto ormai era il 1980, i giochi erano fatti.
Bob Dylan o Johnny Cash?Dylan. Perdonatemi: io lo so che Cash è una delle icone della musica americana, che precede Dylan di praticamente un decennio, la Sun e tutto il resto. Però Dylan è Dylan, e Cash è solo Cash. E poi Bringin’ it all back home batte praticamente qualsiasi altro disco 10 a 0. Tranne reininblo’.
Jimi Hendrix o The Doors?Hendrix. I Doors erano un gruppo di opportunisti intorno a un paraculo ruffiano e borghese (mode: petulante/off).
I colori e le sfumature di Hendrix non meritano nemmeno di essere accostati al fumoso e snob laghetto putrido che i Doors chiamavano poesia. Stronzi fricchettoni del cazzo.
Tom Waits o Nick Cave?Tom Waits. Per quanto Nick Cave abbia il suo merito e il suo indiscusso talento, non arriva dritto al cuore, non va bene in QUALSIASI momento e semplicemente, per quanto grandioso, non è un GENIO. Appresso.
Sex Pistols o The Stooges?E i Clash? Ma che in Italia non se li ascolta nessuno? Comunque se proprio devo dare una risposta, gli Stooges. I Pistols sono sempre stati gli Elvis del punk. Importanti come il dito quando il saggio punta il dito alla luna e gli stupidi guardano i Pistols, appunto.
Jimi Hendrix o The Doors?Hendrix. I Doors erano un gruppo di opportunisti intorno a un paraculo ruffiano e borghese (mode: petulante/off).
I colori e le sfumature di Hendrix non meritano nemmeno di essere accostati al fumoso e snob laghetto putrido che i Doors chiamavano poesia. Stronzi fricchettoni del cazzo.
Tom Waits o Nick Cave?Tom Waits. Per quanto Nick Cave abbia il suo merito e il suo indiscusso talento, non arriva dritto al cuore, non va bene in QUALSIASI momento e semplicemente, per quanto grandioso, non è un GENIO. Appresso.
Sex Pistols o The Stooges?E i Clash? Ma che in Italia non se li ascolta nessuno? Comunque se proprio devo dare una risposta, gli Stooges. I Pistols sono sempre stati gli Elvis del punk. Importanti come il dito quando il saggio punta il dito alla luna e gli stupidi guardano i Pistols, appunto.
Depeche Mode o The Police?I Police. Una cazzo di risata non ha mai ammazzato nessuno. E poi un gruppo con una batteria finta NON VINCERA’ MAI contro un gruppo con una batteria vera. Soprattutto se la batteria vera la suona Stewart Copeland.
The Cure o The Smiths?Boh. Ai Cure ci sarò affezionato ma sono cazzi miei. E poi sono rami secchi, su di loro non è cresciuto niente, solo parrucche. Quindi mi sa gli Smiths. Ma ai punti, eh? E poi Johnny Marr era un figo. Adesso non più perché suona coi Modest Mouse e quindi lo voglio morto. Chiunque siano i Modest Mouse, che tra l’altro mi dicono essere un altro gruppo snob che bagna le mutandine di blowup.
Iron Maiden o Metallica?Iron Maiden. Sempre per quella storia del farsi una cazzo di risata.
Sonic Youth o Nirvana?Nirvana. Che i Sonic Youth saranno pure importanti, ma io non riesco a imparare le parole delle loro canzoni, perdio.
REM o Radiohead?mmmm. Passo. Davvero. Non voglio di nuovo giocarmi il bonus e dire entrambi. Tocca esse categorici, la storia è con me. Al massimo me ne posso uscire con un colpo di mano e dire che non è più tempo di paragonare un gruppo inglese a uno americano. Tiè.
The Strokes o The White stripes?I White Stripes. +10 in cazzo de risata. E poi i mejo suoni de chitara del decennio.
Led Zeppelin o Black Sabbath?Black Sabbath, dice Valerio, e Black Sabbath dico io. Ma giusto per andare in culo ai Led Zeppelin e ai capelloni che ancora ce stanno in fissa. E a radiorock, ovviamente.
King Crimson o Soft MachineMa per favore. I Minutemen.
Pink Floyd o The Who?Gli Who ma PRIMA di sell out. Poi diventano come l’hummer: bello sì, quanto ti pare, ma che cazzo ci fai?
Gino Paoli o Luigi Tenco ?
Sì, d’accordo l’incontro, un’emozione che ti scoppia dentro, l’invito a cena dove c’è atmosfera, la barba fatta con maggiore cura, la macchina a lavare ed era ora, hai voglia di far centro quella sera, sì, d’accordo, ma poi…
Rino Gaetano o Le Luci Della Centrale Elettrica?Sarò onesto. Mi rompono il cazzo entrambi.
Diaframma o CCCP Fedeli Alla Linea ?Idem con patate.
Lucio Dalla o Francesco De Gregori ?Cioè, mi state chiedendo di scegliere tra uno che ha disperso il suo seme in metà dei nuovi cantautori italiani (nuovI cantautorI italianI, maschI) e adesso sta in fissa col papa, e uno che se se la tira un altro po’ je rimane in mano e cambia le parole e le metriche dei suoi pezzi per non far cantare la gente ai concerti? Appresso.
