30 gennaio 2012

Cosa volete sentire: Compilation di racconti di cantautori italiani [Minimum fax - 2011]

In un esilarante standup che si chiama Hilarious (appunto), Louis C.K. parla del fatto che non si può incazzare o mettersi a discutere con la sua bimba di tre anni perché, beh, è una bimba di tre anni.
Ora ok: QUALSIASI cosa dica secondo me è vera e lo vorrei Segretario Generale dell'ONU, ma gli voglio bene perché stavo pensando da due ore all'angolazione migliore anche solo per iniziare a parlare di questo libro, e solo quando mi è venuto in mente lui ho capito una cosa importante e infatti voilà, 300 battute. Grazie Louis.

Intanto: la cosa che mi brucia davvero, è che questo libro l'abbia fatto uscire minimum fax: Einaudi o vabbé, Mondadori, pure pure; ma loro, ai miei occhi uno degli ultimi baluardi di dignità nel bunga bunga dell'editoria italiana, francamente mi hanno fatto rosicare. Perché? Ecco perché:

Chiunque sappia cosa penso della musica italiana sa che la ritengo provinciale, pedante, masturbatoria e accessoria, e ho sempre avuto il sospetto che in realtà non piaccia a nessuno, se non come può piacere una mascotte: qualcosa che partecipa al grande match del mondo ma da bordo campo, senza mai entrare in gioco: lo guardi e pensi Oh che carino esattamente come pensi Sticazzi lèvati che non vedo niente.
(E non mi venite a dire che non è così: vi ho sentito dire troppe volte "non sono male, per essere italiani" per potervi credere ancora.)
Dunque COSA ha spinto minimum fax a mettere in piedi un libro del genere? Non un ebook, insomma: un VOLUME FISICO, fatto di CARTA, realizzata da ALBERI, trattata con solventi e stampata in inchiostro, impaginato con costosi computer che richiedono energia e attenzione e ore lavoro, libri trasportati da VEICOLI che consumano CARBURANTE, e in un periodo di crisi come questo?
Quando Stile Libero pubblicò il libro di Albertino costringendomi a vestirmi a lutto, o Feltrinelli fece uscire Jovanotti pensai a una cosa sola: i SOLDI.
Che c'è? Sono uno stronzo e ve lo dico: ho pensato che questo libro va a coprire in maniera ergonomica un segmento di mercato principalmente composto da donne che ascoltano questa musica (e da uomini che la ascoltano solo per fare colpo su di loro).

Nella sua prefazione, Chiara Baffa, curatrice della raccolta, accenna alla tradizione di libri firmati da musicisti che sono spuntati come funghi negli ultimi anni (metafora azzeccata). Nelle sue intenzioni, questo libro vuole chiudere il cerchio tra parole e musica, rimettere implicitamente la penna nelle mani di persone che sono scrittori o poeti anche se fanno i musicisti, capire cosa hanno da dire sul mondo, sui rapporti, sulle cose.
Peccato non rammentare il fatto che la musica italiana, per quanto possa dichiararsi "alternativa" rimane il tempio di una tradizione e di una conservazione ai limiti del reazionario, non avendo mai nemmeno provato a scrollarsi di dosso la struttura strofa-ritornello o il verbocentrismo da melodramma, in cui la voce sta DAVANTI e il resto SEMMAI. Certo, in una nazione musicalmente avanzata dotata di una critica musica competente, saremmo abbastanza istruiti da sentire immediatamente la puzza di bruciato, e un libro del genere non avrebbe senso, ma così è anche se non ci pare: occorre che sia la gente che fa i libri a parlarci di musica, o dei musicisti. O peggio ancora, i musicisti stessi. Già perché mo' arriva la pioggia.
Cosa volete sentire non parla di musica. Parla di musicisti.
Peggio: parla di gente che parla di se stessa e ci tiene particolarmente a riportarci le proprie idiosincrasie, i propri disagi, o a farci accomodare ai suoi piedi e narrarci di quando l'Italia era piccola e provinciale (non come adesso, vero?) e loro erano persone con un sogno, diverse dalla massa. Quando non variazioni sul tema del mal di vivere, i tredici pezzi che compongono il libro sono una risacca di revival intenerito, nostalgico (e autocelebrativo) degno di Stracult o di un pezzo X degli 883: i baretti, gli anni 80, gli strumenti da quattro soldi, gli autogrill, gli impresari arronzoni e arraffoni, stessa storia stesso posto stesso bar, uno scenario ormai anche troppo consueto in cui l'eroe (riconoscibile anche negli affettati panni dell'antieroe) prevale grazie alla sua sensibilità di poeta NONOSTANTE l'Italia che ha intorno - e a quanto pare, NONOSTANTE il rock and roll di cui in quest'Italia e in queste pagine non c'è la minima traccia, così come non c'è traccia del minimo divertimento nel fare la musica, o nell'ascoltarla.

