18 maggio 2007

due occasioni sprecate

Ed essendo io affascinato da questa gente che riesce a scrivere le CANZONI, mi sono procurato l’uno e l’altro. Affascinato perché io non ci sono mai riuscito nella vita, a scrivere una canzone, se per canzone intendiamo un pezzo di musica strutturato dotato di una sequenza armonica e – cazzo – una melodia. Mai riuscito, io. Ho scritto sequenze di accordi, arrangio, faccio, non ci sono problemi, ma se mi si chiede (o mi chiedo io) di scrivere una melodia, vado in pappa, non so da dove cominciare, come se mi chiedesse (o mi chiedessi io) di fare una torta Saint-Honoré. Non so nemmeno cosa ci vuole. Cioè, lo intuisco, ma non lo SO. E io non sono abituato a fare cose che non so fare. Lo stavo giusto dicendo a L., pensatempo’, anche se per un argomento completamente diverso.
Però le canzoni, le canzoni sono importantissime. Senza canzoni non si muove niente. Lo diceva anche Lowell George prima di stirare pieno di polvere bianca. Diceva, Lowell George, Le canzoni sono il vero perno dell’industria musicale. Tutto il business della musica nasce intorno alle belle canzoni, dice pure, Lowell George. È da Leiber and Stoller, ma che dico, è da George-cazzo-Gershwin che parliamo di CANZONI, di qualcosa che puoi cantare sotto la doccia, di qualcosa che puoi dedicare alla pischella, di qualcosa che ti faccia schioccare le dita quando sei in fila sulla stronza bretella della RomaL’Aquila e casa tua lontana è lontana 40 minuti benché puoi vederla da dove ti trovi.
Ecco perché sì, va bene i Locust, va bene anche i Napalm Death, ma alla fine ascolto con più attenzione quelli che dopo anni e fatica (o con immensa boria) si fanno chiamare CANTAUTORI, o almeno non oppongono resistenza, o perlomeno ritengo più capace un musicista che alla fin fine sa prendere un linguaggio non “popolare” – se intendiamo questa parola nel senso stretto del termine – e riuscire a ricondurlo a una struttura in cui la gente si sappia ritrovare. (E non mi venite a fare la pippa che la musica si fa per se stessi e la gente non ha importanza perché non siamo più alla fine degli anni ’60: le canzoni servono a dire qualcosa a qualcuno e non ci piove. Se uno ha pubblicato un disco è perché voleva rendere la gente partecipe di qualcosa, altrimenti non si sarebbe fatto tutta la merdosa trafila che normalmente serve per fare un disco. Perfino la gente che fa la musica più aggressiva ha bisogno, ha URGENZA di dire qualcosa a qualcuno. Che cos’è l’hardcore, in altre parole, se non comunicazione allo stato puro? Quindi IO vinco, e gli hippie a fanculo.) In questo senso pure gli Slayer possono giocare nello stesso campionato. Loro scrivono canzoni, e volete sapere perché? Perché ci sono delle parti, perché hanno un senso di unità, perché gli elementi di cui sono composte sono disposte secondo una logica interna – coerente o incoerente, ma comunque una logica interna. I Locust no, per esempio, e questo perché qualcosa mi sta convincendo che per quanto difficile, intricato e complicato può essere quello che stai suonando, a scrivere cose che succede una cosa poi un’altra poi un’altra e poi finiscono so’ bboni praticamente tutti. Vuoi che ti apprezzi? Scrivi una cazzo di canzone come ti diceva la maestra all’elementare, o sennò arrivederci, mica te l’ha detto il dottore che il tuo disco mi deve per forza dire qualcosa.