Fabrizio De André o Georges Brassens ?De Andrè. Giusto a senso politico. Onestamente preferisco leggere i suoi testi piuttosto che ascoltare un suo disco
Afterhours o Baustelle?
Ha (sempre) ragione Robertò.
Elio E Le Storie Tese o Skiantos?La mia vita è nella fretta la mia strada si è ristretta la mia casa è una cantina la mia vita è in officina Il lavoro a me mi stende e per giunta non mi rende per comprarmi una maglietta ho venduto la mia lambretta Quando prendo lo stipendio in gelati me lo spendo i gelati sono buoni ma costano milioni I gelati sono buoni ma costano milioni I gelati sono buoni ma costano milioni La fatica mi deprime e mi tiene sulle spine ma se vado fuori a cena prendo un gelato all'amarena Il gelato è il mio conforto mi ripaga di ogni torto il gelato mi consola e fa dolce la mia gola Quando arrivo a fine mese faccio il conto delle spese in gelati ho speso tutto e rimango senza un letto I gelati sono buoni ma costano milioni I gelati sono buoni ma costano milioni.
Mi dispiace ma Elio ste cose non le ha fatte mai.
Patti Smith o Television?Ramones.
Blondie o Cars?Ramones.
Pere Ubu o The Residents?RAMONES!
Japan o Ultravox?
RAMONES!!!!
Blondie o Cars?Ramones.
Pere Ubu o The Residents?RAMONES!
Japan o Ultravox?
RAMONES!!!!
Joy Division o Bauhaus?
RAMONES!!!!!!!
RAMONES!!!!!!!
Wire o New Order?
Wire, ma se ci penso meglio, scelgo Ramones.
Wire, ma se ci penso meglio, scelgo Ramones.
Suicide o Devo?
Valerio risponde Burzum, io chi sono per dire il contrario?
Einsturzende Neubauten o Cabaret Voltaire ?Neubauten, ma in lontananza, tipo: in un’altra città.
My Bloody Valentine o Slowdive?Ugo trippa e sugo.
Smashing Pumpkins o Blonde Redhead?
Madonna che due palle… Ma gruppi che fanno ride no? E poi che cazzo c’entrano? Solo perché c’è un giapponese in entrambi i gruppi?
Massive Attack o Portishead?
Portishead tutta la vita. Tra fricchettoni e non fricchettoni è chiaro che sceglierò NON fricchettoni finché posso.
Valerio risponde Burzum, io chi sono per dire il contrario?
Einsturzende Neubauten o Cabaret Voltaire ?Neubauten, ma in lontananza, tipo: in un’altra città.
My Bloody Valentine o Slowdive?Ugo trippa e sugo.
Smashing Pumpkins o Blonde Redhead?
Madonna che due palle… Ma gruppi che fanno ride no? E poi che cazzo c’entrano? Solo perché c’è un giapponese in entrambi i gruppi?
Massive Attack o Portishead?
Portishead tutta la vita. Tra fricchettoni e non fricchettoni è chiaro che sceglierò NON fricchettoni finché posso.
QUEEN O GUNS 'N ROSES?Boh. Perlomeno Freddie Mercury aveva i baffi, non potevi dire di non aver capito.
PRINCE O MICHAEL JACKSON?Michael Jackson, ma SOLO il primo disco.
KORN O DEFTONES?Se proprio devo scegliere i Deftones: almeno sanno scrivere qualcosina che non metta in conto la gastrite.
TOOL O NINE INCH NAILS?Tool, ma fino ai diciott’anni. Dopo sei un perdente.
TOOL O NINE INCH NAILS?Tool, ma fino ai diciott’anni. Dopo sei un perdente.
SLINT O TORTOISE?
Slint
MOGWAI O BELLE & SEBASTIAN?
Gigione.
Slint
MOGWAI O BELLE & SEBASTIAN?
Gigione.
UNDERWORLD O CHEMICAL BROTHERS?
NESSUNO. RAVERS DEL CAZZO.
KINGS OF CONVENIENCE O IRON & WINE?
I primi.
I primi.
BJORK O CAT POWER?Valerio dice Power rangers, confermo e sottoscrivo.
NICK DRAKE O TIM BUCKLEY?Nick Drake a oltranza.
BECK O DAMIEN RICE?
Geeeo-va! Geeeo-va! Geeeo-va! Geeeo-va!
JEFF BECK O ERIC CLAPTON?Direi Jeff Beck solo perché non è Eric Clapton e perché si fece cacciare dagli Yardbirds perché voleva spaccare una chitarra in testa a Jimmy Page.
NEIL YOUNG O BRUCE SPRINGSTEEN?Bruce Springsteen, ma in volata.
JANIS JOPLIN O PATTI SMITH?Patti Smith. Perché le idee vincono sempre sul carisma. Per noi nerd.
PEARL JAM O ALICE IN CHAINS?Me sa Alice In Chains. Più coraggiosi.
FAITH NO MORE O RED HOT CHILI PEPPERS?
Faith no More. I peppers sono una truffa quasi più grande dei Sex Pistols. Almeno i Pistols erano i primi a dire di essere una truffa.
FRANZ FERDINAND O BLOC PARTY?I Franz Ferdinand so' i Talkin' Heads co' la meningite (cit.).
RAGE AGAINST THE MACHINE O KYUSS?Kyuss. Vero, cine’?
PANTERA O SEPULTURA?Pantera, manco ce penso.
