17 ottobre 2007

prevenire è meglio che curare

Vedi, Valerio, perché è giusto che tu inizi le interviste, perché è giusto che Lamette continui a fare il suo lavoro per sempre, perché è giusto che eventualmente io ti proponga una trasmissione in radio? Perché bisogna informare.
Noi, che siamo gente per bene, sappiamo che l'informazione è utile quando è condivisa. E questo non soltanto per una questione politica, non solo per onorare una visione à la The more the merrier. È una questione di opportunità. Mo' ti spiego cosa intendo.
Il vantaggio che noi abbiamo, è avere una visione dall'interno di un determinato avvenimento, contesto, scenario: quello che noi possiamo e dobbiamo fare (il secondo verbo è un mio imperativo morale, come sai) è condividere questo tipo di visione in maniera orizzontale.
La stampa musicale italiana non ha la minima idea di come si faccia la musica. In Italia, in Europa, al mondo. I giornalisti sono nella migliore delle ipotesi musicisti falliti, nella non-tanto-migliore fan fedeli che vengono ammessi nei sancta sanctorum della produzione, nella peggiore dei semplici passacarte di elezione lottizzata che vengono messi (e mettono radici) dietro una scrivania da un faccendiere di turno. È inutile che facciamo finta di niente: li leggiamo tutti gli articoli sui giornali e sulle riviste. Non abbiamo una tradizione, di questo ne abbiamo già parlato e (te) ne ho già scritto. Noi uno come Bill Flanagan in Italia non ce l'abbiamo. Noi abbiamo altra gente che intervista i cantautori superficiali per fare domande superficiali (Nasce prima la musica o nascono prima le parole?). Niente sappiamo sulla storia, sulla genealogia estetica, sulle motivazioni musicali, storiche o (ci risiamo) politiche che stanno dietro alla scelta di uno stile, di una composizione, di uno strumento - perfino.
Ecco perché noi, che sappiamo parlare bene la lingua delle persone che suonano, e sappiamo in che ambiente vivono e non mitizziamo e non prendiamo distanza: non ci comportiamo, insomma, né come i "giornalisti" di Sonic che è l'equivalente dei giorni nostri della fanzine dei Duran Duran 20 anni fa; né come i "critici" di Blow Up che fanno del loro accredito stampa una torre d'avorio dalla quale gettare di sotto gente a piacimento - salvo poi riabilitarla in vecchiaia.
Noi che possiamo, dobbiamo informare la gente di un tipo di situazione genuina (svincolata dalle logiche del mercato global-e/-izzato a cui ormai anche molte "indie labels" si sono piegate), autopropellente (perché la grinta giustifica tutto) e formare una coscienza critica, seppur minima, seppur leggera. L'informazione, noi lo sappiamo perché abbiamo dei LIBRI in casa, è il primo strumento per saper riconoscere il bene dal male, il vero dal falso, la merda dalla cioccolata, e magari chissà: smontare un po' dei falsi idoli che buona parte della gente con cui abbiamo normalmente a che fare venera in mancanza di punti di riferimento migliori.
D'altronde, qual è il motivo autentico per questa proliferazione di estimatori dello zozzo musicale? Da dove sono spuntati (in altre parole) fuori tutti questi -coreheads che girano per Roma, per l'Italia, sulla rete? C'è DAVVERO una coscienza nei confronti delle tematiche, degli stili di vita? Non credo. E allora da dove? Dal fatto che l'hardcore è il nuovo metallo e raggiunge fasce di pubblico non normalmente sensibilizzate che cercano solo una musica aggressiva? Ci sono arrivati dalla porta di servizio, cioè attraverso la moda e gli splendidi accessori abbinati? È semplicemente una cooptazione per carisma, gente che frequenta e imita altra gente e di conseguenza adotta il loro genere musicale? È semplicemente la "moda del momento"?
Ci arrivano da tutte queste cose insieme, ci arrivano da una travisazione, ecco da dove.
Come sempre accade - del resto - quando uno stile, un'impostazione musicale, raggiunge le masse il suo valore aggiunto si abbassa al minimo comune denominatore. Le scelte (a livello stilistico) diventano maniera, e tutto va a fare in culo. Non so se ha mai funzionato, ma non credo. Altrimenti non ha un granché senso continuare a celebrare i Bei vecchi tempi, quando il pane sapeva di pane e il panc sapeva di panc. Non ha senso tenere in considerazione i maestri quando oggi abbiamo un'offerta discografica che tra semi-indipendenti e etichette underground sfornerà decine di migliaia di titoli all'anno. Quello che bisogna fare (dio mio se sembro Veltroni) è tornare a parlare di contenuti.
Vedi, Valerio, il fatto che Robertò stia organizzando una mostra sull'HC originario in concomitanza con il benefit di sabato è veramente cosa buona & giusta. Certo, il suo difetto si potrebbe individuare facilmente il suo scarso appeal nei confronti dei famosi neofiti casaccius di cui parliamo da un po', se vogliamo: il fatto che è un evento poco glamour, ci sono poche stelline (sto parlando ovviamente delle stelline del quartiere, ovvio) E QUINDI poche pischelle E QUINDI poca gente; in altre parole: si rivolge a un pubblico che sa già in partenza chi è questo povero cristo, che cosa gli hanno fatto e perché BISOGNA accorrere a dargli una mano (divertendosi anche un botto, tra l'altro). Ma è un difetto che fa parte di una logica che già fa a cazzotti in principio col perché si organizza un concerto benefit per John Stabb e perché - visto che ci siamo - si fa un ripasso generale di storia. Quello che manca è una diretta associazione di proposta musicale (una recensione, un passaggio radio) e un'inquadratura del contesto storico. Tu ce l'hai, ed anche molto più chiara della mia perché hai un occhio aperto su tutto un panorama italiano che non ho perfettamente chiaro. E allora ti dico io: che ci vogliamo fare, Valerio? Ce lo vogliamo tenere per noi? O vogliamo iniziare a spargere così un po' di gente si sente fuori posto e inizia a lasciarci in pace mentre facciamo le nostre cose?
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vociare, perché sono al lavoro.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

pari togliatti stamattina, mi commuovi

Anonimo ha detto...

che me stai a cerca' de di? Perche' me sento che ce sta la fregatura dietro...