Ma poi, onestamente, tra me e voi: ma chi diavolo ha bisogno di un libro con dentro un racconto di Dario Brunori o di Maria Antonietta? E nemmeno un racconto nel senso stretto del termine, un pezzo di prosa in cui qualcosa viene narrato. Nah, qui al massimo rimediamo scene di vita vissuta tratteggiate impressionisticamente, poesia beat, enciclopedie del picaresco, souvenir d'Italie e un milione e mezzo di sfaccettature del saperla lunga: una lunga, inesorabile celebrazione del nulla più scamosciato, con solo lo 0.4% di divertimento.
Insomma: Cosa volete sentire poteva essere finalmente una buona occasione per liberarsi dalla nomea di tromboni che questi poeti-maledetti-casualmente-musicisti si sono conquistati con tanta ostinazione, e invece non fa che metterci il carico da 90 sopra; Cosa volete sentire poteva essere un VH1 storytellers in bianco e nero, e invece è una specie di Isola dei semi-famosi di cui non ha bisogno né chi vuole leggere poesia o narrativa, né chi vuole saperne di più sulla musica (perfino sulla loro). Cosa volete sentire poteva essere un libro utile, interessante, e invece è una sfilata di ego tipo Carnevale di Viareggio.


Ma è QUI che Louis mi ha dato forza: non posso arrabbiarmi con questa gente. Loro sono cantautori italiani, sono ciò che sono: troppo artisti e troppo profondi e tormentati e intellettualmente imbarzottiti per porsi il problema alla mia noia; troppo se stessi, malaticci di default e ansiosi di parlarmi in maniera diffusa e particolareggiata del loro ombelico, che poverini mi sa che è tutto ciò che conoscono.

E allora come faccio a prendermela con loro, Louis? Sarebbe come litigare con una bambina di tre anni e non si litiga con una bambina di tre anni. Semplicemente non si fa.
Una bambina di tre anni la si lascia in pace e la si fa parlare finché non si sfinisce e si addormenta e sì può andare di là ad ascoltare finalmente un bel disco.

27 gennaio 2012

Raymond Carver: Niente trucchi da quattro soldi [Minimum fax - 2002]

ah questo libro ci sono affezionato perché me l'ha regalato una mia amica che è un genio e ancora s'intigna a farmi scrivere perché il sottotitolo di questo libro è Consigli per scrivere onestamente carinella non ha capito che non è proprio cosa non c'è proprio niente da fare ma lei questo non lo vede e non lo vedeva nemmeno qualche anno fa quando mi volle regalare questo libro e una cosa di rodari che adesso che ci penso non è un ragionamento molto diverso da quello che deve aver fatto un'altra mia amica che pure lei si intigna e da quell'orecchio non ci sente ma non è il momento di parlarne adesso non mi fate distrarre.

ah questo libro io l'ho letto in meno di due ore mentre andavo a una festa aziendale a milano sì avete capito bene aziendale e milano sono due cose che io normalmente proprio no e invece una volta ho pensato anche sì e allora un po' per tenermi a posto la coscienza un po' per ricordare a chi mi stava intorno che io sono una persona pesante una di quelle persone con cui ti passa la voglia di parlare in treno ho aperto questo libretto e avevo l'acquolina ero contento e un po' ci sono rimasto male del fatto che tutta la prima parte è organizzata tematicamente il che è una trovata interessante ma alla fine dei conti insomma spezzettare carver andiamo che cosa vi è venuto in mente perché infatti all'inizio sembra una raccolta di frasi da baci perugina per scrittori una di quelle cose che se hai un amico scrittore in difficoltà puoi aprire a caso e dirgliene una insomma l'equivalente di una pacca sulla spalla un incoraggiamento uno shottino di jameson offerto al momento giusto quando le spalle iniziano a incurvarsi insomma probabilmente ho pensato più di una volta non serve non c'è il minimo bisogno di un breviario di raymond carver e ho rosicato ve lo giuro perché carver mi sembrava banale e ho pensato Ecco io con caver una sciocchezza me la sarei bevuta volentieri e invece vai a scoprire che non ha niente da dire che presa a male dice quello che direbbe chiunque e il giorno che scopri che carver è uno chiunque non può essere una bella giornata.