SYSTEM OF A DOWN O QUEENS OF THE STONE AGE?QOTSA. A me i dischi coi cori degli alpini, mai piaciuti, manco co’ le chitare lettriche sotto.
COLDPLAY O MUSE?
La tachipirina in supposte.
BLOC PARTY O ARCTIC MONKEYS?I Franz Ferdinand so' i Talkin' Heads co' la meningite (cit.).
FRANZ FERDINAND O INTERPOL?I Franz Ferdinand so' i Talkin' Heads co' la meningite (cit.).
THE NATIONAL O YEASAYER?Nazionali senza filtro. Scherzo. CHI CAZZO SONO COSTORO?
AEROSMITH O DIRE STRAITS?Dire Straits. La classe è sempre la classe.
DAVID BOWIE O LOU REED?
Ma chi ssoo ncula devibbaui?
Ma chi ssoo ncula devibbaui?
BLUR O OASIS?Blur. Gli Oasis se li incontro per la strada li metto sotto.
Non mi stupisco che non si fanno più vedere ar collatino.
U2 O VELVET UNDERGROUND?Aoh. A me dopotutto sti VU m’hanno sempre lasciato un po’ perplesso. Me sa che a sto giro vado in culo alla storia e alla necessità, e scelgo cor core. Quindi U2. Ite missa est.
3 luglio 2008
la stampa italiana vince bene come sempre.
digressioni sul tema liberamente ispirate da
"Kate, la numero uno erede di Madonna"
un articolo di Andrea Laffranchi apparso oggi, 3 luglio 2008 su Corriere.it, il sito dell'autorevole testata italiana Corriere della Sera, fondata nel 1876.
Gentile sig. Laffranchi, gentile redazione di Corriere.it
è utile diffondersi in 33 righe per un disco (mi riferisco a "One of the boys" di tale Kate Perry) che è stato stroncato o nella migliore delle ipotesi snobbato dalla stampa musicale?
Una cantante alla prima uscita, che viene liquidata da testate come Allmusic.com (voto 2/5) o Spin Magazine (voto 1,5/5) o Slant Magazine (voto 2/5) praticamente come una perdita di tempo per analfabeti della musica, merita a vostro parere un articolo con tanto di galleria fotografica a ulteriore corredo?
Certo, statisticamente non si può parlare successo da parte della signorina Perry, che di suo può contare solo sulle tematiche erotiche e le allusioni saffiche, che in italia attecchiscono come la gramigna e fioriscono sui giornali, ma che altrove vengono citate a detrimento come facile dispositivo di marketing.
Quello che mi chiedo, però, è se - data la scarsissima caratura del disco, che io ho effettivamente ascoltato - queste 33 righe fossero opportune e necessarie per il pubblico italiano, oppure se abbiate una morbosa predilezione a coprire qualsiasi notizia abbia sfondo omosessuale femminile, oppure semplicemente se non potevate proprio evitarci la solita marchetta commissionata dall'etichetta discografica.
Diamine, non pensavo che sareste riusciti a farmi sentire la mancanza perfino di Amy Winehouse.
Cordialmente, ma nemmeno troppo.
cane,
Roma.
"Kate, la numero uno erede di Madonna"
un articolo di Andrea Laffranchi apparso oggi, 3 luglio 2008 su Corriere.it, il sito dell'autorevole testata italiana Corriere della Sera, fondata nel 1876.
Gentile sig. Laffranchi, gentile redazione di Corriere.it
è utile diffondersi in 33 righe per un disco (mi riferisco a "One of the boys" di tale Kate Perry) che è stato stroncato o nella migliore delle ipotesi snobbato dalla stampa musicale?
Una cantante alla prima uscita, che viene liquidata da testate come Allmusic.com (voto 2/5) o Spin Magazine (voto 1,5/5) o Slant Magazine (voto 2/5) praticamente come una perdita di tempo per analfabeti della musica, merita a vostro parere un articolo con tanto di galleria fotografica a ulteriore corredo?
Certo, statisticamente non si può parlare successo da parte della signorina Perry, che di suo può contare solo sulle tematiche erotiche e le allusioni saffiche, che in italia attecchiscono come la gramigna e fioriscono sui giornali, ma che altrove vengono citate a detrimento come facile dispositivo di marketing.
Quello che mi chiedo, però, è se - data la scarsissima caratura del disco, che io ho effettivamente ascoltato - queste 33 righe fossero opportune e necessarie per il pubblico italiano, oppure se abbiate una morbosa predilezione a coprire qualsiasi notizia abbia sfondo omosessuale femminile, oppure semplicemente se non potevate proprio evitarci la solita marchetta commissionata dall'etichetta discografica.
Diamine, non pensavo che sareste riusciti a farmi sentire la mancanza perfino di Amy Winehouse.
Cordialmente, ma nemmeno troppo.
cane,
Roma.
27 giugno 2008
chi si estrania dalla lotta...
Caro cuoco,
Ti rispondo qui perché il tuo ultimo intervento mi sembra degno di un commento, perché volevo mandarti un'altra risposta alla tua altrettanto accorata email di ieri (voialtri fatevi i cazzi vostra) e perché me l'hai anche chiesto per sms, quindi non potevo proprio esimermi - o trattenermi.
