10 agosto 2007

è agosto, signori, che pretendete?

E' un'altra cosa vecchia, sì. Ci ho provato, a scrivere qualcosa di nuovo, ma davvero: ho le scimmie nel cervello per cui accontentatevi. Del resto, visto che la rivista su cui è stato pubblicato questo pezzo ha chiuso, magari vi faccio anche un favore. Per cui dite Grazie.

---

Insomma nel DVD degli Every Time I Die si può dire che loro non suonano per niente. Il DVD dura un’infinità, qualcosa intorno agli ottanta minuti, PIU’ gli extra, PIU’ i video ufficiali, PIU’ il teaser. Siamo intorno alle due ore. Due ore in cui – occhio che arriva lo spoiler – non succede NULLA.
Già, perché gli ETID non hanno voluto fare un DVD live. Né, lo diciamo per tenere tranquille le masse, gli è venuto in mente di girare un film, nel senso di lungometraggio, nel senso di narrazione. Tipo i Beatles con A hard day’s night o Help!, per intenderci.
E ci mancherebbe altro. Quelli erano i Beatles. Quello che a loro riusciva bello e naturale sarebbe sembrato ridicolo per chiunque altro. Andiamo, girare un film in cui un gruppo viene rincorso dai seguaci della dea Kalì perché il batterista ha un suo anello sacro? È una cosa ridicola – e ancora più ridicoli sono quegli intermezzi a doppia velocità in cui i Beatles si limitano a fare gli scemi su un prato. Ma del resto, più che il contesto di totale incanto e verginità che erano i primi anni ‘60, è che i Beatles erano i Beatles: per loro la gente sognava e se la faceva sotto (letteralmente, e vi giuro NON sto scherzando: ci sono le prove).
Gli Every Time I Die – che ça va sans dire non sono i Beatles e non ci si avvicinano nemmeno se siete molto distratti – invece hanno fatto una cosa di questo tipo: hanno chiamato l’High Roller Studio, che sta dietro a parecchi video che forse avrete visto ultimamente – Norma Jean, Terror, This Is Hell, gente del genere, quindi non li avete visti su MTV – e si sono portati dietro un cameraman per qualche data del loro tour, quello di supporto al disco nuovo, per poi montarlo in maniera pirotecnica.
Risultato: uno spaccato di vita on the road di una rock and roll band degli anni 2000. Una rock and roll band di successo, diciamolo: perché altrimenti sembrerebbe una cosa terribilmente amateur e varrebbe di chiedersi di che diavolo stiamo parlando.
Gli Every Time I Die hanno fatto un botto clamoroso un paio d’anni fa e – miracolo, se si considera l’elevatissimo tasso di mortalità dei talenti, in questo giro – lo hanno confermato con un altro disco fenomenale: insomma, io sono di quelli che sostengono che c’era bisogno, di loro, a questo punto della Storia del Fracasso.
Al contrario, non si tratta nemmeno di nulla di autocelebrativo, in Shit Happens – ah, già, quello è l’evocativo titolo del DVD.