Calvino ci è praticamente morto, cercando di capire CHE CAZZO È, un romanzo. Ha tirato in mezzo Tolstoj, Robbe-Grillet e naturalmente Joyce, che poi è l’Ed Gein del romanzo, no? Lui li ha rapiti, scuoiati e poi si è rivestito di un patchwork della loro pelle.
Ecco, io non ho intenzione di tirarci le cuoia, a capire cos’è una canzone, anche perché grazie al cielo stiamo parlando di una forma artistica popolare, il che significa che non sempre c’è bisogno di rifletterci su o indagare a livello semantico o linguistico quello che succede (anche se probabilmente sarebbe anche ora, o meglio: sarebbe anche ora di farlo in Italia, visto che nel resto del mondo hanno capito che questa è la forma di espressione artistica più diffusa e influente che si sia MAI vista nella storia, ma vabé). Però è una bella sfida, per uno che millanta di scrivere musica, scrivere una canzone, secondo i canoni. Non ricordo chi era – Picasso? Matisse? Bergman? Vanano? – che la scommessa più grande per un artista è fare una cosa “normale” e vedere se riesce.
Ci è riuscito Lynch con The straight story, ci è riuscito Mike Patton con i Peeping Tom, ci è riuscita un sacco, un SACCO di gente. Del resto, nessuno cammina per aria: la gente intelligente capisce bene che il confronto con il materiale universalmente condivisibile è uno dei passi fondamentali per ogni sperimentazione. E del resto anche il ruolo dell’avanguardia, anche quella selvaggia, quella storica, non è altro che quello di aprire l’accesso a nuovi territori a beneficio della fruizione popolare. I primi pazzi che sgaravano i coni dell’amplificatore con il rasoio per avere un suono “distorto” e fastidioso poi sono diventati Bryan Adams, Henri Pousseur si è reincarnato in Gnarls Barkley (anche se mi ci gioco le cornee che non lo sospetta nemmeno) e così via. In due parole, e CONCLUDENDO: sono cinquant’anni che ascoltiamo cose che sono aberrazioni della natura, ma non per questo vanno date per scontate, di conseguenza prendi quello che ti pare, i rumori dei computer che vanno in palla, le scuregge degli elefanti, ne sei libero. Ma vinci solo e SOLTANTO se riesci ad inserire tutta questa roba in un contesto che io posso intuire, e questo perché quello che crei non finisce in una galleria d’arte contemporanea, ma alla radio, su myspace, o in altri postacci dove NON C’È TEMPO di contestualizzare l’ambiente estetico.
Lo scopo del gioco quindi è: prendi tutto quello che sai, e fammelo CAPIRE. O levati dai coglioni, che non ho tempo da perdere, se voglio ascoltare qualcuno che mi faccia riflettere sulla condizione umana o sulla situazione storica ho già Tom Waits, e sono SICURO che lui l'ha già detto meglio a prescindere, e se non l'ha fatto lo farà.