Inoltre, hai scritto il post che io non ho mai scritto perché non ho mai avuto occasione, perché non mi ha mai retto la pompa, ma anche perché ho sempre assimilato gettare merda su Alias (te lo dico senza la minima polemica) allo sparare sulla Croce Rossa.
Al di là del fatto che sia ridicolo più che vergognoso che un redattore di una rubrica, di una rivista, di un rotolo di carta igienica musicale non sia documentato su ciò di cui parla e decida comunque di parlarne, il problema di Alias non è la sua costante impreparazione su tutto ciò che sta al di fuori del suo cortile, la specializzazione è tutto, soprattutto per quanto riguarda la stampa e la stampa musicale: se così non fosse avremmo ancora Tutto tra le palle e non si sarebbe compiuto il miracolo editoriale degli anni ’90 (anche se in realtà è pure vero che il problema è uscito dalla porta e rientrato dalla finestra perché alla scomparsa di tutto è emerso il NEMICO cioè il supplemento musicale di Repubblica, che poi è diventato il supplemento tipo pasta-al-tutto di Repubblica).
Il problema di Alias è il suo cortile tout court, il suo taglio editoriale. Ma facciamo un passo indietro (e scriviamo proprio questa frase, ché Nanni è contento).
Forse era Marcuse che diceva che non ci sono più le classi, ma solo categorie merceologiche differenziate. Marcuse o no, era un figo e noi tra meno di quindici giorni berremo Ieghemaista alla sua. L’Espresso ha il suo pubblico e i suoi sponsor, Oggi ha il suo pubblico e i suoi sponsor, Diva & Donna ha il suo pubblico e i suoi sponsor. Perché Alias (e il suo ceppo) dovrebbero fare eccezione? Un giornale sopravvive non tanto se ha un pubblico (chiedi alla testata dell’Udeur) ma se ha soldi, e i soldi non arrivano dalle edicole.
Il manifesto, con le sottoscrizioni, l’abbiamo visto che non ci campa – sennò non verrebbe a battere cassa tre volte all’anno. E anche questo te lo dico senza il minimo cinismo. Apprezzo quella testata, e spero che continui la sua missione per molti anni, nonostante mi rompa le palle come poche cose al mondo.
Ma – attenzione, e attenzione Nanni – abbiamo già fatto un altro passo indietro, anche questo riflette un certo tipo di orientamento che certo è ideologico e politico, sociale, ma anche merceologico e schiettamente editoriale. I comunisti sono gente pallosa, Cuoco. Ma pallosa forte. Pallosa del tipo festa di Liberazione col cantante mesto, piede sulla sedia e cover di Guccini con tanto di omaggio alla erre moscia, NESSUNO si diverte.
Per carità, spargere la voce che si è noiosi contribuisce un sacco al potersene rimanere in pace una volta per tutte: aggredire i vicini con il fantasma di Lenin evita lo small talk e i commenti sul prezzo dei fusilli. Ma un conto è l’autodifesa, un conto è l’harakiri.
Il lettore di Alias (che poi mediamente è anche il suo redattore), che poi è il lettore del manifesto, che poi è l’elettore di sinistra – la sinistra critica che non passa alle elezioni, Cuoco, intendiamoci: la sinistra che merita ancora questo nome – è il palloso barbuto e sandaluto che non ride perché pensa al Chiapas e non beve Coca-Cola perché vuole andare in culo all’imperialismo gringo, piange perché Augusto Daolio è morto e gli manca Pajetta.
Cuoco, cazzo: il lettore medio del manifesto e elettore medio dei partiti della sinistra, è la zecca. Consapevole, cosciente, attenta, ma sempre zecca è.
Capito questo si capisce tutto. Si capisce perché tale R.Pe. non ha idea di chi sia Langhorne Slim e pensa che l’alt-country sia una trovata promozionale, si capisce perché magari snobba Springsteen salvo osannarlo quando ciccia fuori con le Seeger Sessions, si capisce perché su Alias si parla solo di folk balinese, cinema indipendente socialista lappone o visioni femministe di Lacan. Più che un settimanale di cultura musica e visioni o che cavolo dice la testatina, pare il catalogo di Rinascita a Botteghe Oscure.
Alias, ho pensato dall'inizio, non fa per me, che sono talmente medio che è un miracolo che la gente non mi cammini attraverso, che non sto sveglio la notte a pensare al postimperialismo spacciato attraverso il rock and roll e il cinema di Hollywood, e che onestamente sostengo e difendo che se Lenin in persona avesse fatto un disco di canti popolari, con tutta probabilità mi avrebbe fatto CACARE, dato che se scegli di essere musicista sei PRIMA musicista e POI politico o politicante, e che potrai avere ragione quanto vuoi, ma resta il fatto che se non mi piaci, il tuo cd vola via dalla finestra.
Per carità, parliamo di cose utili, di cose imporantissime, ma parliamo di cose che non interessano a nessuno: francamente penso che la penetrazione statistica dei loro articoli sia pari a quella di uno studio sulla storia sociale del mais nella Lunigiana. Eppure noi ce la siamo fatta andare bene (anche se non sono nemmeno sicuro di poter dire ancora Noi, sai?), abbiamo premiato il solito terzomondista colorato con le mani dipinte di bianco, abbiamo voluto incontrare le nuove frange della cultura popolare ovunque questa si annidasse e rimanesse monda dal corrotto imperialismo statunitense. Abbiamo fondato una nuova religione, martire, grama e vessatoria come quella che volevamo combattere. Un altro cattolicesimo, in altre parole.
Noi, Alias, il manifesto, la sinistra italiana. Gente fuori dal mondo, fuori dalla realtà e fuori dal vero accadere delle cose. Gente che si distrae spostando sempre più in là l’obiettivo per non doversi arrendere alla propria impotenza e non confessare il proprio ascetismo codardo e irresponsabile.
Ce la siamo presi col disimpegno degli anni 80, la rinuncia da parte della popolazione alla partecipazione attiva alla politica, alla palude democristiana, senza renderci conto che anche noi abbiamo avuto il nostro disimpegno, e con esso sono arrivate le sacrosante distrazioni kosher, opportunamente rilanciate e promosse da R.Pe. e sodali.
E mo’? Mo’ non sappiamo più che accade, chi sono queste persone con questi microfoni in mano, dove sono finiti gli Inti Illimani, cos’è questa musica che stiamo facendo e che musica ci infilano su per il culo mentre pensiamo ad altro, e perché strillate così e perché siete così incazzati e perché questi volumi così alti è una cosa innaturale questa musica divide non unisce e poi questo approccio fisico sembra che state litigando e non vi divertite dov’è la gioia dov’è il divertimento, e poi siamo tutti bravi a scimmiottare gli americani con le nostre chitarre elettriche non c’è mai niente di nuovo Elvis era nazista ci hai mai fatto caso che fate ancora la sua musica? Ridi Cuoco, ridi: a me ‘ste cose me le hanno dette davvero.
Mentre si discettava sull’opportunità di portare la rivoluzione in Belize, ci si indignava per il massacro in Darfur e il genocidio in centr’Africa (tutte cose nobili e importanti), i fascisti sono saliti al potere (i fascisti, beninteso, sparso per TUTTO l’arco costituzionale), hanno preso tutto e ci hanno messo in condizioni di dover chiedere scusa per il nostro passato.
Ma che je voi dì, a sta gente? È più comodo ignorare il nemico piuttosto che combatterlo, illudersi che un altro mondo è possibile piuttosto che dover reimparare la lingua che parla questo. A fare la guerra fanno male le gambe, e poi fa caldo, meglio una grattachecca glocal.
Noi, faccia lavata, adesso ci ride addosso tutta quest’Italia ingrata e mongoloide, ma siamo contenti e coerenti, e niente Nike ai piedi, vedete?
Ti rispondo qui perché il tuo ultimo intervento mi sembra degno di un commento, perché volevo mandarti un'altra risposta alla tua altrettanto accorata email di ieri (voialtri fatevi i cazzi vostra) e perché me l'hai anche chiesto per sms, quindi non potevo proprio esimermi - o trattenermi.
Inoltre, hai scritto il post che io non ho mai scritto perché non ho mai avuto occasione, perché non mi ha mai retto la pompa, ma anche perché ho sempre assimilato gettare merda su Alias (te lo dico senza la minima polemica) allo sparare sulla Croce Rossa.
Al di là del fatto che sia ridicolo più che vergognoso che un redattore di una rubrica, di una rivista, di un rotolo di carta igienica musicale non sia documentato su ciò di cui parla e decida comunque di parlarne, il problema di Alias non è la sua costante impreparazione su tutto ciò che sta al di fuori del suo cortile, la specializzazione è tutto, soprattutto per quanto riguarda la stampa e la stampa musicale: se così non fosse avremmo ancora Tutto tra le palle e non si sarebbe compiuto il miracolo editoriale degli anni ’90 (anche se in realtà è pure vero che il problema è uscito dalla porta e rientrato dalla finestra perché alla scomparsa di tutto è emerso il NEMICO cioè il supplemento musicale di Repubblica, che poi è diventato il supplemento tipo pasta-al-tutto di Repubblica).
Il problema di Alias è il suo cortile tout court, il suo taglio editoriale. Ma facciamo un passo indietro (e scriviamo proprio questa frase, ché Nanni è contento).
Forse era Marcuse che diceva che non ci sono più le classi, ma solo categorie merceologiche differenziate. Marcuse o no, era un figo e noi tra meno di quindici giorni berremo Ieghemaista alla sua. L’Espresso ha il suo pubblico e i suoi sponsor, Oggi ha il suo pubblico e i suoi sponsor, Diva & Donna ha il suo pubblico e i suoi sponsor. Perché Alias (e il suo ceppo) dovrebbero fare eccezione? Un giornale sopravvive non tanto se ha un pubblico (chiedi alla testata dell’Udeur) ma se ha soldi, e i soldi non arrivano dalle edicole.
Il manifesto, con le sottoscrizioni, l’abbiamo visto che non ci campa – sennò non verrebbe a battere cassa tre volte all’anno. E anche questo te lo dico senza il minimo cinismo. Apprezzo quella testata, e spero che continui la sua missione per molti anni, nonostante mi rompa le palle come poche cose al mondo.
Ma – attenzione, e attenzione Nanni – abbiamo già fatto un altro passo indietro, anche questo riflette un certo tipo di orientamento che certo è ideologico e politico, sociale, ma anche merceologico e schiettamente editoriale. I comunisti sono gente pallosa, Cuoco. Ma pallosa forte. Pallosa del tipo festa di Liberazione col cantante mesto, piede sulla sedia e cover di Guccini con tanto di omaggio alla erre moscia, NESSUNO si diverte.