Insomma, posso capire che non mi fai vedere la band quando suona (c’è ben poco e non c’è l’audio live ma quello dei pezzi in studio sovrapposto, il che se vogliamo non è un problema) e non mi fai nemmeno un making of del loro disco. Ma c’è di più: invece di cercare di investigare il talento creativo della band, piuttosto che carpire i loro segreti sul palco o dare dei suggerimenti utili a chi vuole – che ne so – imitare il loro sound, il DVD è pieno (ehm, ripeto: pieno) di Granfratellismi con retrogusto à la Jackass. Che ho detto? Mo’ ve lo spiego.
Gli Every Time I Die si sono fatti riprendere mentre si rendono responsabili delle seguenti prodezze. Vomitano dove capita, dicono cazzate, tirano giù le mutande a uno dei loro roadie, fanno esplodere oggetti, si danno fuoco ai capelli perfettamente sbronzi, mangiano panini al prosciutto e Skittles (ah, mi dicono che è una cosa normale), fanno questo gioco strepitoso in cui lo scopo – risate – è iperventilare. Magnifico.
Ora: cosa questo materiale (che negli US costa la bellezza di 15 dollari) (no, non ce l’ho originale, l’ho rippato da un mio amico perché avevo fiutato la sòla) aggiunge alla produzione – o alla fama alla stima alla reputazione – di questa band? La risposta è: NIENTE, questo DVD è perfettamente inutile e voi non avete bisogno di vederlo.
Tuttavia, contiene degli spunti illuminanti su ciò che può accadere quando metti una band che non ha un budget milionario su un tourbus e la mandi in giro.
Chi ha gli occhi aperti sa perfettamente che solo tre o quattro persone al mondo si possono permettere di affittare l’intero piano di un albergo di lusso quando sono in tournée, o che sono passati da tempo i beati anni in cui le rockstar sfasciavano le suite e lasciavano scie di mobili divelti e groupies in coma etilico dietro di sé. Chi ha gli occhi aperti sa inoltre che partire in tour non è certo una passeggiata di salute: dormiteci, voi, in un tourbus (se vi dice bene, altrimenti ve tocca er Doblò) con minimo altre tre persone sbronze, mangiate tutti i giorni in Autogrill, sognatevi la doccia.
Trovatevi qualcosa da fare, soprattutto, quando avete finito di suonare, perché non sempre c’è il festino offerto dall’impresario; non sempre c’è il buffet, non sempre ci sono le ragazze, non sempre ci sono i fotografi impazziti, non sempre c’è la bella vita. Anzi, direi che non c’è e pace: quello era Almost Famous, ed era un FILM.
(“Se quando avevo sette anni mi avessero detto che a trent’anni avrei suonato il metallo a Berlino e poi avrei mangiato il broccolo vegano seduto per terra, non ci avrei creduto. E invece ho chiesto anche il bis.” Questo me l’ha detto V.Fisik qualche settimana fa, e lui tende a dire cose piuttosto giuste. Un motivo in più per avercela con quelli che dicono che i musicisti sono fortunati perché fanno carrettate di soldi divertendosi. Cioè, nella dieta vegana non è previsto nemmeno il BURRO, santo cielo!, esiste qualcosa di peggio?)

La domanda è: ma allora, a cosa serve mettere fuori un DVD di questo tipo? Calcolando che mi sono fatto la stessa domanda per i Train (ve li ricordate i Train? Se rispondete sì: fategli una telefonata, ché stanno depressi), non sono arrivato a una spiegazione se non: fare un DVD costa relativamente poco, e deve essere particolarmente redditizio.
Non credo infatti che gli ETID – badate: sono sulla ventina terminale, sono di Buffalo, sono degli scemi col botto, sono cresciuti negli anni ‘80 con gli AC/DC e MTV – abbiano voluto eseguire un esperimento di ridicolizzazione della TV spazzatura o kamikaze. Non credo altresì che abbiano voluto tenere in guardia le generazioni emergenti dai pericoli di alienazione e decadimento fisico (e soprattutto intellettuale) di un tour quando suoni la roccarolla e non sei Madonna. No.
Più che altro, ho idea che la band sia immersa nella cultura televisiva americana – che come quella italiana è un continuo e ininterrotto flusso di “useless informations”, di cui Mick Jagger era già stanco quarantadue anni fa – a tal punto che gli sarà sembrato plausibile rendere il mondo partecipe di qualcosa che suona più come “Hey! Afferrate una birra e correte! Sto per mettere su il video delle mie vacanze!”. Oscar per la generosità, allora, agli ETID, puri di cuore a inquadrare il loro pubblico come la comitiva di amici caciaroni.
E menzione d’onore, anche, per la disinvoltura: dato che ce ne deve volere, a non porsi il problema di fare cose che sembrerebbero ridicole praticamente a chiunque, perfino nel 2007.
E allora aridatece i Beatles. E le ammiratrici incontinenti, va’.

Nessun commento: