2 gennaio 2010

David Foster Wallace: Infinite jest

eva ragione calvino quando parlava di tolstoj che diceva pure lui che per dire di preciso di coisa parla guerra e pace tocca riscriverlo daccapo tale e quale stessa cosa con infinite jest che insomma non è soltanto per la mole che è un libro di cui non è facile parlare ma anche per la complessità nel senso insomma è chiaro in milletrecento pagine più le note questo pazzo maniaco depressivo qualcosa deve averlo affrontato e deve averlo affrontato in maniera anche piuttosto estesa questo si capisce ma non è quello non è quello l'aspetto sorprendente del libro perché l'aspetto sorprendente di infinite jest è la sua organicità nel senso se vi rendete conto che è un libro ambientato in un mondo soltanto leggermente fantascientifico in cui alcune cose sono accadute e altre sono realtà come questa faccenda dell'anulazione o del tempo sponsorizzato o questa pazzia visionaria della grande concavità è sbalorditivo come qualsiasi cosa qualsiasi dettaglio tenga conto di questa realtà alternativa è come aver trovato il passaggio per un'altra dimensione che assomiglia in maniera inquietante alla nostra se non altro perché ne mette in luce gli aspetti più squallidi e gelidi ma portandoli all'estremo fino all'esplos 

pecie di autopsia della società contemporanea è tutto dentro c'è la fissa per la competizione e la paranoia dell'apparire e il dover fare i conti con una importante e imprescidibile dipendenza ma da qualsiasi cosa eh ma anche dalla competizione stessa e dalla paranoia dell'apparire e dallo spettacolo e dalle sostanze tossiche e dalla notorietà e dal sesso e insomma da qualsiasi cosa questa dipendenza è un handicap è una deformità e non è un caso che siano proprio la dipendenza e la deformità i temi ricorrenti del romanzo e i pilastri della vita quotidiana di questa gente tantissima di cui parla DFW che insomma l'aveva capito che il momento in cui viviamo con questo marciume interiore o esteriore porato di default ci deve fare i conti ne deve tenere conto come del fatto di boh portare gli occhiali o di dover affrontare il traffico nell'ora di punta è una croce che ci si porta appresso ed è conseguenza di decenni di scelte sbagliate ormai non si tratta più nemmeno di capire o decidere se si tratti di qualcosa di giusto o sbagliato è come è quindi vediamo di cavarne qualcosa di buo
n dei conti la potenza di questo romanzo è che a un certo punto ti abbandona alle tue conclusioni perché è stato talmente bravo nel coinvolgerti nel suo cosmo e nel suo ordine di idee che saprai perfettamente come andranno a finire le cose o come NON andranno a finire dato che sempre per lo stesso motivo a un certo punto potrai tranquillamente mettere in conto il fallimento totale di qualsiasi progetto che viene portato avanti vuoi per l'incompletezza strutturale di ognuno dei personaggi vuoi perché è impossibile che tutto vada sempre per il verso giusto e infatti non lo fa vuoi perché tutto sommato non è nemmeno importante che DFW ti dica come vada a finire è un po' come il grande lebowski quando inizi pensi che il tema della narrazione sia un mistero o un intreccio da sciogliere ed è solo col passare del tempo o delle pagine che ti rendi conto che questo tema è secondario non è importante probabilmente non lo è mai stato la cosa importante è metterti davanti a questa situazione e sì diciamocelo fartela pesare che se le cose andavano bene non c'era bisogno di scrivere un libro come que

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