Per carità, spargere la voce che si è noiosi contribuisce un sacco al potersene rimanere in pace una volta per tutte: aggredire i vicini con il fantasma di Lenin evita lo small talk e i commenti sul prezzo dei fusilli. Ma un conto è l’autodifesa, un conto è l’harakiri.
Il lettore di Alias (che poi mediamente è anche il suo redattore), che poi è il lettore del manifesto, che poi è l’elettore di sinistra – la sinistra critica che non passa alle elezioni, Cuoco, intendiamoci: la sinistra che merita ancora questo nome – è il palloso barbuto e sandaluto che non ride perché pensa al Chiapas e non beve Coca-Cola perché vuole andare in culo all’imperialismo gringo, piange perché Augusto Daolio è morto e gli manca Pajetta.
Cuoco, cazzo: il lettore medio del manifesto e elettore medio dei partiti della sinistra, è la zecca. Consapevole, cosciente, attenta, ma sempre zecca è.
Capito questo si capisce tutto. Si capisce perché tale R.Pe. non ha idea di chi sia Langhorne Slim e pensa che l’alt-country sia una trovata promozionale, si capisce perché magari snobba Springsteen salvo osannarlo quando ciccia fuori con le Seeger Sessions, si capisce perché su Alias si parla solo di folk balinese, cinema indipendente socialista lappone o visioni femministe di Lacan. Più che un settimanale di cultura musica e visioni o che cavolo dice la testatina, pare il catalogo di Rinascita a Botteghe Oscure.
Alias, ho pensato dall'inizio, non fa per me, che sono talmente medio che è un miracolo che la gente non mi cammini attraverso, che non sto sveglio la notte a pensare al postimperialismo spacciato attraverso il rock and roll e il cinema di Hollywood, e che onestamente sostengo e difendo che se Lenin in persona avesse fatto un disco di canti popolari, con tutta probabilità mi avrebbe fatto CACARE, dato che se scegli di essere musicista sei PRIMA musicista e POI politico o politicante, e che potrai avere ragione quanto vuoi, ma resta il fatto che se non mi piaci, il tuo cd vola via dalla finestra.
Per carità, parliamo di cose utili, di cose imporantissime, ma parliamo di cose che non interessano a nessuno: francamente penso che la penetrazione statistica dei loro articoli sia pari a quella di uno studio sulla storia sociale del mais nella Lunigiana. Eppure noi ce la siamo fatta andare bene (anche se non sono nemmeno sicuro di poter dire ancora Noi, sai?), abbiamo premiato il solito terzomondista colorato con le mani dipinte di bianco, abbiamo voluto incontrare le nuove frange della cultura popolare ovunque questa si annidasse e rimanesse monda dal corrotto imperialismo statunitense. Abbiamo fondato una nuova religione, martire, grama e vessatoria come quella che volevamo combattere. Un altro cattolicesimo, in altre parole.
Noi, Alias, il manifesto, la sinistra italiana. Gente fuori dal mondo, fuori dalla realtà e fuori dal vero accadere delle cose. Gente che si distrae spostando sempre più in là l’obiettivo per non doversi arrendere alla propria impotenza e non confessare il proprio ascetismo codardo e irresponsabile.
Ce la siamo presi col disimpegno degli anni 80, la rinuncia da parte della popolazione alla partecipazione attiva alla politica, alla palude democristiana, senza renderci conto che anche noi abbiamo avuto il nostro disimpegno, e con esso sono arrivate le sacrosante distrazioni kosher, opportunamente rilanciate e promosse da R.Pe. e sodali.
E mo’? Mo’ non sappiamo più che accade, chi sono queste persone con questi microfoni in mano, dove sono finiti gli Inti Illimani, cos’è questa musica che stiamo facendo e che musica ci infilano su per il culo mentre pensiamo ad altro, e perché strillate così e perché siete così incazzati e perché questi volumi così alti è una cosa innaturale questa musica divide non unisce e poi questo approccio fisico sembra che state litigando e non vi divertite dov’è la gioia dov’è il divertimento, e poi siamo tutti bravi a scimmiottare gli americani con le nostre chitarre elettriche non c’è mai niente di nuovo Elvis era nazista ci hai mai fatto caso che fate ancora la sua musica? Ridi Cuoco, ridi: a me ‘ste cose me le hanno dette davvero.
Mentre si discettava sull’opportunità di portare la rivoluzione in Belize, ci si indignava per il massacro in Darfur e il genocidio in centr’Africa (tutte cose nobili e importanti), i fascisti sono saliti al potere (i fascisti, beninteso, sparso per TUTTO l’arco costituzionale), hanno preso tutto e ci hanno messo in condizioni di dover chiedere scusa per il nostro passato.
Ma che je voi dì, a sta gente? È più comodo ignorare il nemico piuttosto che combatterlo, illudersi che un altro mondo è possibile piuttosto che dover reimparare la lingua che parla questo. A fare la guerra fanno male le gambe, e poi fa caldo, meglio una grattachecca glocal.
Noi, faccia lavata, adesso ci ride addosso tutta quest’Italia ingrata e mongoloide, ma siamo contenti e coerenti, e niente Nike ai piedi, vedete?
