18 luglio 2009

Parallelismo socio-musicale protofemminista che si risolve in retta sghemba (Sottotitolo: Femminismo e Fastidio)

Dunque. Il punto è questo.
La musica, ad ogni suo livello, è una delle tante cose di questo mondo che chi comanda sono i maschi e non mi venite a dire che no perché tanto non vi prendo in considerazione.

In particolare, la donna che nel buio della sua stanzetta ascolta le robe più svariate, difficilmente trova il suo posto nel mondo. O, in ogni caso, un posto popolato da gente disposta a scambiare opinioni con lei in merito.
Fondamentalmente, l’essere umano cromosomicamente XX si pone all’ultimo gradino della piramide alimentare in fatto di musica: non è preda ne’ predatore, semplicemente micelio.
Che si tratti di produttore o di consumatore, il risultato non cambia.In ambito di fruitore finale, alla base della piramide stanno i maschi alfa-dominante; quelli che s’intendono di musica e appena possono si lanciano in estenuanti discussioni su di essa (o sulla loro opinione in merito, non l’ho ancora capito). Si aggirano in branchi più o meno numerosi formando occasionali capannelli con l’aria che ce l’hanno solo loro. E sto parlando della discografia completa dei R.E.M. (ogni riferimento a fatti e persone ecc ecc). In tali circostanze l’essere umano di genere femminile avrebbe scarsa possibilità di essere preso in considerazione anche se si mettesse a ballare la lapdance. In ogni caso, la ragione etologica di tale comportamento non è da attribuirsi alla completa estraneità della femmina della specie rispetto all’argomento anche se c’è da dire che, a livello evolutivo, la sua del tutto superflua opinione fa la fine della primordiale coda. Praticamente ce ne rimane appena un mozzicone.
È quando si parla di mondo della musica al femminile, invece, che la lapdance sembra ormai essere diventata un aspetto cruciale.
Ora. Vorrei davvero continuare col piglio serio e scientifico di cui sopra sulla francamente fastidiosa quantità di testosterone che si respira nell’ambiente di chi fa musica, ma non credo di avere sufficienti dati empirici a riprova, quanto piuttosto un prurito a fior di pelle tipo herpes. Volendo essere ragionevoli può essere che la storia della musica sia stata piena di uomini rompicoglioni come Phil Spector che, per ragionar in punta d’uccello, non si son fatti un problema a rovinar cose meravigliose. Può essere. Solo che mi sfugge quel passaggio per cui la musica pop fatta dalle donne è diventata una questione di chiappe e cazzutaggine. Nel senso che per fare musica oggi devi apparire A) stronzissima fino alla ripugnanza e B) più ignuda possibile.
No, perché ora vi dico la verità.
Ho scritto tutto ‘sto affare perché mi rode il sedere d’aver perso un mese a scaricare l’album nuovo di PJ Harvey. E non è che me l’aveva ordinato il dottore, solo che avevo voglia di ascoltare una donna bravina, originale sopra la media e della cui biancheria intima ignoravo la marca. Ma soprattutto donna. E nemmeno mi rode perché mi ci è voluto un mese. Mi rode perché l’ho ascoltato, il disco, e subito dopo m’è venuta voglia di morire. Anzi no, d’essere già morta e sepolta. C’è chi la chiamerebbe capacità evocativa dell’artista. Io le chiamo du’ palle.
Donne, parliamone.
La vita nostra non può essere solo mostrare agli uomini B) le chiappe che sballonzolano, A) che siamo brave, cazzutissime e che il prossimo passo dell’evoluzione della specie sarà che ci spunta il pisello pure a noi.
E, attenzione donne, l’esperienza di PJ parla chiaro: la Terza Via non è non lavarsi i capelli per sei mesi e nemmeno scrivere un diario sulle proprie sfighe (nel suo caso, una discografia completa). Guardate, donne, ché son 50 anni e passa che i maschi fanno della musica quello che vogliono e senza neppure tanti scrupoli. C’è persino un cretino che ha scritto una canzone su un paio di scarpe di camoscio blu… oh, però almeno lì ti diverti! È che ci sottovalutiamo, donne. Se il mondo si aspetta da voi abbastanza creatività da non-far-bruciare-il-sugo-mentre-stirate-nel-frattempo-che-minacciate-di-morte-chi-non-toglie-i-fazzoletti-di-carta-dalle-tasche-prima-del-bucato, perché mai non dovreste riuscire a fare un bel disco come lo volete voi. E soprattutto: se il mondo si aspetta da voi tutto questo, secondo me l’ultima cosa che vi ci vuole sono i guaiti (ma anche grugniti, perché no) di PJ.
La morale terra terra di questo post, comunque, è che se mi ricresce la coda a breve (e se non dovrò passare sul cadavere di cane del il cuoco) saprò presto blaterare sul nuovo disco dei Rancid.

2 commenti:

il cuoco ha detto...

carissima Marta:
A) innanzitutto benvenuta
B) sarà uno spasso litigare anche con te sopra il blog(in finale è evidente che io e cane lo facciamo solo per dare una sensazione di di battito democratico mentre la realtà è che siamo due stalinisti,uno più pacificamente(io), l'altro più radicalmente ma con maggior travaglio(cane))
c)se hai scritto "rodere il sedere" per autocensura, non c'è bisogno(tanto più se è stato il CULO a roderti e non il "sedere"), se invece è stata una scelta di stile, tanto di cappello. mi permetto di dirtelo solo perchè dei due, tra me e cane il più sboccato e nazionalpopolare sono sempre stato io (anche perchè sono quello che cucina di più):non farti problemi di linguaggio.
D)blaterare sui Rancid? non vedo l'ora di leggerti.
E)la questione del sugo e dei fazzoletti di carta nelle tasche ti assicuro essere una banale questione pratica ascrivibile a chiunque si cimenti in detto cimento. anche io divengo una belva in frangenti del genere, dunque ti contesto l'assolutismo con cui iscrivi l'eventistica summezionata all'universo femminile e basta.
con compiacimento
il cuoco

marta ha detto...

gentilissimissimo cuoco,
grazie per la clemenza.
Riguardo al punto E) a mia discolpa posso solo dire che provengo da un beggràund prettamente rurale, dove i rapporti di genere sono invariati dal 1945, anno del suffragio universale. Va da sè anche la suddivisione delle mansioni domestiche: tra le mura di casa la donna fa, l'omo si gratta o al massimo fa confondere. Poi per carità, immagino che per voi giovani uomini di città non bruciare il sugo sia una questione di darwiniana sopravvivenza .
tanti cari saluti,
marta colla minuscola