TUTTO QUESTO MERDAIO per dire che quando sento parlare di cantautori, vuoi perché me li spingono, vuoi perché come abbiamo capito sono da una parte intellettualmente curioso e dall’altra VERDE D’INVIDIA nei confronti di chi lo sa fare, vuoi perché alla fine ha ragione Lowell George (che poi aveva pure suonato con Zappa, quindi gli voglio ancora più bene), parto alla ricerca e ascolto con calma. Allora, con Nicolai Dunger mi ha detto culo, devo dire. Con Ani DiFranco mi è andata di lusso, che ve lo dico a fare, ma non altrettanto bene mi è andata con i due dischi ascoltati di recente, cioè il nuovo Polly Paulusma e il primo Aqualung.
Polly Paulusma, lei, le vogliamo tutti bene. Ha fatto questo dischetto genuino tre anni fa: carinissima lei, con la voce da bambina di sette anni, se l’è fatto in casa, se l’è pubblicato su internet e poi l’ha venduto alla One Little Indian, che insomma, non è l’ultima delle etichette pezzotte, visto che mette fuori gente come Björk o i Twilight Singers. La sua è la storia di una Cenerentola discografica, a chi non piace questa storia? In più scriveva queste canzoncine pulitine, silenziose e quiete, con questa chitarra acustica microfonata per bene in una stanza rivestita di moquette, che mettono di buon umore quando vogliono, o altrimenti toccano dentro. Non molto a fondo, ma del resto non tutto ti può scavare delle ferite, no?
Stesso discorso più o meno per questo Aqualung, che al di là di questo nome del cazzo preso da un disco borioso di un gruppo borioso (e dire che non ha la minima attinenza con il prog né con i flauti traversi o questi PERVERTITI vestiti da folletto), viene acclamato da allmusic.com come uno che fai dei bei dischi, quattro stelle a botta, capiamoci bene. In più E. mi ha letteralmente LEVATO LA VITA perché me lo ascoltassi, e alla fine ho detto Va bene, vediamo che fa sto paraculo svedese, e così.
Da qui il pippone.
Già perché abbiamo capito che il pop è la superficie dell’acqua che bolle. Abbiamo capito che il pop è una musica accessibile e attenta a non strafare perché il pop vuole abbracciare la gente, non pijarla a pizze ‘n faccia. Brutto è però quando il pop diventa una musica predigerita, o pronta per accontentare una sottocategoria di persone dal codice talmente rigido che i Rosacroce in confronto sono i Rolling Stones nel 1971. Polly Paulusma infatti manda tutto a gambe all’aria e fa un disco ELETTRICO pieno di melodie pronte per finire negli spot delle utilitarie o dei profumi di seconda fascia di prezzo. Quest’altro lucky bastard svedese (che è svedese anche se non lo è, ma il perché ve lo spiego un’altra volta) non fa altro che ripetere per tutto il disco Hey, emogirls! Siete deluse dal fatto che i Coldplay non siano abbastanza vicine ai vostri sentimenti feriti? Eccomi, sono pronto a calarmi le braghe SU TUTTA LA LINEA. Piangete, piangete forte, e thanks for the add!
Perché sì insomma, capisco che i gusti si stanno statisticamente abbassando, che l’accesso alla buona musica – curioso, proprio nell’era dell’accesso – è più complicato, e questo perché sfortunatamente oggi CHIUNQUE ha la possibilità di essere visibile (cosa direbbe Warhol? o meglio: avrebbe ancora il CORAGGIO di dire qualcosa?): i gruppi si formano per fare qualcosa ispirato a gruppi NON influenti, i sottogeneri di Blow Up stanno arrivando ad essere lunghi cinque righe, e in definitiva non c’è un’educazione che ricordi DI COSA ESATTAMENTE stiamo parlando (ho sentito gente dire che Iggy Pop assomiglia a QuellodeiRedHot – la cosa interessante è che questa gente era in uno studio di registrazione). Però che cazzo, sarebbe bello metterci un minimo in INTENZIONE in quello che si fa. Bisognerebbe cambiare atteggiamento alla scrittura, maturare un rispetto, stare zitti quando non si sanno le cose. Alla fine ha ragione joo, quando dice Il novanta per cento dei miei problemi derivano dal fatto che la gente non sa stare al proprio posto.
Mo' allora facciamo così: se Sondre Lerche (ché mi è rimasto solo lui) mi cicca il prossimo disco, lo rintraccio e lo prendo a serci. Colpirne uno per educarne cento.



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patti smith: gloria
rachel’s: systems/layers
the beatles: a hard day’s night
tom waits: walk away
buddy holly: early in the morning
frank zappa: filthy habits
taxi: gloves
motorpsycho: hey jane
elvis presley: rip it up
pixies: oh my golly!
pig destroyer: crawl of time
lali puna: bi-pet
joni mitchell: all I want
the rolling stones: miss amanda jones
ani difranco: sunday morning
sufjan stevens: concerning the ufo sighting near highland, illinois
ramones: blitzkrieg bop
the beatles: when I get home
the mothers of invention: who are the brain police?
hüsker dü: if I told you
sondre lerche: track you down
james brown: spinnin’ wheel
the clash: english civil war
neil young: walk on

5 commenti:

Anonimo ha detto...

bel pezzo, molto sentito. Però, te lo devo dire, una volta scrivevi meglio.

Jim Troeltsch ha detto...

sì.

Anonimo ha detto...

ho sentito gente dire che Iggy Pop assomiglia a QuellodeiRedHot – la cosa interessante è che questa gente era in uno studio di registrazione™

Sai che non dovrai mai lasciarti sfuggire in mia presenza il nome di queste persone che hanno detto questa cosa...

V.

quellochesuonailbasso ha detto...

era più grave se dicevano "quello dei reddot assomiglia a quell'attore.... come si chiama... IGGY POP"

Anonimo ha detto...

tutto bello,però aqualung non è affatto un disco borioso di un gruppo borioso..