poi però invece tutta la seconda parte che è un intervento da lui tenuto all'università di non so dove e non ho voglia di alzarmi per andare a verificare leggetevelo da voi insomma tutta la seconda parte che è un discorso organico è non solo meglio in termini di godibilità della lettura ma anche di efficiacia di intenti cioè effettivamente leggo carver fare quello che sa fare e cioè disegnare una traiettoria ideale sostenere una tesi raccontarmi una cosa e tenermi alla larga dai mezzucci e ricordarmi che è necessario essere sempre onesti e buttare tutto fuori quando ti viene perché è lì che sei te stesso e non avere paura e non avere vergogna insomma ricordarmi che la scrittura è una finestra sul cortile interno e noi lo sappiamo tutti che nel cortile interno c'è poca luce e la monnezza ma occorre lo stesso avere il coraggio ecco il coraggio di guardare all'interno e questa è una cosa importante da tenere a mente finalmente ho capito perché da due ore rincorrevo queste righe su carver per leggere queste cose leggere la sua sul perché si scrive perché vabbé sul come si scrive lui non è che dice cose diverse da quello che dicono praticamente tutti gli altri scrittori e cioè scrivi e basta e non rompere i coglioni.

cioè aoh paro paro il contrario di quello che faccio io.

26 gennaio 2012

Thee Oh Sees: Carrion Crawler/The Dream EP [In The Red - 2011]

Siete mai stati alle prove di un gruppo? Io sì.
Se andate alle prove di un gruppo avete la possibilità di sentire i musicisti esplorare il loro materiale, trovare nuove strade, i tessuti, gli arrangiamenti. È figo, se vi capita provate, però non vi presentate a mani vuote che pare brutto. E a maggior ragione se andate alle prove di un gruppo tipo gli Oh Sees, che se siete sobri vi divertono la metà.
Nel senso: un gruppo che frulla tutto Nuggets (pure il secondo, quello inglese), i krauti ? & the Mysterians, i krauti (altri krauti), la psichedelia SoCal e la puzza (tanta puzza ma è il minimo perché escono per In the red) non si può non ascoltarlo senza almeno un giramento di testa.
Il disco appare proprio così, insomma: un’elaborazione di idee che piano piano vengono esplorate e messe alla prova, per accumulazione (qualche volta) o iterazione (molto, più spesso), e più di qualche momento ludico con le manopoline dei pedali.
Intendiamoci, il disco è pure divertente: certo, è un’operazione di revival sfacciato (ma esiste un disco che NON lo sia, uscito negli ultimi 5 anni?), che però almeno è fatta su materiale digerito e ricombinato, invece che rivomitato paro paro: insomma ‘sto Carrion Crawler sarebbe effettivamente potuto uscire nel 1971, ed è già qualcosa, in confronto a dischi che sarebbero potuti uscire in qualsiasi punto di un intero decennio, e quindi in nessun momento.
Ma:
Siete mai stati alle prove di un gruppo? Io sì. Se andate alle prove di un gruppo ci può anche stare che per stanchezza o mancanza di idee i musicisti a un certo punto inizino a cazzeggiare e si chiudano nell’autismo masturbatorio in cui l’ascoltatore diventa una presenza accessoria. E allora non ci sono birra o canne che tengano, alla prima occasione buona si saluta e si ringrazia e si va via.
E ecco, se gli Oh Sees mi invitano a sentire loro prove io dico Ragazzi grazie mille, magari però ci vediamo direttamente al release party.
Non so se mi sono spiegato.

12 gennaio 2012

Blues Explosion: Damage [Sanctuary - 2004]

Annoiato e probabilmente assordato dalla sua stessa esplosione, Jon Spencer va su Pitchfork, chiama chiunque sia nominato più di quattro volte (Martina Topley Bird, DJ Shadow, Dan The Automator) e li sfida a battaglia navale.
Su Pro-Tools.

Sentenza: 5 (su 10, eh)