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Stars of the Lid: Arch song
Suicidal Tendencies: Won’t fall in love today
The Rolling Stones: Love in vain
Tom Waits: Midtown
James Brown: Payback
Minor Threat: Seeing red
The Kinks: Sunny afternoon
The Police: Darkness
The Contours: Do you love me
Bad Brains: Sailin’ on
Erode: Frana la curva
Thelonious Monk Quartet: Just a gigolo
Discharge: The final blood bath
Slayer: Dead skin mask
al volo:
agit prop,
Alias,
critica musicale,
il Manifesto,
musica,
Profonda ignoranza
7 giugno 2008
Trovatevi un altro Alias
Quando capita una grande occasione, non è il caso di stare a fare questioni di lana caprina sull'opportunità di coglierla e perdersi in problematiche riflessioni sulla bontà del momento:le occasioni si presentano quando dicono loro e tu puoi solo decidere se afferrarle o meno. Questo preambolo si rende necessario perché il mio figlioletto di 20 giorni scarsi stanotte ha fatto il diavolo a quattro in ragione di un doloroso quanto lungo tripudio intestinale, tripudio che ci ha tenuti svegli fino alle prime ore dell'alba. Teoricamente, la stanchezza è tale, in questi casi, da indurre a rimandare qualunque impresa dopo un riposo decente ma poi, mentre lavoravo mi è finito per le mani un numero di Alias (supplemento settimanale de “il Manifesto”) del 31 maggio 2008 e, sfoglia che ti sfoglia -in culo al ministro Brunetta e alla sua mano ferma contro i fannulloni- mi è caduto l'occhio sulle recensioni delle uscite discografiche. Nel solito mucchio di mestruo pseudo-intellettual-musicale recensito, scorgo- attinente come la stella a cinque punte tatuata sul culo del sindaco Alemanno- la recensione dell'ultima uscita di Langhorne Slim, eroe minore contemporaneo dell'alt-folk. Riporto integralmente la “recensione” di tale “R.Pe.”:
“Dobbiamo ammettere un nostra idiosincrasia verso certi suoni, verso un certo stile che si rifà al country U.S.A.. Il secondo full lenght di Langhorne Slim, riprende molti stilemi del genere in questione, ci aggiunge quel tanto di pop, rock e blues che a parer loro non guasta mai in queste produzioni e si inserisce in una scena che si usa chiamare “alternative”. Non siamo qui a discutere catalogazioni aggettivi e quant'altro, ma solo cercando di definire tredici canzoni senza alcuno scarto, noiose anche se tentano strade più veloci e, sopra ogni altra considerazione, banali e, lasciateci dire, scontate. Non una di queste, ripetiamo, non una ci ha fatto rivedere anche per un solo attimo il nostro giudizio, un bel record...”
Era da un po' di tempo che aspettavo che Alias mi fornisse l'occasione per un sano lancio della cacca da parte mia e ora, finalmente, li ringrazio e mi metto all'opera. MA CHE CAZZO È QUESTA ?!?!? CHE CAZZO È QUESTA !?!?!? UNA RECENSIONE? QUESTA SAREBBE UNA RECENSIONE? Alias è un supplemento di un quotidiano che va in edicola sei giorni su sette. Alias non è un blog su cui ognuno è l'illuminato di se stesso esprime solo la sua opinione e non ha, necessariamente, un fine informativo. Alias il fine informativo ce l'ha! Ora ditemi, per favore, cosa vi ha detto questa recensione a parte che a R.Pe. il disco non è piaciuto. Non c'è un'analisi del lavoro; non ci sono veri riferimenti di genere o rimandi ad altri autori ma solo un'accozzaglia semplicista e qualunquista di macro-categorie come Pop, Blues eccetera; non viene commentata UNA, dico una, canzone né un testo; non c'è nessun riferimento ai precedenti lavori del musicista recensito e quindi un'analisi del quadro d'insieme. Questa recensione non vi dice chi sia Langhorne Slim, non vi dice cosa fa e ha fatto, non vi dice rispetto agli altri lavori se la qualità del disco in questione sia superiore o inferiore: QUESTA RECENSIONE NON VI DICE UN CAZZO, vi dice solo:”...è uscito questo disco di questo tizio. Non mi piace. Non compratelo.”
Complimenti.
Certo si può obiettare che lo spazio a disposizione del giornalista non fosse molto, beh io vi rispondo che il nostro giornalista può anche andare a scrivere annunci sessuali sui muri dei cessi se non è in grado di informare gestendo il proprio, pur esiguo, spazio. Certo mi potrete dire che in finale gli stipendi del manifesto non sono così polposi da invogliare chi vi collabora ad approfondire ma non l'ho chiesto mica io, a 'sto tizio, di farsi assumere proprio al Manifesto: poteva lavorare in un call-center, come faccio io o mandare il suo curriculum al Corriere.
Ora io Langhorne Slim lo conosco, non ho ascoltato il suo ultimo album che potrebbe EFFETTIVAMENTE essere una gran cacata ma non è così che si lavora.
Primo, perché la recensione liquida il succitato come un autore da quattro soldi tout-court mentre per esempio “When the sun's gone down” era un disco da paura e le altre uscite assolutamente dignitose e ben inserite nel contesto in cui Langhorne Slim si muove: l'alternative country, un genere che esiste, nonostante il tono canzonatorio del recensore.
