28 maggio 2009

Franco Fabbri: Il suono in cui viviamo

allora va bene io sono sicuro e so che franco fabbri è uno dei più autorevoli critici musicali italiani se non probabilmente l'unico dato che non possiamo certo azzardarci a definire critici gente come castaldo bertoncelli o coso assante io apprezzo il lavoro di franco fabbri e ho infatti studiato il lavoro di franco fabbri quando ancora l'università mi diceva cosa dovevo leggere e cosa invece potevo anche tralasciare ma mo' infatti il problema non è questo è un altro il problema è che verso metà libro mi sono chiesto quanto mi fosse utile a me a me come musicista o presunto tale a me come individuo e a me come ascoltatore di musica seguire tutto il dibattito sulla demarcazione dei generi nella popular music che come definizione è l'unica cosa che mi trova d'accordo nel senso che sono d'accordo col fatto che in italia parlare di musica popolare è fuorviante perché immediatamente viene in mente la cosa sbagliata e sarebbe a dire i fricchettoni quindi ok ci siamo e grazie mille franco fabbri però la domanda che mi faccio adesso è come facciamo e soprattutto a che cosa ci serve dissezionare tutti i pezzi dei beatles o seguire e tracciare i percorsi di complessità della musica dal 1955 al 1970 per sentire meglio la musica o capire meglio la differenza che ci possa essere tra dylan e gli stooges o booker t. & the MG's o finalmente dare un nome a che cazzo di musica faccia quel santo di tom waits del resto lo dice anche franco fabbri che un pischello qualsiasi che segue le novità o il proprietario di un negozio di dischi è più informato delle variazioni stilistiche di qualsiasi critico che sta ancora ancorato - hi hi hi - alle strutture critiche tradizionali nel senso hai ragione franco fabbri a dire questa cosa ma così facendo ti dai la zappa sui piedi perché non fai altro che dirmi che il tuo lavoro in questo momento non può essere altro che una cartografia temporanea e approssimativa che tra l'altro può subire improvvise e insindacabili interpretazione a seconda del punto di vista nel senso la critica tradizionale si rifaceva a un concetto di forma che fino all'inizio del 900 poteva anche avere senso perché la diffusione dei mezzi e degli strumenti permetteva di fare musica praticamente quasi solo a gente che la musica già la conosceva e sapeva in che posizione collocarsi mo' no è tutto un casino e ognuno fa che cazzo gli pare e grazie al cielo perché altrimenti niente coltrane e niente monk ma anche niente boh niente nulla quindi sapete che vi dico io torno a risentirmi i ramones e quando tra 300 anni i generi o le forme si saranno irrigidite o almeno codificate in qualcosa che possiamo giudicare in una prospettiva storica allora ne riparliamo.
che poi se vogliamo è lo stesso ragionamento che faccio a E. io le dico E. amica mia guarda che io tutta questa cosa degli studi culturali non so se la condivido nel senso a me piace la storia e la storiografia e per fare la storia o la storiografia dobbiamo aspettare quindi aspettiamo a mettere le etichette ai generi che questi se non sono appena nati ancora stanno prendendo forma e del resto sono fatti per essere manipolati perché qua non c'è forma ci sono i dischi e i dischi possono anche essere sentiti a cazzo di cane sia in maniera sequenziale nel senso che per esempio a me oggi l'itunes m'ha fatto sentire i tragedy E POI i pig destroyer E POI james taylor - senza senso - che in maniera trasversale nel senso che io posso ascoltare i clash e soffermarmi sugli assoli di mick jones nonostante siano tre o quattro messi in croce e pure ridicoli cioè in alternativa se non sappiamo esattamente di cosa stiamo parlando che cazzo ne parliamo a fa'? Sona, cristo, sonaaa.

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