Secondo, perché dichiarare all'inizio di una recensione la propria idiosincrasia verso un dato genere è un'ammissione d'ignoranza, dunque il recensore non è al corrente delle categorie culturali utili alla comprensione del disco e questo è un SUO problema, non di chi il disco lo ha fatto. Dirò di più, questa cosa ci restituisce un pessimo quadro dell'atteggiamento redazionale di un settimanale che aumenta il costo del giornale da 1.20 euri a 2.50 (in pratica Alias lo pagate più del manifesto stesso) e poi vi mette sotto il naso gli scritti di qualche stronzetto diplomato al DAMS o qualche sfigato in fissa con l'exotica italiana dei '60, disposto a mettere Fausto Papetti allo stesso livello di Coltrane magari.
Se fai il giornalista musicale i generi dovresti padroneggiarli un po' tutti; se poi, come quasi sempre succede, sei specializzato solo in alcuni, di quei generi, non recensire cose che non sapresti commentare, perché il problema, cari miei, è che il giornalista non sapeva che cazzo dire di questo disco e ha deciso che invece era il disco a non dire nulla, ad essere scontato.
Le recensioni e, alle volte, gli articoli di Alias, in ambito musicale, li conosco bene. Basta che tu sia un suonatore di sburrello africano, o di trombaculo cingalese allora la tua opera è certamente da rivalutare, mannaggiaalmusicbisnesseall'ignoranzacrassadelpopolobuechenon comprende la VERA musica. Se sei un compositore di scorreggie elettroniche le recensioni sono piene di iperboli e mutande fradice. Ballake Sissoko, suonatore di kora, che fa dischi bellissimi TUTTI UGUALI, quello non è scontato, non rompe i coglioni, nooooo, quello eleva lo spirito e già che c'è addrizza pure l'uccello. ANDATE A FARE IN CULO!!!!
Voi di Alias, il vostro terzomondismo musicale che vi impone di ascoltare solo roba importata dai paesi Baschi, dalla Provenza, dalla provincia di Foggia, dall'Africa o dalle Molucche; andatevene affanculo con la vostra spocchia intellettualoide da etno-musico-antropo-stronzologi del cazzo che vi credete tutti Alan Lomax; andate a fare in culo voi e la musica militante fatta da depressi cronici, voi e la musica “popolare”, voi e l'electro-sinfonico-avanguardia, voi e l'esotismo.
“Idiosincrasia per il country”, tzè! Siete dei dementi.
“Idiosincrasia per il country”, tzè! Siete dei dementi.
Perché per capire il vostro mondo forse la musica americana è una categoria abbastanza utile da risultare imprescindibile; perché il country è un genere, come la cancion Ranchera e il Fado e ha i suoi crismi, i suoi registri e forse, oggi, è più vicina a noi del canto dei griot. Andate a farvi fottere voi e quell'atteggiamento radical-chic che pensa al country come all'espressione dei conservatori d'America. Johnny Cash era un conservatore? Ed il fatto che oltre a quella ufficiale esista una sterminata scena che si definisce “Alternative Country” non vi suscita il dubbio che magari quella scena si chiami così proprio perché affronta tematiche diverse da quelle trattate dal genere cosiddetto ufficiale e di esso ne ha radicale rifiuto?
A me non frega un cazzo se gli Uncle Tupelo ascoltavano qualche nazista di Nashville, so che erano stupendi, contemporanei e radicali, a loro modo.
In Italia a sinistra, tra gli intellettual-stronzi, i generi classici (che, giusto per ribadire, nel 90% dei casi tramandano e non inventano) sono guardati sempre un po' di traverso, specie quando sono generi eminentemente “Bianchi”. Il Blues va bene perché è nero, il jazz perché “Musica alta”(sì alta da bassofondo e da tossicomani...) e nera, il country... beh, il country...
Quanta demenza, quanto spreco di braccia magari ottime per tirare molotov contro chi tira molotov ai Rom; quante chiacchiere chic al Micca club tra un cocktail all'asparago e un pezzo lounge, quante cene sociali vegetariane per raccogliere fondi che andranno a finanziare qualche disco di canzoni politiche in dialetto randazzese e quanti dischi gratis, decine e decine, mandati alle persone sbagliate!
Inorridisco, semplicemente inorridisco. Un giornale di sinistra, oltre a provare a dire cose di sinistra, dovrebbe DESIDERARE di informare meglio e di più e invece ti ammannisce la spocchia cerebrolesa di un recensore incompetente che liquida non un disco ma, con l'atteggiamento tenuto, un autore e un genere come robetta, cosa di poco conto e poi, dopo affermazioni così importanti e non argomentate, SI FIRMA CON UNA SIGLA!
Voi foderatevi le orecchie con l'avocado ma sappiate che la musica non è una cena vegana, almeno quanto la rivoluzione non è un pranzo di gala.
Mah, la stanchezza della notte in bianco è tornata a farsi sentire, la mia compagna e mio figlio dormono comatosi nella stanza a fianco: penso che li raggiungerò.
Prima però mando un bel curriculum vitae ad Alias, hai visto mai che a non fare un cazzo ci piglio pure lo stipendio.
Devotamente vostro
il cuoco
il cuoco
al volo:
Alias,
critica musicale,
il Manifesto,
Langhorne Slim
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